“Educazione siberiana”, una tragedia moderna
Dalle pagine di un libro alle tavole di un palcoscenico: la comunità degli Urka, i loro codice etico, i loro culti, dopo essere stati raccontati da Nicolai Lilin si fanno drammaturgia nell’allestimento diretto da Giuseppe Miale di Mauro.
La tragedia degli Urka siberiani raccontata nel suo romanzo da Nicolai Lilin, e già oggetto di riduzione cinematografica per la regia di Gabriele Salvatores, sbarca al palcoscenico del Bellini dove è in scena fino al 9 marzo. Giuseppe Miale di Mauro allestisce uno spettacolo appassionante che cattura l’occhio dello spettatore dall’inizio alla fine, grazie anche alle buone prove degli attori in scena.
Educazione siberiana è la storia di una famiglia e di un popolo, quello degli Urka, che vive in perenne lotta con il potere sovietico per il controllo della città di Bender. Un popolo fatto di “criminali onesti”, dotato di un rigido codice morale che impone rispetto per gli anziani, odio e lotta verso lo Stato e rifiuto di droghe, speculazioni e traffici illeciti.
Alla caduta dell’URSS viene meno anche il collante che teneva insieme gli Urka e la stessa famiglia raccontata nell’opera, in un domino di eventi che porta all’inevitabile atomizzazione dell’individuo, solo di fronte all’assenza di riferimenti morali e spirituali condivisi.
È questo lo scenario in cui si consuma il grande scontro che permea la pièce, tra i due fratelli Boris e Yuri. Il primo (interpretato da un Adriano Pantaleo ormai maturato dai tempi di Spillo in Amico mio) è il giovane affascinato dalla tradizione, che prova a sostenere il peso dei cambiamenti attorno a sé aggrappandosi alle regole dell’ “Urka modello”, rispettando il costume dei tatuaggi e gli insegnamenti degli anziani. Il secondo, Yuri, ha una maggiore trasformazione nel corso dei 90 minuti: la visione di nascosto del film Rocky ben rappresenta il suo progressivo avvicinamento verso modelli totalmente estranei rispetto a quelli degli Urka. Attirato dalle sirene ammaliatrici droga e denaro, e dalla (finta) libertà che gli possono assicurare – così come lo induce a credere lo sbirro interpretato con credibilità e veemenza da Ivan Castiglione – è lui, infatti, a provocare la frattura all’interno della famiglia, nonostante la condanna morale della madre (Elsa Bossi, al cui doloroso punto di vista è lasciata l’apertura e la chiusura dello spettacolo) e del nonno Kuzja (un impeccabile e solenne Luigi Diberti), impotenti testimoni del crollo di un’epoca. Francesco di Leva (già ammirato sul grande schermo in Una vita tranquilla al fianco di Toni Servillo) offre profondità al personaggio di Yuri, riuscendo bene ad interpretare i diversi stati d’animo che ne segnano il travagliato percorso.
Quella di Giuseppe Miale di Mauro è una messinscena potente, che conta su una scenografia d’impatto (di Carmine Guarino) che interagisce coi protagonisti creando interessanti suggestioni cinematografiche. La scelta di un muro come sfondo riporta il pensiero alle atmosfere della Guerra Fredda, ad altri Muri e altri conflitti, contribuendo ad isolare l’ambiente familiare dall’ “altrove” in cui avvengono i veri mutamenti. Il muro è formato, infatti, da pannelli che si aprono e permettono all’autore di sviluppare la trama verticale fuori dall’ambiente domestico, dove, invece, assistiamo al dipanarsi della trama orizzontale con il variare dei rapporti tra i personaggi.
I pochi momenti di ilarità sono affidati al personaggio di Nixon (Stefano Meglio), fratello dei due main characters, convinto di essere il presidente USA; anche tali momenti risultano, tuttavia, funzionali al plot complessivo, preparando il terreno per la svolta che segna gli eventi. La morte dello stesso Nixon, infatti, è il detonatore del definitivo crollo dell’unione tra gli Urka, abbattuta come castello di carte dal “vento del cambiamento”.
Lo scontro finale tra Yuri – il cui crescente senso di onnipotenza non risparmierà neppure la vita del cugino Mel (a cui dà voce e rabbia Giuseppe Gaudino) – e Boris chiude degnamente la pièce; ognuno dei due è seduto sul proprio trono (reale per il primo, una semplice sedia al capotavola della cucina per il secondo), come a simboleggiare la totale estraneità dell’uno dall’altro. Non ci sarà riavvicinamento tra di due, né alcuna speranza di un futuro congiunto: resterà il rispetto reciproco, quello di chi nutre ancora sentimenti per l’altro pure al fondo della propria solitudine.
I rapporti e le emozioni più viscerali sono le uniche cose rimaste, al volgere verso il crepuscolo di morale, valori ed imperi. Yuri e Boris sembrano volercelo suggerire, prima di essere ingoiati dal loro stesso, tragico destino.
Antonio Indolfi
Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo, 14 – Napoli
Contatti: 0815491266 – botteghino@teatrobellini.it
www.teatrobellini.it
Orari: feriali ore 21:00, mercoledì e domenica ore 17:30 – sabato ore 17:30 e 21:00.
Per gli appuntamenti “LibroTeatrali” promossi dal Marotta&Cafiero Store sito nel foyer del Teatro Bellini di Napoli, venerdì 7 marzo alle ore 18 il regista e il cast incontrerà il pubblico. L’incontro sarà moderato da Ileana Bonadies, vicedirettrice QuartaParete e critico teatrale ANCT, e da Rosario Esposito La Rossa, scrittore ed editore Marotta&Cafiero. Igresso libero.