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Marco Sciaccaluga e “Il sindaco del rione Sanità”: il regista genovese si confronta con il testo eduardiano dirigendo Eros Pagni.

Fonte foto ufficio stampa

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Sold out e standing ovation per Il sindaco del rione Sanità, una coproduzione firmata Coproduzione Teatro Stabile di Genova e Teatro Stabile di Napoli, portato in scena il 7 e 8 giugno, al Teatro San Ferdinando, da Marco Sciaccaluga, che per la prima volta si è confrontato con un testo di Eduardo. Superlativa l’interpretazione di Eros Pagni nel difficile ruolo di Antonio Barracano che. da grande attore qual è, non ha mai ceduto alla facile e ingannevole tentazione di imitare il maestro, restando sempre se stesso e dando vita al personaggio con pari vis espressiva e intensità anche nelle scene mute affidandosi esclusivamente alla sua efficace gestualità, al linguaggio del corpo e ad una non comune mimica facciale. Fin dalle prime battute è apparso chiaro che la dizione dell’attore ligure non avrebbe minimamente penalizzato la commedia, e anche quando si è concesso qualche espressione in napoletano la recitazione non ha perso di continuità e fluidità, ma anzi ha acquistato la forza della esclamazione diventando più incisiva.

La commedia, inserita nella raccolta “Cantata dei giorni dispari”, come è noto, narra la vita amara di un guappo vecchia maniera, Antonio Barracano, eletto  “sindaco” dagli abitanti del suo quartiere, il rione Sanità. Eduardo nello scriverla si ispirò a un personaggio realmente esistito e che personalmente conobbe, di nome Campoluongo, un guappo vecchio stampo che si ritrovò ad appianare i contrasti nel quartiere della Sanità dopo che gli fu mangiato il naso da un suo nemico. Affidandosi alla sua immagine simbolica, l’autore ha voluto rappresentare il contrasto tra la giustizia delle istituzioni, quella pubblica che “non ammette ignoranza”, e quella amministrata dell’uomo che diventa giudice affinchè l’ingenuo non venga sempre gabbato dal più furbo, nell’ottica che “la legge è fatta bene, sono gli uomini che si mangiano fra di loro”. È questo convincimento, del resto, a giustificare i testimoni comprati e gli omicidi commessi “a fin di bene”, ed è proprio ciò quello che è accaduto a lui quando aveva solo diciotto anni così convincendolo che la verità la dicono solo due cose: lo “scostumato”, il “parlafaccia”, ovvero lo specchio, e la morte.

Fonte foto ufficio stampa

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«Il “Sindaco”‒ come ha sottolineato Marco Sciaccaluga‒ non è un’analisi realistica del mondo della camorra. Barracano è un grande personaggio teatrale che rinvia soprattutto a se stesso; è un “santo criminale” che in un certo senso anticipa Il Padrino di Brando/Coppola pur senza gli spargimenti di sangue e la violenza che caratterizzano il film». Le azioni criminali e cruente, infatti, non si vedono mai e di tale scelta ne è prova, ad esempio l’incipit della commedia quando donne e uomini della tenuta di villeggiatura Barracano si vedono intente a preparare un tavolo per adagiarvi una persona ferita da arma da fuoco, in un’azione già successa. O ancora, la circostanza  che durante il primo atto don Antonio è intento a risolvere casi di ordinaria amministrazione, liti e soprusi, e quando sul finire arriva la richiesta del figlio di un panettiere di uccidere il padre, che lo ha ridotto alla fame e disconosciuto pubblicamente, il sipario cala sul “Sindaco” colto di sorpresa dalla richiesta e si riapre con lui che cercherà di pacificare padre e figlio. Nel terzo atto, invece, si concentra l’esaltazione del concetto di giustizia secondo Barracano che, ferito a morte dal panettiere, in una “ultima cena” si sacrifica per gli altri così compiendo l’estremo atto altruistico di un sognatore che si è utopisticamente illuso di poter avere un mondo “meno rotondo ma un poco più quadrato”.

Fonte foto ufficio stampa

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Ma il suddetto passaggio è anche il momento in cui emerge prepotentemente la personalità del fedele “servitore” dottor Fabio Della Ragione (Federico Vanni), “di nome e di fatto”, che, prendendo le redini in mano, disattende le ultime volontà del “Sindaco” e fa rientrare la vicenda nel più ampio concetto di giustizia sia pubblica che privata: si tratta di un atto liberatorio, che rimette in gioco tutto e il contrario di tutto e nelle sue parole evidente è sia il presagio di un futuro segnato dalla guerra tra i figli di Don Antonio e Santaniello (il panettiere) che porterà alla distruzione totale,  quanto l’idea, non più tanto utopistica, di un mondo dove la giustizia è davvero uguale per tutti.  È lui, per Eduardo, il vero erede di Barracano, colui che seguita la sua impresa, ma attraverso la via della legalità.

Scorrevoli e veloci i primi due atti, più lento il terzo. Bravi tutti gli attori che completano il cast: Maria Basile Scarpetta (Armida), Angela Ciaburri (Geraldina), Marco Montecatino (Gennarino), Luca Iervolino (Amedeo), Massimo Cagnina (Arturo Santaniello), Orlando Cinquie (Rafiluccio Santaniello), Francesca De Nicolais (Rita), Dely De Majo (Immacolata), Rosario Giglio (o’ Cuozzo), Pietro Tammaro (o’ Palummiello), Gennaro Apicella (o’Nait), Gino De Luca (Catiello), Gennaro Piccirillo (Pascale).  Impeccabile e senza sbavature la regia. Essenziale e di impatto la scenografia di Guido Fiorato, insieme ai costumi di Zaira De Vincentiis, le musiche di Andrea Nicolini e le luci di Sandro Sussi.

 Mimmo Sica

 

Info: http://www.napoliteatrofestival.it/edizione-2014

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