“Morsi a vuoto”
Un uomo, una donna e la loro storia in un dramma che presto si trasforma in farsa: al Piccolo Bellini in scena i Maniaci d’Amore.
A fronte di un palinsesto generale sempre più orientato ad un intrattenimento leggero (e spesso superficiale, purtroppo), resistono, a Napoli, realtà che provano ancora a sperimentare, offrendo spettacoli non scontati e d’avanguardia. È questo il caso del Piccolo Bellini, ove sono in scena fino al 9 novembre i Maniaci d’Amore, giovane compagnia formatasi presso la prestigiosa Scuola Holden, con Morsi a vuoto, pièce originale ed impegnativa, che fa riflettere senza annoiare.
Simona, giovane donna dall’ossessione per gli smeraldi, prova a risolvere i propri conflitti interiori tramite la psicoterapia; ma tale tentativo fallisce per la sua incapacità di andare a fondo nello sciogliere i nodi della propria infanzia irrisolta, oltre che per l’infatuazione nei suoi confronti provata dal terapista. Questi, nell’ultimo tratto di quello che può intendersi come primo atto dell’opera, compie una diagnosi (o, se si vuole, una profezia) destinata a realizzarsi nel secondo: una persona verrà e le restituirà la voglia di vivere che ella sembra aver perso; e se state pensando ad un amore improvviso o ad un principe azzurro uscito fuori dal nulla, ebbene, siete sulla cattiva strada; a risvegliarla dal torpore sarà un goffo “angelo della morte” venuto a giustiziarla. Nel mettersi a nudo di fronte allo sconosciuto, Simona vede compiersi le previsioni dell’analista, scoprendo la vacuità dei valori e delle costruzioni psichiche su cui aveva retto il castello di carte della propria esistenza.
Oltre la semplice trama, come si intuirà, c’è dunque ben di più: c’è un’analisi dei valori della società in cui viviamo, c’è l’interminabile ricerca di sé (simboleggiata, forse, dalla continua e misteriosa brama di smeraldi); c’è un riferimento, chiaro e netto, alle responsabilità dei genitori rispetto alle difficoltà psicologiche dei figli nell’interpretare lo stare al mondo. C’è, in definitiva, forse troppo; e la sensazione è che, sommando tòpos a tòpos, sia il senso complessivo dell’opera a venir meno; il finale non aiuta ad offrire compiutezza al tutto, bensì amplifica il senso di straniamento dello spettatore, confuso dalla quantità di carne al fuoco messa dagli autori (che altri non sono se non gli stessi Maniaci e d’Amore). Una critica che non diventa mai critica sociale, un’analisi delle esistenze dei protagonisti che non riesce mai a chiudere il cerchio: si capisce bene che i due interpreti di cose da dire ne hanno, e parecchie; il punto è che dirle tutte assieme non facilita, forse, la resa scenica, che pure è favorita dall’interessante recitazione sia dell’una (Luciana Maniaci) che dell’altro (Francesco d’Amore – bravo in particolare nel variare completamente il registro tra prima e seconda parte). La notevole intesa tra i due attori si fa apprezzare ed è valorizzata dall’essenziale regia di Filippo Renda, oltre che dalla scarna scenografia messa a punto da Eleonora Rossi. Elementi che, tuttavia, non distraggono dallo sviluppo dei dialoghi, lasciando al centro della scena quel “parlare, parlare, parlare” che, per stessa diagnosi del personaggio interpretato da d’Amore, riempie la vita di Simona (e dello stesso spettatore, ça va sans dire).
Insomma, sembra tutto apparecchiato per assistere ad un’opera di rilievo assoluto; eppure, sembra sempre mancare quel quid capace di fare la differenza, perché le energie creative appaiono “disperse” in troppi rivoli, piuttosto che incanalate in un’unica direzione; così che ad essere penalizzata è la pièce nel suo complesso, piuttosto che le singole parti o tematiche, tutte, in se stesse, piuttosto convincenti.
Battute fulminee e citazioni raffinate (su tutte quelle di Magritte) accompagnano lo spettatore e rendono più scorrevole la narrazione, ma non bastano a ricompensare le grosse ambizioni alla base di un’opera del genere; tuttavia il materiale c’è, ed è ottimo, e ben può sperarsi in qualcosa di più compiuto per i prossimi lavori dei giovani Maniaci (e) d’Amore.
Antonio Indolfi
Piccolo Bellini
via Conte di Ruvo 14 – Napoli
http://www.teatrobellini.it/
Orario spettacoli: Venerdì 7 ore 21.15 – Sabato 8 ore 21.15 -Domenica 9 ore 18.00
Biglietti: Posto unico: Intero 15 – Ridotto 10 (Under 29 – Cral – Over 65)