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Ispirata liberamente all’opera di Mozart, l’Orchestra di Piazza Vittorio, porta in scena al Teatro Bellini una rivisitazione multietnica, nella quale lingue, suoni e tradizioni diverse si fondono in una fiaba variopinta.

Fonte foto Ufficio stampa

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Dimenticare Mozart è indispensabile per apprezzare appieno l’esperimento de Il Flauto Magico,  proposto da Mario Tronco e la sua Orchestra di Piazza Vittorio, nel quale confluiscono competenze, culture e intelligenze di tutto l’affiatato ensemble, in scena al Teatro Bellini fino al 14 dicembre.

Primario intento dello spettacolo, e peculiarità specifica dell’Orchestra, è valorizzare l’interazione culturale, in un contesto dove gli italiani diventano una minoranza etnica. L’Orchestra di Piazza Vittorio è una realtà unica in Italia che si è impegnata nel riscatto di artisti stranieri, disfacendo l’emarginazione culturale e sociale che l’immigrazione comporta. Fondata nel 2002 da Mario Tronco, componente della Piccola Orchestra Avion Travel, oggi consta di diciotto musicisti provenienti da dieci paesi e parlanti nove lingue differenti. Così Il flauto magico non è più ambientato in Egitto, ma in un paese fantastico dove ogni lingua nazionale è portavoce di culture e tradizioni specifiche, mentre il dialogo continuo tra idiomi diversi diviene l’elemento che amalgama il  mondo fiabesco rappresentato.

Lo spettacolo, che fu presentato la prima volta nel 2007, e a oggi conta più di 150 repliche, ripercorre il Singspiel di Mozart in chiave del tutto innovativa: l’opera è messa in scena come «una favola musicale tramandata in forma orale e giunta in modi diversi a ciascuno dei musicisti». Le arie orginali, infatti, sono riprese solo nelle melodie più riconoscibili mentre tutti i brani cantati e suonati dall’Orchestra sono rielaborati o scritti ex novo da Mario Tronco e Leandro Piccioni, mischiando e integrando la composizione con musicalità rock, pop, reggae, classiche in una sonorità composita che unifica i diversissimi generi.

I personaggi sono tutti tratti dall’opera di Mozart e, come si legge nelle note di regia, i ruoli sono stati assegnati ai musicisti «in base ad una somiglianza di carattere o per affinità con certe esperienze vissute», però qui l’interpretazione si allontana totalmente dalla recitazione tipica della lirica o della prosa: essa, infatti, è ridotta quasi a zero e i personaggi sono restituiti principalmente dalle musiche e dal ballo. Non manca tuttavia un’accurata mimica nell’interpretazione delle canzoni, più vicina al modo di fare teatro musicale dei cantastorie.
Attore in senso pieno è il narratore interpretato da Omar Lopez Valle che, seppur cubano, è l’unico che, nel raccontare lo svolgersi della vicenda, utilizza l’italiano: scelta, questa, che da un lato ribadisce il gioco della multiculturalità, dall’altro accentua il carattere esotico, per il nostro orecchio, della narrazione favolosa.

Il momento più alto della messinscena resta comunque ancorato all’opera originaria, ovvero la prestazione del soprano Maria Laura Martorana, nelle vesti della Regina della Notte. Intensa la sua interpretazione in lingua tedesca del testo originale con l’effetto, sebbene l’aria sia arrangiata musicalmente in modo moderno, di conservare intatta la forza espressiva della lirica, genere per cui l’opera è stata concepita. Da evidenziare anche le prove di El Hadji Samb nel ruolo di Papageno, di Sylvie Lewis in quello di Pamina e di Awalys Ernesto Lopez Maturell che interpreta Tamino. Peccato che la comprensione dei brani fosse inficiata dalla mancanza di sovratitoli.

Fonte foto Ufficio stampa

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L’orchestra non è nascosta nel golfo mistico, ma è allestita sul palco, disposta coralmente e ben articolata, così da dare il giusto risalto ad ogni musicista nel momento in cui si cimenta in assoli che lo rendono protagonista delle atmosfere trasognate che si palesano di volta in volta sul palco. Questa scelta scenica, che non permette l’allestimento di una scenografia ad hoc, è però sostenuta dagli acquerelli vivaci e naïf di Lino Fiorito, scenografo che dai tempi delle sperimentazioni con Mario Martone in Falso Movimento, si è sempre espresso al massimo nei suoi interventi pittorici. L’originalità delle sue creazioni da sempre ha trovato ottima espressione nella costruzione di scene, e i suoi bozzetti più volte si sono trasformati in diapositive proiettate alle spalle degli attori. E così in questo caso i suoi acquerelli, da un lato fortemente astratti e dall’altro narrativi, sono ritmati al suon di musica e sono, insieme ai costumi, unici elementi che visivamente riflettono il mondo immaginario che viene narrato, divenendo il fondale scenico e in perpetuo movimento dello spettacolo.

La stessa fantasia la ritroviamo nel costumi di Ortensia De Francesco pensati per il ballo e con l’intento di evidenziare le nazionalità degli interpreti. Forte di una formazione che l’ha vista più volte lavorare per l’opera lirica, in questo caso le sue creazioni richiamano lo sfarzo di quest’ultima semplificandone le forme e le decorazioni, senza perdere di impatto visivo e di efficacia nella caratterizzazione dei ruoli. L’immagine d’insieme, tra scene e costumi e recitanti, che sostengono e accompagnano le allegre musiche dell’Orchestra, si traducono in esplosioni di gioia, colore e ritmo; ingredienti che hanno reso la messinscena travolgente e meritati, dunque, gli applausi tributati dal pubblico a premiare soprattutto le musicalità diverse e ben combinate dell’esperimento.

Alessia Santamaria

 

Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo, 14, Napoli
Info e prenotazioni: botteghino@teatrobellini.it – 081 549 12 66 – www.teatrobellini.it
Orari: venerdì e sabato h. 21:00; domenica h. 17:30
Prezzo: dai 12,00€ ai 30,00€.

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