Massimo Ranieri e Riccardo III, la sottile linea che li unisce
In scena a Napoli, al Teatro Diana, l’adattamento della tragedia shakespeariana interpretata e diretta dall’attore napoletano con l’intento dichiarato di “provare a intravedere sulla scena l’eterno mistero del male”. Operazione riuscita?
Talento, impegno, intelligenza, spirito d’abnegazione e presunzione (intesa in senso benevolo, come sinonimo del credere in se stessi). Massimo Ranieri è una crasi di tutte queste accezioni, esuberante caleidoscopio umano che gode di una fama e un riconoscimento popolare di proporzioni debordanti rispetto alla norma, dovuto ad una carriera complessa, articolata, infine gloriosa.
Doverosa premessa quella della contestualizzazione: non tenerne conto altererebbe l’analisi dell’avventura teatrale che Ranieri sta portando in giro per l’Italia, il Riccardo III di cui è lui stesso regista, che ha debuttato al Teatro Diana di Napoli il 19 novembre e permarrà in scena sino al 30. Alla prima dello spettacolo si ha la sensazione di assistere ad una passerella sociale, l’evento cui non si deve mancare, il vox populi è pronto ad accogliere e a giustificare all’attore, cantante e conduttore, qualsiasi cosa abbia deciso di portare in scena. Probabilmente in molti crederanno, intimamente, che Ranieri abbia fatto il salto più lungo della gamba, ma nulla osta.
Ad un occhio meno smaliziato, lo Shakespeare di Ranieri è nell’ordine: fluido nel dispiegarsi della vicenda narrativa; suddiviso in numerosissimi cambi di scena che scandiscono il susseguirsi dei fatti in maniera lineare, come si trattasse di un Riccardo III narrato in compendio; ben recitato, in scena ci sono attori educati al compito di pulire l’opera da ogni virtuosismo superfluo; in una parola, chiaro. Uno spettacolo creato con la consapevolezza di durare due ore e mezza che debbano pesare il meno possibile, desideroso di far comprendere le trame intessute dal protagonista nel perverso e malefico intreccio della nota tragedia di Shakespeare. È la chiave di lettura della standing ovation al calare del sipario, cui va aggiunta naturalmente una massiccia dose di Ranieri.
Altra vulgata viene fuori a guardare lo spettacolo non tenendo conto del prologo iniziale. I “però” vengono al pettine se lo si osserva, insomma, con un approccio più accorto. Si potrebbe citare il bizzarro e pretestuoso abbinamento tra ambientazioni, musiche e abiti di scena, in cui la scenografia e il tappeto musicale (curato da Ennio Morricone) sembrano allineati al contesto storico originale della tragedia, i costumi e gli stessi oggetti di scena fanno riferimento ad un noir di inizio ‘900, misto ad un romanzo di Scott Fitzgerald, generando così un corto circuito così palese che nemmeno le note di regia riescono a giustificare. Per carità, non si critica a priori l’intenzione di adattare il Riccardo a un altro punto della linea della storia, ma piuttosto l’effetto confusionario e claudicante di questo esperimento. Shakespeare, in fondo, è stato riletto e calato anche in un contesto contemporaneo, ma ad esempio nella amata/odiata versione cinematografica di Romeo e Giulietta i personaggi hanno pistole e macchine, non è che sparano con una rivoltella mentre sono in sella ad un cavallo con indosso un’armatura.
Anche dagli stessi pregi su elencati emergono alcune criticità di fondo, perché la chiarezza e la semplificazione ricercata possono correre su un binario diretto nello stesso luogo dove va la banalizzazione. Perché l’estrema parcellizzazione dello spettacolo in decine di cambi scena può generare un assopirsi totale della tensione emotiva, rispetto ad un’opera che ha la notoria virtù di tendere al massimo alcune corde emozionali in moto persistente. E per di più cucire un’intera opera addosso ad un attore sì diligente, ma privo di quel talento naturale necessario a servire tutte le sfaccettature etiche e morali del protagonista della tragedia, consegna come risultato una messinscena complessivamente monocorda, piatta, scolastica per dirlo in modo edulcorato.
Riccardo III, nel monologo iniziale riconosce di non essere nato con le qualità e le doti di un sovrano, ma di essere motivato da quello spirito d’abnegazione, da quelle intenzioni fameliche che lo condurranno ad esser disposto ad ogni cosa pur di nascondere questa evidenza. Ecco, al netto delle ovvie e differenti qualità morali dei personaggi, è questo il vero punto di connessione tra il Massimo Ranieri attore e Riccardo III: l’assenza di propensione spontanea al ruolo compensata da una sconfinata dose di impegno, di studio, affinché qualunque cosa possa apparire credibile.
In scena, a completare il cast: Roberto Vanelli, Gaia Bassa, Massimo Cimaglia, Roberto Bani, Massimo Ranieri, Luigi Pisani, Paolo Lorimer, Antonio Speranza, Carla Cassola, Marco Manca, Margherita di Rauso, Paolo Giovannucci, Giorgia Salari, Antonio Rampino, Marco Scervo.
Andrea Parré
Teatro Diana
Via Luca Giordano, 64 – Napoli
Tel. 081 5567527 – 081 5784978 – diana@teatrodiana.it – www.teatrodiana.it