“Good people”, una buona fotografia dei nostri tempi (e del Festival)
Al Teatro Mercadante lo spettacolo di Lindsay-Abaire propone una riflessione agrodolce fedelmente trasposta da Roberto Andò.
Good people, in scena il 17 e il 18 giugno al teatro Mercadante, costituisce una fotografia molto completa e fedele del Napoli Teatro Festival Italia, la manifestazione giunta alla sua settima edizione all’interno della quale la pièce è stata presentata. Il testo di David Lindsay-Abaire è stato messo in scena dal regista Roberto Andò (apprezzato lo scorso anno al cinema con Viva la libertà) e consiste in una commedia assai raffinata che ha luogo a Boston: ci troviamo precisamente a Southie, periferia degradata, e seguiamo le disavventure lavorative di Margie Walsh, donna di mezza età che si ritrova disoccupata dopo dieci minuti di spettacolo. Margie era una cassiera, è sommersa dalle difficoltà economiche, è madre (sola) di una ragazza disabile che non vedremo mai in scena, e vive in affitto.
Michela Cescon interpreta la protagonista ed i suddetti dieci minuti servono anche allo spettatore per abituarsi a un’interpretazione ricca di movenze smargiasse, ispirate agli atteggiamenti tipicamente aggressivi delle donne di bassa estrazione, specie se di colore, a cui gli stereotipi dei telefilm americani ci hanno abituato. Un registro particolare che si rivela presto adeguato per un personaggio iperattivo, dal carattere forte e positivo che, sullo sfondo dei problemi su cui è costruita tutta la commedia, garantisce empatia ed affezione.
Nel ricercare un impego, Margie stravolge la vita di Mike (Luca Lazzareschi), un vecchio amico ed ex-fidanzato che si è affermato, è diventato medico ed ha abbandonato lo squallore del Southie mettendo su famiglia. L’incontro tra i due nello studio medico prima, a casa di Mike e in presenza della moglie (ottima e misurata Esther Elisha) poi, inquadra il nodo essenziale e concettuale della messinscena: il confronto tra classi sociali diverse e tra i percorsi di vita che, come per chiunque di noi, cominciano in un certo luogo e conducono (o non conducono) altrove – il luogo in questione è piuttosto imprevedibile.
Da una parte una coppia composta da un medico e una docente universitaria, dall’altra Margie, indigente e pronta a qualunque tipo di occupazione onesta, perché ha sempre accettato lavori più o meno appaganti. Differenti tipi di “brave persone”. Del resto, prima che lui partisse per l’università grazie a una borsa di studio, Margie frequentava Mike, poi aveva scelto di lasciarlo e ora giunge a chiedersi se quella casa avrebbe potuto appartenerle, se non si fossero separati. Un confronto lancinante tra storie individuali determinate da scelte variamente coscienti, da opportunità disuguali, dal caso. Questa ricerca insolubile di risposte, scopre tutto un pozzo d’amarezza nascosto sotto il velo ironico che lo spettacolo alimenta soprattutto nel primo atto.
Prolisso nelle situazioni e nei dialoghi, il testo viene proposto da Andò con una regia naturalistica, che ricrea intere ambientazioni da sobborgo statunitense, e appartamenti arredati che si scoprono e avanzano a centro scena grazie a piattaforme mobili. Una resa scenica che è tutta funzionale alla drammaturgia, e a ragione, poiché il testo con cui Lindsay-Abaire è stato nominato ai Tony Awards 2011, elabora un tema tanto problematico quanto pregnante di sempiterni significati.
Infine, ecco la fotografia del Festival che Good people riassume: una messinscena in pieno stile borghese, senza alcun tipo di sbilanciamento, di spasimo, di azzardo. Tutto molto canonico, permette un dispendio di risorse e di soluzioni di buona riuscita, al netto della possibilità economica di cui la produzione dispone. Un teatro imbandito, pieno di anziani che si lasciano cogliere dalla riflessione intrinseca alla drammaturgia, un colpo sicuro. Tale pubblico, verosimilmente, dimenticherà presto tale riflessione, incentrata proprio sul paradosso economico e sociale che è sempre visibile a pochi metri da noi (basta cercarlo, volerlo vedere). Ricorderanno qualche risata, il contesto esclusivo, il Festival. Che peccato.
Eduardo Di Pietro
Info: http://www.napoliteatrofestival.it/edizione-2014/good-people/