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Il 7-8-9 febbraio in scena al Nuovo Teatro Sanità, per la rassegna “Piccola residenza-compagnie under 35”, un monologo che parla dei mali dell’età contemporanea, la nostra.

 

Foto Alessandro Castiello

Foto Alessandro Castiello

L’ospite n° 2021104 del braccio della morte deve dimagrire e pure in fretta perché il boia lo sta aspettando alla forca. Un driin, a metà tra una sveglia e il suono della campanella di entrata a scuola, richiamano al dovere il condannato a morte che si affatica in una staffetta-maratona dei ricordi e delle sue ossessioni, all’interno della cella. È questa la cornice alle parole di Massimo Sgorbani, autore di Angelo della gravità (Un’eresia),portato al Nuovo Teatro Sanità da Michele Schiano Di Cola, regista ed interprete.
Un caso di cronaca accaduto negli Stati Uniti in cui un detenuto essendo troppo grasso avrebbe dovuto perder peso per farsi impiccare altrimenti la corda si sarebbe spezzata, è il pretesto per parlare non di una vicenda personale, ma della storia di un individuo universale, nella cui mente di psicotico, metà uomo e metà bambino, si affastellano paure e contraddizioni in una logica capovolta della morale e dei dogmi religiosi.

L’impianto scenico scarno, fatto di simboli più che di oggetti, scandisce, tramite essi, il ritmo del monologo e dà ampio spazio al linguaggio forte, sincero, contemporaneo nel racconto infantile, tenero nei pensieri scabrosi, di un adulto, cresciuto troppo, in un corpo che è la sua protezione e l’arma dei suoi delitti.

Da un lato una torta di compleanno con la panna ricorda, al protagonista, il padre, dall’altro un inginocchiatoio e una Bibbia, la madre. Sullo sfondo, come in una cameretta di un qualsiasi adolescente, che ha attaccati alle pareti i poster dei suoi idoli, fotografie pornografiche di donne obese, idoli di morbidezza, per attutire i colpi del “mondo merdoso”, idoli di eros. Al centro un telo candido sotto cui è nascosto l’oggetto dell’àgape. Nella sua mente l’American dream: gli States, i supermercati h24, la libertà di consumare sempre cibo fast-food.

Foto Alessandro Castiello

Foto Alessandro Castiello

Qui il cibo è l’ancestrale assenza del quid, come mancanza di quella parte d’infinito nella finitudine/limite proprio degli umani. Mangiando la mela ci siamo condannati alla sofferenza, compiendo il peccato originale, mangiando il corpo di Cristo, l’eucarestia consacrata, siamo stati salvati, pur restando affamati. Donare parte di sé come nutrimento è il più grande atto d’amore, e il rifiuto di questo dono, da parte delle donne che il personaggio incontra, innesca la sua follia.

L’emozionato e intenso Michele Schiano Di Cola regge la scena in una non facile prova fisica ed emotiva, supportato dall’attenta direzione musicale del maestro Michele Maione che, con brani editi ed inediti di sua mano, accompagna e sottolinea le intenzioni del sub-testo.

La negazione di sé nella società, il conflitto tra i criteri condivisi dai più e quelli ribaltati dell’uomo che non trovano fondamento nelle regole preesistenti, il sogno in una terra tanto libertina quanto restrittiva, ad una prima lettura potrebbero indirizzare lo spettatore verso una critica forte e senza mezze misure nei confronti della religione, sotto la superficie, invece, si cela il bisogno inesauribile e mai consumato della ricerca di pietas e compassione nell’altro.
Vomitare il cibo e dunque rifiutare l’amore, nel gioco dei contrasti diventa l’unica opportunità per raggiungere il cielo e, arrampicandosi su per una corda, diventare un angelo, così sfidando la gravità e abbandonando la terra dei fantocci impiccati.

 

Antonella D’Arco

Nuovo Teatro Sanita’
Piazzetta San Vincenzo 1-Napoli
Info e prenotazioni: 339 666 64 26 – organizzazione@nuovoteatrosanita.ithttp://www.nuovoteatrosanita.it
Orari: sabato 8 febbraio ore 21.00; domenica 9 febbraio ore 18.00

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