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Al Teatro dell’Angelo, Milena Vukotic e Antonello Avallone ridanno corpo dopo trent’anni di assenza alla commedia tragicomica di Manlio Santanelli, opera che supera confini, tempi e categorie sociali, per celebrare la “liturgia” del rapporto madre-figlio e le origini della cultura umana. 

Fonte foto: ufficio stampa

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Eugène Ionesco la definì “éxtraordinaire”. E l’Italia, che le aveva dato i natali nella penna di Manlio Santanelli e l’aveva insignita, nel 1985, del premio IDI (Istituto Dramma Italiano), aveva lasciato che si allontanasse dai suoi palcoscenici, per incantare il pubblico di tutta Europa, e non solo. Ora, la pièce Regina Madre, a quasi trent’anni dal suo debutto, torna sulle scene italiane e lo fa al Teatro dell’Angelo di Roma (via Simone de Saint Bon n.19), dove è in cartellone dal 2 al 19 ottobre 2014, affidata alla brillante interpretazione di Milena Vukotic e di Antonello Avallone, per la accurata regia di Antonello Avallone, con la messa in scena e i costumi di Red Bodò.

La commedia in due atti, dai toni grotteschi ed tragicomici, ruota intorno a due personaggi: una vedova settantacinquenne dal nome Regina (Milena Vukotic), malata, e suo figlio Alfredo (Antonello Avallone), giornalista alla soglia dei cinquanta anni venuto ad assisterla. La scenografia è da classica commedia napoletana: un tavolo da cucina, due sedie, un appendiabiti, un letto. Uno scenario casalingo rassicurante solo in apparenza e destinato a trasformarsi ben presto in una prigione di nevrosi ed allucinazioni del passato.

Sin dalle prime battute, Vukotic fa emergere in Regina (cui ben si addice il titolo di “Regina madre” che si dà alle vedove madri del monarca regnante), la sua energica mostruosità di donna abituata a regnare nella vita del figlio, a schiacciarlo e tenerlo al guinzaglio con paure e sensi di colpa, vampira ingorda del sangue del suo sangue.
Il personaggio di Alfredo non è da meno e Avallone, con la sua forza recitativa, riesce a renderne le angosce e il cinismo. Lungi dall’essere mosso da affetto filiale, Alfredo si reca dalla madre solo per realizzare uno scoop giornalistico: raccontare in un libro-verità la morte di lei. Regina non tarderà a scoprirlo e non gliela darà vinta: carceriera e custode del suo “sciupato” cinquantenne, mostro ed angelo della sua vita, poco alla volta, ribalterà i ruoli, così, Alfredo, che era venuto per accudire la madre malata, si scopre lui stesso un malato bisognoso delle cure materne.

Con Regina Madre, Antonello Avallone conferma le sue abilità di regista, forte dell’esperienza maturata interpretando e dirigendo commedie che spaziano dal teatro napoletano (Raffaele Viviani, Eduardo Scarpetta, Totò, Peppino ed Eduardo De Filippo), ai testi di Woody Allen e Walter Bernstein.

«Avallone è stato molto rispettoso dello spirito dell’opera» spiega Manlio Santanelli, uno dei principali e più fertili drammaturghi italiani (autore di oltre cinquanta testi, tra monologhi ed opere sceniche), che precisa: «Ha solo apportato piccole modifiche ad alcuni sfizi linguistici napoletani presenti nel testo, per venire incontro alle esigenze della Vukotic». E osserva: «A differenza della versione di Isa Danieli, finora l’unica interprete di Regina nel testo italiano, quella di Vukotic ha uno spessore più europeo perchè prosciugata da elementi che la confinavano in un’area culturale». In altre parole, espressioni che usava Danieli, quali “Io esco pazza” oppure “Che mamma spiritosa che tieni, riconoscilo” che facevano emergere l’origine sanguigna del personaggio e la grammatica del pensiero meridionale, non si ritrovano nella versione di Vukotic. «Ma»  sottolinea Santanelli «sdoganando la commedia dalle sue origini, come del resto è avvenuto con le sue traduzioni in più lingue, questa non perde la sua ricchezza: anzi, sempre più fa emergere il suo messaggio universale e l’archetipo del rapporto madre-figlio, all’origine della cultura umana.»

E così, in questo irriducibile confronto genitore-figlio in cui nessuno vuol darla vinta all’altro eppure ne continua a rimanere prigioniero, sta il segreto della giovinezza e dell’universalità di Regina Madre: l’opera, scritta nel 1984 e tradotta in 21 lingue (tra cui il turkmeno, il georgiano, l’ebraico) porta in scena quella che Santanelli definisce “la liturgia del rapporto madre-figlio”, ossia uno scambio di punzecchiature, cadenzate nelle fasi della vita, che si ripetono sotto ogni cielo e sono quelle sugli errori del figlio che ha sbagliato tutto perchè non ha seguito i consigli della madre, che non l’ha ascoltata quando ha scelto la sua sposa, che non è stato all’altezza del padre. «Regina Madre», come spiega il suo autore, «quintessenzia il rapporto di possessività» che una madre, di ogni tempo e Paese, può esercitare sul figlio. E lo stesso Santanelli ricorda  in proposito un episodio: «Una volta, ad Amburgo, dopo una rappresentazione dell’opera, una signora del pubblico mi chiese se avessi mai conosciuto sua madre: in Regina la aveva rivista tutta».

Pubblicata in Italia dalla Passigli Editore nel 1986 e poi da Bulzoni, nell’opera “Teatro”, del 2005, la commedia è stata rappresentata per la prima volta nel 1985 da Isa Danieli (Regina) e Roberto Herlitzka (Alfredo) per la regia di Sergio Fantoni, in seguito, è andata in scena, con successo, in diversi paesi europei (Francia, Austria, Germania, Svizzera, Olanda, Polonia, Romania, Belgio) e in Russia (al teatro Majakovskij di Mosca). Nei teatri d’Italia è rimasta congelata per quasi trent’anni per la difficoltà di trovare interpreti e palcoscenici che tenessero conto delle necessità e del valore della commedia. Celebre la versione televisiva (Rai Due) del 1996 con Isa Danieli e Nello Mascia, per la regia di Giorgio Magiulo.

Elvira Sessa

Teatro dell’Angelo
via Simone de Saint Bon n.19
Info: 06 3751 3571 – http://www.teatrodellangelo.it/

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