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L’artista napoletano ritorna al Nuovo Teatro Sancarluccio col suo “Francischiello-un Amleto re di Napoli”, in una visione, poco frequentata, di quella che fu l’Unità d’Italia e la figura dell’ultimo re Borbone. 

Presentato lo scorso maggio nell’ambito della rassegna “Tutto il mondo è palcoscenico – rassegna di teatro, di e intorno a Mastro William Shakespeare (O quel che volete)”, lo spettacolo, scritto diretto e inscenato da Carmine Borrino è di nuovo ospitato dal Teatro Sancarluccio, con repliche dal 13  al 16 novembre.

L’aggettivo amletico, usato sin dal titolo e che nell’immaginario comune è sintomatico di un carattere semplicemente debole, ambiguo, poco risolutivo e dubbioso, delinea ed accomuna, sotto la superficie, la natura profonda di due giovani uomini di potere. La maschera-Amleto vive nell’opera shakespeariana il dramma della rappresentazione che lo porta a frapporre costantemente tra sé e gli altri lo schermo di un’immagine. L’immagine di un’azione, quale la vendetta che però egli non compie mai coscientemente, poiché a spaventarlo, in realtà, è il timore della conoscenza e di essere fino in fondo se stesso. Questo è anche il tormento di Francesco II, un giovane principe “con indole da re” che avrebbe preferito fare l’attore o al limite il cantante, piuttosto che sedere al tavolo di governo, accerchiato da una corte menzognera che lo tradisce.

Ecco che da questa premessa, la quale mette in una spettrale corrispondenza i due personaggi, il testo di Shakespeare diventa strumento a servizio della costruzione del re Lasagnone. I pensieri e le parole di Amleto descrivono la realtà di Francesco, in una fresca ed interessante scrittura nuova, cucita  sulla ben strutturata e calibrata visione registica di Borrino.
L’interprete è bravo ad entrare e uscire dai vari ruoli che si alternano nella messinscena, più che un monologo, un racconto mostrato di una vicenda. L’accoglienza familiare riservata agli spettatori da Borrino, protagonista, già sul palco, mentre loro si accomodano in platea, rimarca la dimensione della narrazione e rompe la quarta parete, decomposta e ricomposta durante la pièce a seconda delle esigenze drammaturgiche, quasi un velo da cui si scorge Carmine-Francischiello-Amleto in un pastiche temporale e d’intenzioni il cui collante è la dimensione umana degli attanti.

L’ultimo re Borbone è analizzato nei suoi aspetti quotidiani, sviscerati nello svolgersi degli accadimenti storici e politici che lo coinvolsero. L’acuta religiosità che gli fa condurre una “dieta di preghiere e fioretti”, l’amore per la consorte Maria Sofia che lo vede tenero amante in una serenata e la sua endemica napoletanità che lo rende uno del popolo, talvolta condannandolo e tacciandolo come “fesso ed imbecille”, lo spingono verso il pubblico in un legame d’intenti.
La rivisitazione partitica degli eventi, Calatafimi e Gaeta, le intenzioni del generale Carlo Filangieri e quelle di Don Liborio Romano, le bugie e gli inganni del cugino Vittorio Emanuele II, la questione di una Costituzione da concedere, gli episodi del 1848 e la reazione dello spettro Ferdinando II, padre di Francesco, non appare mai come pretesto fazioso, perché essa è intelligentemente affidata, dalla regia, ai gesti e all’interpretazione del principe, sebbene continuo è il mescolare e il confondersi del qui e ora e del lì e allora. A ragione, anche i riferimenti pregnanti all’attualità e alla precarietà delle sorti contemporanee non disturbano e non snaturano o interrompono l’essenza e il flusso continuo e frammentario, al tempo stesso, che Borrino ha generato. A coadiuvare il passaggio da un luogo all’altro, reso da pochi elementi scenici, ci sono le musiche di Lino Cannavacciuolo che incorniciano e impreziosiscono la performance.

La particolare attenzione di questo studio shakespeariano si evidenzia nell’argomentazione metateatrale, dichiarata nella volontà di esser simultaneamente un commediante, un uomo e un personaggio. Davanti agli occhi degli astanti l’attore si trucca sotto le luci di un camerino e si spoglia dei propri panni per vestire la divisa da re. Quel re, coraggioso soldato quando impugna la bandiera del Regno delle Due Sicilie, sul fronte, in prima linea a Gaeta, ed urla la sua invettiva contro quell’umanità che non gli piace e che gli ha voltato le spalle, mentre lo sbandierare del vessillo simula il frastuono dei fucili  e delle cannonate ed è, a mala pena, affievolito dal Va, Pensiero di Verdi, emblema di sottomissione subita e libertà agognata. Ma subito dopo quel momento di forte rivalsa, quanto meno morale, il fantasma di Francesco sparisce e lascia posto in sala soltanto ad una sagoma: è il controluce dell’uomo Carmine che, tornato in sé, si assurge a simulacro del buio e delle ombre di cui è ancora circondata questa storia, mentre tutt’intorno “il resto è silenzio”.

 

Antonella D’Arco

Nuovo Teatro Sancarluccio
Via San Pasquale a Chiaia, 49 – Napoli
Tel: 081 410 44 67 – 081 544 88 91
Orario spettacoli: ore 21.00 (feriali), ore 18.00 (domenica)

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