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Il dramma di Annibale Ruccello ambientato nella periferia napoletana degli anni Ottanta, è in scena al Teatro Bellini fino al 9 novembre, nella storica messinscena del 1996 di Enrico Maria Lamanna, per consacrare meritatamente e senza compiacimento uno spettacolo che fu un cult.

Foto Federico Riva

Foto Federico Riva

Un’esperienza da “macchina del tempo”. Per chi ama il teatro, la sua storia e i protagonisti che l’hanno scritta, è imprescindibile l’appuntamento al Bellini per Notturno di donna con ospiti, in scena fino al 9 novembre, scritto e allestito da Annibale Ruccello nel lontano – ma forse non quanto sembri – 1983.
Lo spettacolo è diretto da Enrico Maria Lamanna, che già riportò il testo alla ribalta con una magistrale messinscena del 1996, per la quale Giuliana De Sio interpretò la prima attrice: la versione ora in scena via Conte di Ruvo è identica, in ogni suo dettaglio. Questa scelta è doppiamente vincente: da un lato consacra alla storia quella specifica messinscena rendendola un cult; dall’altro la staticità del nostro contemporaneo e l’incredibile sensazione che il tempo non sia passato, ci riportano indietro senza difficoltà, anzi sembra che attraversando le porte del Bellini tutto sia davvero rimasto com’era.

Il mondo che Annibale Ruccello scruta e sviscera, con la sua leggera quanto amara scrittura, è ancora così attuale da suscitare disagio e angosciante rabbia e in Notturno sono leggibili tutte le tracce del cammino intrapreso dall’autore lungo la sua significativa, seppur breve, carriera: la decadente condizione sociale e psicologica dei personaggi, la necessità di un riscatto che non avviene, la condizione di degrado in cui versano le periferie napoletane quanto italiane, la minaccia che arriva dall’esterno a rompere degli equilibri precari e fasulli, la claustrofobia fisica che è specchio di quella dell’animo e la violenza che proviene dalle grandi metropoli.

La scrittura del drammaturgo stabiese, sempre in bilico tra dramma e commedia, intrisa di una quotidianità senza tempo che si occupa degli emarginati della società, ci porta con Notturno di donna con ospiti in un’abitazione di un sobborgo campano dove Adriana Imparato, stanca e depressa casalinga affronterà, grazie all’improvviso arrivo di ospiti inattesi, i fantasmi del suo passato e i demoni del  presente. Il ritmo del dramma è incalzante e l’inevitabile angoscia percepita dalla protagonista quanto dagli spettatori, man mano che lo spettacolo prosegue, si scatena nel tragico epilogo finale.

La regia di Enrico Maria Lamanna è impeccabile: egli riesce a porre l’accento sulle tematiche più significative del testo, restituendo appieno lo spirito e la sensibilità dell’autore; inoltre si circonda di un cast di massimo livello a partire dagli attori.

Giuliana De Sio si cimenta in una recitazione magistrale in ogni gesto, espressione e tono. Forte di aver già interpretato Adriana nel 1996 e nel 2003, si impadronisce del personaggio e la prova recitativa della sua metamorfosi, ovvero la presa di coscienza alla quale la protagonista non reggerà, è maiuscola. Inoltre, la carica che ella mette nell’interpretazione, già apprezzata nelle precedenti messinscene, non risente degli anni passati e non perde affatto di potenza ed espressività, dimostrando quanta qualità la grande attrice abbia ancora da regalare sul palcoscenico, spazio in cui, rispetto al cinema, un attore conta d’avvero solo sui propri mezzi.

La De Sio è accompagnata da un cast di attori eccellenti: Gino Curcione, Rosaria De Cicco, Andrea De Venuti, Mimmo Esposito e Luigi Iacuzio. Se è vero che la De Sio è l’indiscussa protagonista ed è sublime solista in molte situazioni, gli attori con i quali si confronta non vengono offuscati dalla  sua bravura, ma riescono a brillare ognuno nella propria parte conferendo alla totalità della prova un’omogeneità recitativa tarata molto in alto.

La scenografia curata da Roberto Ricci, anch’essa identica alla versione del 1996, ripropone con un’accuratezza mirabile un tipico interno di una modesta abitazione periferica degli anni Ottanta in cui i colori accesi, lo stile del mobilio e finanche le tende verticali a pannello sono proprie del periodo. Se al giorno d’oggi la maggior parte delle scenografie sono minimali e tendono al simbolico, vedere sul palco una ricostruzione davvero da teatro naturalista ci fa riflettere su un modo di fare scenografia che ha ancora una grande pregnanza per la sensazione da tranche de vie che regala. Ma la bellezza della scena di Ricci non risiede solo nel recupero del suo ruolo originario, quanto nel fatto che egli dimostri che una scena realistica non implica la mancanza di sperimentazione. Difatti il mondo dei ricordi d’infanzia di Adriana si manifesta fisicamente sulla scena, squarciando la principale con allestimenti secondari che appaiono e si dissolvono magistralmente mettendo in luce la complessità dell’impianto. Ad esaltare e facilitare la comparsa in scena degli ambienti secondari è il disegno luci di Stefano Pirandello, che si muove al ritmo con la narrazione alimentando il pathos dell’opera.
Anche i costumi di Teresa Acone vengono qui riproposti identici a quelli dei vecchi allestimenti, cui ella prese parte: perfettamente filologici caratterizzano i personaggi ed esteriorizzano i loro tratti psicologici, divenendo fondamentali nei movimenti attoriali. Tra cambi d’abito, discussione sugli accessori, l’atto continuo dello spogliarsi e del rivestirsi, il costume di scena segue lo svolgersi degli eventi e soprattutto restituisce lo scavo introspettivo della protagonista.
L’originale e accattivante colonna sonora dello spettacolo, scritta da Carlo De Nonno per Ruccello, è tra gli elementi di maggior risalto del dramma: un ritmo inquietante, che strizza l’occhio al genere thriller degli anni Settanta, diviene leitmotiv della serata, generando atmosfere tormentate e angoscianti.

Scroscianti, meritati e sinceri applausi hanno decretato il successo della prima, alla quale era presente anche la sig.ra Giuseppina De Nonno, madre di Ruccello, calorosamente ringraziata dalla De Sio per la sua vicinanza al mondo teatrale e al recupero della memoria e dell’eredità di Annibale.

Alessia Santamaria

 

Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo, 14, Napoli
Info e prenotazioni: botteghino@teatrobellini.it – 081 549 12 66 – www.teatrobellini.it
Orari: feriali ore 21.00 – mercoledì 5 e sabato 8 novembre ore 17.30 – domenica 2 e 9 novembre ore 17.30
Biglietti: dai 12,00€ ai 30,00€.

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