Scimmie sul palco-giungla del ntS’: degrado, violenza e un sogno di speranza
Il Nuovo Teatro Sanità attinge dal romanzo d’esordio di Alessandro Gallo (vincitore del Premio Letterario Nazionale Giri di Parole-2011 indetto da Navarra Editore) per allestire la sua nuova produzione, affidata alla regia di Carlo Caracciolo e in scena dal 9 all’11 gennaio.
Potrebbe essere il 1985 quando, una sera di settembre, nel quartiere Vomero-Arenella, sotto le luci affievolite dei lampioni, moriva ucciso dalla camorra un giovane cronista de Il Mattino: si chiamava Giancarlo. Così come potrebbe essere settembre scorso quando, nel Rione Traiano, un diciasettenne, colpito da un proiettile per caso, forse, allungava la lista dei morti ammazzati a Napoli: si chiamava Davide.
Non esiste un tempo, o meglio è il tempo di sempre quello attraversato dalle tre Scimmie furiose sul palco del ntS’, ispirate dal romanzo di Alessandro Gallo e ritradotte in teatro da Carlo Caracciolo.
Se il tempo è sospeso, in una sorta di neorealismo contemporaneo che accade, hic et nunc, davanti agli spettatori, il luogo invece s’impone con tutta la sua forza. È il Rione Traiano, per restar fedeli al testo del libro? È la Sanità, dov’è il teatro che ospita la pièce? È la vicina Materdei? È un vicolo del centro storico o qualche strada desolata della periferia? È tutto questo. È la città intera la dirompente protagonista che avvolge e inghiottisce chiunque ne calpesti il suo suolo, chiunque cerchi di domarla, chiunque cerchi di giudicarla, senza capirla. E ancor prima che con le sue storie, Napoli si fa sentire col suo dialetto, una lingua fiera e ruvida, volgare e affilata, icastica sin dal suono che rievoca una sacralità tribale ed arcaica fatta di ritmi serrati, tamburi incalzanti, raffiche di parole che percuotono le menti di chi è immerso nel buio della sala.
È Gennaro (Carlo Geltrude) a parlare per primo e a ruota gli seguono Franco (Riccardo Ciccarelli) e Tore (Mariano Coletti): eccole le tre Scimmie. I tre ragazzi, provenienti da modeste e rispettabili famiglie, vogliono fare il salto di qualità entrando nel Sistema, quella gigantesca macchina malavitosa che ingloba e assorbe tutti attraverso la violenza, la droga, l’estorsione, il facile guadagno, il sesso, il rosso del sangue e il nero dell’oblio, i colori che disegnano una seconda pelle sul corpo di chi precipita in quel baratro.
Ogni puntamento che si accende sul palco è una voce, ogni voce delinea un’esistenza-resistenza all’interno di quel mondo spietato. Gianni (Gennaro Maresca), il giornalista dagli occhi puliti che aspira a redimere i tre, salvando così un pezzetto della sua metropoli, interagisce con le vite che incontra sul suo cammino alla ricerca della verità; Eva (Annabella Carrozza), la giovane, ma già tanto nostalgica, puttana del quartiere, è costretta a vendersi per tirare a campare, dopo il suicidio del padre e, in conclusione, Filomena (Anna De Stefano), la ragazzetta onesta di cui Franco s’innamora e per la quale decide di fuggire da quell’universo di eccessi, non cede ai soprusi e, dimidiata tra bene e male, diventa medium per curare un’umanità in fin dei conti non così manichea. Gennaro, Franco, Tore, Gianni, Eva e Filomena e i quadri che sono chiamati a rappresentare nell’intreccio dei loro percorsi, sono la mostrazione dell’infinita e multiforme catena di cause ed effetti che il Sistema produce. Nessuno di loro si assurge ad archetipo di un’ idea o di un astratto concetto, ma ognuno pretende di essere soltanto sommamente vero e di abitare nella dimensione della reale quotidianità.
L’equilibrata visione registica sa sfruttare la semplicità verace degli interpreti, molti dei quali fanno parte della compagnia giovane del ntS’, e la concretezza di una drammaturgia, che strizza l’occhio a tanto cinema, soprattutto europeo, coniuga i due codici artistici, offrendo una messinscena dinamica, ordinata e quanto mai giusta ed equilibrata in ogni suo aspetto. La tensione e il silenzio del pubblico creano un’atmosfera che lambisce quasi il surreale, grazie a tre elementi, di cui si sostanzia in larga misura la direzione di Caracciolo: la musica, la luce e il corpo. È sul pizzicato veloce di un mandolino che le Scimmie giocano e litigano come bambini per accaparrarsi l’oggetto tanto ambito, una pistola. È la luce che, illuminando i volti e gli occhi tremanti segnati dalle incertezze e dalle sfumature del cambiamento insito nella coscienza dei personaggi, diventa simbolo della speranza, una luce talvolta tagliente che, come uno squarcio, investe la platea, co-partecipe e testimone di quella realtà gravida di contraddizioni. Ed infine è il corpo, in cui confluisce ogni istinto, ad agire nello spazio di un sogno-incubo che, “dimenticando un passato migliore”, ha sfiorato, scampandolo, un mancato “futuro d’orrore”.
Antonella D’Arco
Nuovo Teatro Sanita’
Piazzetta San Vincenzo, 1-Napoli
Info e prenotazioni:339 666 64 26 – info@nuovoteatrosanita.it
Orario-spettacoli:venerdì e sabato 21.00 – domenica 18.00