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Il Nuovo Teatro Sanità dedica l’intero mese di gennaio alla memoria del poeta, scrittore e regista, tra i maggiori intellettuali italiani del Novecento, partendo con una intensa piéce biografica per la regia di Ciro Pellegrino.

“La morte non è nel non poter comunicare,
ma nel non poter più essere compresi.”
Pier Paolo Pasolini

Fonte foto ufficio stampa

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La vita, l’arte, la sensibilità di Pasolini furono folgori, fulgide e infuocate, che illuminarono di verità l’Italia del tempo e le sue contraddizioni; egli fu un lucifero, nel senso più proprio del termine, ovvero un portatore di luce. Ma fu luce scomoda, che rischiarava ciò che l’ombra reclamava a sé, e troppo rovente per esser maneggiata con cura dai contemporanei – e forse anche dai posteri.
Un viaggio che segua lo svolgersi di questa illuminazione, a 40 anni dalla scomparsa dell’intellettuale nato a Bologna, è ciò che, dal 16 al 18 gennaio, ha proposto al pubblico napoletano il Nuovo Teatro Sanità: Una vita violenta nella città di Dio, messinscena scritta e diretta da Ciro Pellegrino, è un’opera biografica potente – poiché nutrita della grandezza del pensiero e delle opere pasoliniani – e, al contempo, candida, di quel candore di cui profumano solamente le cose vere.

Sulla scena, che simula con semplicità la spiaggia dell’Idroscalo di Ostia, giace il corpo morto di Pasolini; è l’alba e un cane abbaia, lontano. Ma il cuore ricomincia la sua danza.
E ricomincia la vita per un’ultima volta, cosicché egli possa girare un ultimo film, quello sulla sua stessa vita, riandando con la mente alla vita passata, alle cose fatte e dette, a ciò che è stato.
Il palco si popola di giovani, i quali rappresentano, a un tempo, il contingente e l’universale: essi sono i ragazzi di vita di cui Pasolini ha scritto, ancorati alla Roma della fine degli anni ’50, ma pure gli adolescenti di sempre, tormentati dalle stesse incessanti domande, frastornati dalle stesse asfissianti inquietudini; essi sono le parole dell’intellettuale nativo di Bologna, ma pure le parole di sempre. Essi costituiscono il ricco corteo che accompagna una vita solitaria e schiva, e ne traduce in scena le pagine più genuine e più cruente.

Fonte foto ufficio stampa

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Lo spettacolo procede per strappi, alternando momenti di festosa giovinezza ad altri di raggelante silenzio: i ricordi emergono lentamente ed in modo non diacronico, con il prezioso ausilio dei filmati d’epoca e di canzoni d’annata (su tutte, “Cosa sono le nuvole?” e “Violino Tzigano”), colpendo la scena e lo spettatore e costringendolo a continui mutamenti di prospettiva tra il corso degli eventi presenti e le pause ecfrastiche.
La storia di Pasolini viene dipinta in modo corale: alle rimembranze autobiografiche – il “profumo della povera pelliccia di mia madre” – si susseguono le parole degli altri compagni di scena – i fatti relativi alla morte, la sua nevrosi alla nascita del fratello Guido, le sue prese di posizione politiche libere e sferzanti relative al periodo stragista italiano, la sua passione per il calcio vengono così narrati secondo una prospettiva più o meno oggettiva e terza.
Tale polifonia, che sfrutta i registri linguistici del romanesco, dell’italiano e del napoletano, da una parte sovrappone i piani del passato e del presente, contribuendo a confermare l’universalità dei messaggi lanciati da Pasolini, mentre dall’altra ne fa tornare in mente la produttività molteplice e la capacità di servirsi di una pluralità di strumenti atti alla ricerca di ciò che è vero, di ciò che è genuino.
Eppure la sua non è che una breve dilazione della morte; le Moire ne attendono il corpo.
Finisce la vita insieme con la festa. E Pasolini ritorna disteso, morto, al suolo, mentre la gioventù osserva stupita – e forse stupida – quell’uomo, necessariamente incompreso eppure tanto bisognoso d’amore.
Un cane, lontano, abbaia per la sua morte, mentre il battito scema con la luce degli occhi; si consuma così la solitudine di un’anima pura e acuminata, di un anima forte. Perché “bisogna essere molto forti per amare la solitudine.”

Antonio Stornaiuolo

 

 

Nuovo Teatro Sanita’
Piazzetta San Vincenzo, 1, Napoli
Dal 16 a 18 Gennaio, ore 21
Info e prenotazioni: info@nuovoteatrosanita.it – 339 666 64 26

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