“Palladium Lectures”: Alessandro Baricco insegna
Dal 14 al 16 novembre il Teatro Nuovo di Napoli diventa aula accademica per accogliere le lectiones magistralis dell’autore torinese. Tre gli appuntamenti in programma per altrettante riflessioni: Tucidide- Sulla giustizia, Proust- Sulla scrittura, Luigi XVI- Sul tempo.
Si è registrato il sold out per questi tre giorni di recitals letterari, che vedono protagoniste, al Teatro Nuovo di Napoli, le Palladium Lectures di Alessandro Baricco, dopo il successo di Roma, nel gennaio 2013.
Il progetto, presentato da Produzioni Holden e curato nell’allestimento dal regista Roberto Tarasco, non ha nessuna presunzione scenica, ma appare nella sua semplicità come un monologo-lezione dell’autore torinese con la sola aspirazione di “dare delle risposte che a loro volta generano delle domande”, poiché, continuando con le parole dello stesso Baricco, è necessario creare «una specie di doppio movimento: da un lato do agli studenti delle risposte, cioè li aiuto a capire com’è fatta una certa cosa, gli concedo il piacere della conoscenza; dall’altra mi sforzo di fargli capire come quelle risposte siano soprattutto delle password per accedere a nuove domande: e in questo modo gli concedo il privilegio dell’ignoranza. Così si ricostruisce la catena del sapere, che è sempre coniare risposte che contengano domande: la progressione di una formazione culturale è tutta lì».
Nella serata di venerdì, partendo da una vicenda quanto mai lontana quale la Guerra del Peloponneso, combattuta tra Sparta e Atene, a fasi alterne, dal 431 al 404 a.C. , lo scrittore tenta la via della ricostruzione del pensiero moderno occidentale che proprio da lì prende vita. In veste di maestro-affabulatore, Baricco fa il suo ingresso in scena e si accomoda ad una scrivania, mentre tutt’intorno a lui, sul palco, ci sono, pronti ad ascoltarlo, gli spettatori-allievi, oltre agli abituali posti gremiti in platea: shhh… ha inizio la lezione!
Servendosi di un proiettore su cui appare una cartina geografica in cui sono evidenziati i territori spartani e i possedimenti ateniesi, comincia la parte più propriamente didattica della performance che introduce l’accadimento storico e illustra le premesse di quella che all’epoca fu considerata la Grande Guerra in Grecia.
Sparta vs Atene, due modi di esistere e due mondi a confronto: antitetici come la terra e il mare, da un lato l’oligarchia e dall’altro la democrazia, caparbia tradizione contro innovazione e fermento culturale ed artistico, combattenti educati, sin dalla nascita, all’arte della guerra i primi, pirati, pionieri e imperialisti i secondi, ad accomunarli solo il timore di esser dominati l’uno dall’altro. È questa la causa di uno scontro che vide il coinvolgimento di tutte le πóλεις greche, legate alle due maggiori potenze da accordi politici ed economici.
Nella visione di Tucidide che, allontanandosi dalla logografia precedente, fonda la storiografia come scienza, il racconto di questa guerra ha il suo motore nella necessaria esigenza quanto indispensabile volontà di narrare il presente, gli eventi coevi. È attraverso l’analisi dell’opera dello storiografo che Baricco dà voce al suo insegnamento. Argomento d’indagine è il dialogo tra i Melii e gli Ateniesi che si sviluppa nel libro V, ai capp.84-113. L’ambasceria ateniese ha il compito di negoziare le trattative con l’isola di Melo, la quale, abitata da ex-coloni spartani, aveva deciso di ritirarsi dal conflitto, dichiarandosi neutrale. La singolarità della richiesta, agli occhi di Atene inaccettabile, segna nel testo di Tucidide un’anomalia nella scrittura. D’improvviso lo stile asettico, monotono e cronachistico s’interrompe per far posto a quello che appare, sempre più evidente, nell’incedere della lettura, una pagina di teatro ben scritto. Nell’immaginario di Baricco, Tucidide come “sceneggiatore di grandissima classe” sta mettendo in piedi una pièce teatrale in cui, anche per noi in sala, si cominciano ad intravedere i volti di quegli uomini che, faccia a faccia, stanno decidendo le sorti del loro mondo. Il ritmo diviene sempre più serrato e incalzano i botta e risposta tra le due parti avverse, in un linguaggio che molto ha della Sofistica e della tragedia (d’altronde siamo in Grecia, nel V sec a.C., l’età di Pericle, agli albori di entrambe le discipline succitate).
È alle sue demegorie, cioè i discorsi, che Tucidide affida la propria interpretazione politica dei fatti, e all’interno di questa, presa in esame, sono due gli obiettivi che si perseguono: la Giustizia e la Giustezza. Entrambi i concetti schierati su fronti opposti e inverosimilmente, per noi oggi, il primo appartiene agli oligarchici Melii, il secondo ai democratici Ateniesi.
È la legge del più forte a reggere il principio del diritto, una legge che è «necessario e naturale impulso a dominare», una legge che fa dell’amicizia un valore che danneggia e un motivo di debolezza mentre dell’odio una dimostrazione della propria forza, una legge che si tenderà a tramandare e a rendere come «valore eterno». La più ricca delle città-stato dell’Egeo è un misto di ferocia, sicurezza e lucidità ed intende muoversi entro lo spettro dell’utile, invece Melo esplora il campo aperto ed ideale della Giustizia. Né la speranza né la fede negli oracoli né la minaccia di un intervento dell’alleata Sparta, distolgono coloro che “hanno fondato il cervello imperialista”, gli Ateniesi, appunto, dal loro desiderio di conquista. Nulla resta se non dichiarare guerra e combattere.
La nascita dei diritti e la negazione di essi è contenuta tutta qui, in un testo di circa duemila e quattrocento anni fa che ha avviato da secoli e per secoli una discussione in materia, mai completamente esaudita.
Ma la bellezza di una democrazia, con ordinamento assembleare, quale era il sistema di governo ateniese, non poteva esser indenne dal potere che si innesca tramite il mutamento, soprattutto quello delle idee, alla base della fondazione del pensiero critico. È così che, in chiusura, Baricco menziona l’episodio della piccola città di Mitilene, la cui rivolta venne soppressa da Atene con un verdetto lapidario di pulizia etnica. Mentre una nave con la sentenza di morte era già in viaggio, all’alba del nuovo giorno ne salpò un’altra all’inseguimento della prima, pronta a rettificare la decisione cambiata.
L’immagine delle due navi che si rincorrono, vagando per il mare, è l’augurio a serbare nella mente di ognuno di noi quante più idee possiamo. Salpare e riuscire ad approdare sulle rive di qualche terra in forma di pensieri è il monito che si spera abbia raggiunto i tanti giovanissimi in teatro, lì per apprendere qualcosa sulla letteratura greca che forse tra i banchi di scuola è affrontato in maniera pedante e poco formativa.
Antonella D’Arco
Teatro Nuovo
Via Montecalvario, 16- 80134 Napoli
Info e prenotazioni: 081 497 62 67 – botteghino@teatronuovonapoli.it
Orario degli spettacoli: ore 21.00 (feriali), ore 18.30 (domenica)