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Uno dei capolavori di Ingmar Bergman torna in scena, fino al 1° febbraio, al Teatro Mercadante di Napoli per la regia di Gabriele Lavia, affidando alla straordinaria Anna Maria Guarnieri il ruolo della protagonista.

Fonte foto: sito web teatro

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Per la terza volta Gabriele Lavia si confronta con un lavoro di Ingmar Bergman: dopo Scene da un matrimonio (1998) e Dopo la prova (2000), è il turno di Sinfonia d’autunno, in scena al Teatro Mercadante dal 27 gennaio al 1 febbraio; per l’occasione Lavia, a differenza di quanto avvenuto in passato, si cimenta nella sola regia, lasciando l’interpretazione ad artisti di consolidata esperienza. A spiccare è senza dubbio il nome di Anna Maria Guarnieri, che i meno giovani ricorderanno nel ruolo di protagonista durante la stagione degli “sceneggiati” RAI (La cittadella, L’idiota e David Copperfield, solo per citarne alcuni): a lei è affidata l’interpretazione del personaggio che fu di Ingrid Bergman nel suo ultimo film, ovvero proprio il Sinfonia d’autunno di Ingmar Bergman; unico lavoro cinematografico capace di riunire i due “mostri sacri” del cinema svedese di ogni epoca.
Quella che va in scena è la storia tragica di una famiglia atipica; Charlotte (l’eccellente Guarnieri) è una pianista affermata che non ha mai curato fino in fondo il rapporto con le figlie, preferendo una carriera di successo all’amore filiale e maritale. Abbandonate fin da piccole, le figlie Eva (Valeria Milillo) ed Helena (Silvia Salvatori) dimostrano di portare il vivo segno delle cicatrici lasciate dall’assenza della figura materna e dal confronto, impareggiabile, con quella madre mai vicina. La prima è sposata con un onesto uomo, il pastore Viktor (Danilo Nigrelli), pur senza amarlo; la seconda è ormai disabile, incapace di parlare e di camminare, a seguito di un trauma (causato, manco a dirlo, dall’egocentrica madre).
Sinfonia d’autunno è uno di quei casi (non infrequenti) di traduzione italiana errata del titolo originale; l’Höstsonaten di Bergman era una “sonata”, ossia un brano per strumenti solisti, mentre la “sinfonia” della traduzione è il pezzo composto per un’orchestra: la differenza è sottile ma considerevole, se si pensa a quanto risulti centrale il tema della solitudine all’interno dell’opera: i personaggi agiscono da solisti, appunto, senza mai dare vita ad un effettivo dialogo; il loro confronto è volto a rinfacciarsi colpe altrui e dolori patiti, senza mai giungere ad una reale comprensione reciproca. 

Fonte foto: sito web teatro

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Lo sguardo del regista, tuttavia, resta distaccato e quasi benevolo, non indulge ma nemmeno condanna; i protagonisti, allora, sembrano vittime di un gioco più grande (“la vita”, suggerirà Viktor nella chiosa finale) dal quale non possono che uscire soli e perdenti. Vincente risulta la scelta di separare la scenografia – opera di Alessandro Camera – su due piani, lasciando in quello superiore la sola Helena, rappresentazione di quella disperazione che gli altri membri della famiglia provano a dimenticare ma che, in realtà, risale prepotentemente a galla anche contro la loro stessa volontà. Al piano inferiore, invece, il freddo arredamento nordico offre un perfetto scenario al dramma che va consumandosi. 
Anna Maria Guarnieri, nei panni di Charlotte, è il vero fulcro della narrazione, in un ruolo che ricorda moltissimo la figura di suo padre, Antonio Guarnieri, tra i più illustri direttori d’orchestra del primo Novecento italiano. È lei stessa, in un’intervista di qualche mese fa, ad aver raccontato i dettagli del suo rapporto – freddo e distante – col celebre genitore (simile a Charlotte, d’altronde, anche nella comune provenienza dall’ambito artistico-musicale). Non sorprende, dunque, la straordinaria vivacità della sua prestazione sul palco, e non ci pare improbabile che numerosi spunti della sua splendida interpretazione possano essere ricondotti proprio al vissuto dell’attrice. 
Il resto della pièce può difficilmente considerarsi all’altezza della sua interprete principale. Troppo monocorde la narrazione, appiattita su un disperato-andante che rende difficile non guardare con ansia le lancette dell’orologio; sussulti non ce ne sono, sorprese nemmeno – lo sviluppo della trama risulta prevedibile fin dalle primissime battute – e quando sul palco si racconta la cronologia dettagliata delle disgrazie familiari patite (l’aborto di Eva e la successiva perdita dell’unico figlio nato; la morte del compagno di Charlotte e infine la malattia di Helena) più che empatia per i protagonisti si prova un discreto senso di noia. Non aiutano, d’altronde, le musiche di Giordano Corapi, eccessivamente enfatiche e stucchevoli all’ascolto, che paiono “suggerire” allo spettatore quali emozioni provare, più che contribuire alla resa artistica. 
Alla luce di queste considerazioni non mancano, pertanto, motivi di delusione; eppure la visione dello spettacolo resta consigliata a chi voglia assistere all’efficace prova attoriale della veterana Guarnieri o sia curioso di compiere un paragone con il film originale, a distanza di trentasette anni dalla sua uscita.

Antonio Indolfi

Teatro Mercadante
Piazza Municipio, 1,Napoli
Contatti: 081 552 4214 – www.teatrostabilenapoli.it

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