Omaggio a Roberto Bracco
A Galleria Toledo fino al 2 novembre in scena L’Internazionale per la regia di Giovanni Meola: una riuscita riproposizione di un autore napoletano oggi quasi misconosciuto, che racconta con sensibilità moderna l’Europa e l’Italia alle soglie della Prima Guerra Mondiale.
Coinvolgente spettacolo tratto dalla drammaturgia di Roberto Bracco, L’Internazionale, in scena a Galleria Toledo fino al 2 novembre, è adattato per l’occasione dall’accurata e acuta regia di Giovanni Meola, intento da un lato a riportare in luce i testi di un autore napoletano dimenticato, sebbene più volte candidato al Nobel per la Letteratura, dall’altro a riattualizzare vicende che, seppur cronologicamente ben definite, mantengono concetti e tematiche atemporalmente valide.
Meola, che il più delle volte ha messo in scena con Virus Teatrali propri testi, ha studiato la figura dello scrittore, giornalista e critico italiano dei primi del Novecento in maniera quasi ossessiva, scandagliando non solo i suoi lavori, ma anche la sua vita, le opinioni politiche, le amicizie e le motivazioni della damnatio memoriae di cui fu vittima da parte del regime fascista. Il regista, come ha spiegato nell’anteprima dello spettacolo tenutasi il 27 ottobre presso la galleria d’arte Nea, per adattare un’opera che non ha scritto di proprio pugno ha avvertito, infatti, come imprescindibile la necessità di impadronirsi, quasi di identificarsi, con l’autore, al fine di interiorizzare il testo e ciò che gli si muove attorno. Lo studio approfondito e l’accurata ricerca, dunque, sono statele le direttive lungo le quali si è mosso e ciò sul quale è particolarmente intervenuto è stato soprattutto il linguaggio adoperato da Bracco, seppur in maniera poco invasiva, per eliminarne i modi oggi troppo retrò e permettere così alla platea di cogliere con più facilità l’attualità dei personaggi e dei loro sentimenti, valorizzando le tematiche indissolubilmente legate alla poetica del drammaturgo, ovvero il pacifismo, l’introspezione psicologica e soprattutto quell’attenzione alla figura femminile, lungimirante per l’epoca, che gli avrebbe regalato la fama di Ibsen italiano.
La vicenda ci conduce in un’Italia alle soglie della Prima Guerra Mondiale, scossa e divisa tra interventisti e neutrali, e ci proietta in un’Europa già violentata dalla guerra, verso la quale la canzonettista di fama internazionale Mignon Floris rivolge ogni suo pensiero e gesto. Difatti la protagonista, interpretata da una mirabile Sara Missaglia, non è una donna politicamente impegnata, ma la sua sensibilità ed intelligenza le consentono di posizionarsi su un piano non accomodante rispetto agli avvenimenti bellici e alla retorica imperante: durante l’intera messinscena la donna è come isolata da ciò che la circonda e l’incomunicabilità e le incomprensioni, che si creano nei dialoghi con gli altri personaggi, ne palesano ed accentuano la solitudine. La Missaglia dimostra una bravura notevole, non solo nel caratterizzare il personaggio con movenze, toni e mimiche attentamente studiate ed eccellentemente verosimili, ma anche nell’accompagnare senza sbavature il ritmo incalzante del dramma, che parte a rilento, in un’atmosfera trasognata, per accelerare repentinamente e culminare in un climax coinvolgente.
A completare il cast di attori sono Luca Di Tommaso, nel ruolo del manager-amante, Luigi Credendino, commissario di polizia e Simona Pipolo, che interpreta la cameriera della Floris, alla quale Meola dà più spessore rispetto al testo originale. Tutti gli attori si dimostrano convincenti ed offrono interventi trascinanti, ma è da sottolineare la prova della Pipolo che, seppur nel ruolo più defilato della narrazione, spicca con una recitazione vincente, soprattutto sul piano della tempistica e della gestualità.
La scenografia di Armando Alovisi minimale quasi fino all’estremo, riproduce la camera della canzonettista, che è specchio della sua mente e del suo animo, con pochi elementi: due sedie, uno scrittoio e l’enorme cartina geografica dell’Europa. Ma la cartina, da oggetto di scena, diviene quasi personaggio: la Mignon se ne veste ed ogni azione, movimento e battuta è concentrata su di essa, emblema della guerra in atto e della lotta tra i personaggi. Lo scrittoio, invece, rappresenta la parte più profonda e privata dell’animo della protagonista: piccoli cassetti, simboli del suo intimo sentire, colmi di ricordi e frammenti del passato. Inoltre, le lampadine che con cura quasi rituale ella accudisce, ovvero accende, spegne e accarezza continuamente, alludono alle vite stroncate dal conflitto.
Suggestivi ed evanescenti i costumi di Annalisa Ciaramella, che costituiscono sulla scena povera il vero fulcro visivo. Essi sono tutti giocati sul beige e su toni sbiaditissimi, rendendo gli attori simili a fantasmi, apparizioni sul palco di un passato che può ancora farsi presente, e conservano tutti gli il taglio d’epoca ad eccezione di quello della protagonista che è di foggia orientaleggiante, a sottolineare il carattere internazionale che le appartiene.
Applausi e apprezzamenti al termine, hanno confermato il successo dell’opera, premiando la cura riservata a ciascun dettaglio e l’operazione di recupero dell’ingente patrimonio culturale dello scrittore, figura di rilievo della cultura non solo italiana, compiuta con sensibilità da Meola nell’anno in cui, tra l’altro, cade l’anniversario della stesura originale del dramma: esattamente un secolo fa.
Alessia Santamaria
Galleria Toledo – Teatro stabile d’innovazione
Via Concezione a Montecalvario 34, Napoli
Contatti: galleria.toledo@iol.it – 081 425 037 – www.galleriatoledo.org
Biglietti: da martedì a venerdì: intero 15,00€; ridotto 12,00€, ridotto under30 10,00€.
Sabato e domenica: Intero 20,00€; ridotto unico 15,00€