Sentimenti cercasi
“Cantare all’amore”, per dipanare la nebbia che lo avvolge, in una società che sembra ormai averlo rimosso o frainteso: ma siamo ancora capaci di parlarne?
Nella piccola realtà del Teatro Start/Interno5 l’8 e il 9 febbraio si è tenuto lo spettacolo Cantare all’amore, vincitore del premio E45 Napoli Fringe Festival 2013, una produzione de La Ballata dei Lenna di Nicola Di Chio, Paola Di Mitri e Miriam Fieno, anche interpreti della messinscena.
Intenzione della compagnia è indagare il significato dell’amore in una società preoccupata dall’immagine, dall’arrivismo e dalla precarietà e che non trova il tempo per la vita in senso puro e i sentimenti che l’arricchiscono. I tre protagonisti sono accomunati dall’esigenza di costruirsi un futuro, in nome del quale ripiegano su un matrimonio privo d’amore o si accontentano di unire improbabili solitudini: tentativi destinati a fallire.
Se le basi di partenza dello spettacolo sono interessanti, è amaro constatare come il risultato non ne sia all’altezza. I personaggi vivono i propri sentimenti senza slancio e sincerità, ma solo in maniera gretta e interessata, come la società in cui vivono gli intima. Ma il testo, supervisionato da Michele Santeramo, non genera da ciò i presupposti per una riflessione ulteriore e i dialoghi rischiano di lasciare allo spettatore nulla più che banalità da talk show.
Anche la recitazione dei tre protagonisti non convince: Nicola Di Chino e Miriam Fieno, che interpretano due disadattati, scivolano troppo facilmente in una recitazione esasperata, sia nel linguaggio verbale che in quello corporeo, a tratti quasi caricaturale. La recitazione di Paola Di Mitri, seppur non brillante (anche per i limiti del testo), è sicuramente più convincente. Anch’essa interpreta un personaggio stereotipato fino all’inverosimile, ma riesce a non cadere nelle forzature dei suoi colleghi di reparto, dimostrandosi più espressiva e varia nell’interpretazione e più matura tecnicamente. Dispiace pure che la messinscena fosse poco curata nelle altre sue componenti: per potersi definire completo, uno spettacolo ha bisogno di prestare attenzione in egual misura a testo, recitazione, scenografia, costumi, audio e luci, anche avendo a disposizione piccoli mezzi e spazi ridotti.
La scenografia qui risulta trascurata: in un insieme di scelte che interpretano il teatro in senso tradizionale e realistico, costruire sul palco una stanza delimitandola con un semplice perimetro segnalato sul pavimento e tre sgabelli bianchi, utilizzati anche come porte d’uscita, risulta riduttivo. Se, invece, si cercava una sperimentazione scenografica, la sua astrazione non trova qui giustificazione e solidità concettuale. La stessa approssimazione va segnalata per i gli abiti che, seppur tagliati sui personaggi, non aggiungono niente alla loro personalità, vanificando il ruolo stesso del costume di scena.
Lo spettacolo è accompagnato da varie canzoni, tutte di tema amoroso e tutte contemporanee. La scelta dei testi è idonea, ricchi come sono di banalità e superficialità: ovvero, specchio proprio di quella visione dell’amore che il dramma vuole stigmatizzare. Il disegno luci è la componente più riuscita: accompagna i momenti più salienti e anzi, vista la povertà degli altri mezzi, finisce per essere l’elemento che riesce a trasmettere emozioni più cariche allo spettatore.
Se alcune scelte si rivelano calzanti, come la colonna sonora e il disegno luci, nel complesso lo spettacolo appare non estremamente curato e poco convincente, nonostante le premesse e l’interessante lavoro di ricerca della compagnia, che gestisce anche un attivo e partecipato laboratorio teatrale presso l’ex Asilo Filangieri.
Alessia Santamaria
Teatro Start/Interno 5
Via S. Biagio dei Librai 21, Napoli
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Tel.: 081 551 4 981 – 349 87 738 81
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