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Un convito a casa del boss in scena al Teatro De Poche: Giovanni Meola firma il suo nuovo lavoro all’insegna di un teatro socialmente impegnato contro la camorra.

Foto di Diego Dentale

Foto di Diego Dentale

Dopo L’Internazionale, dedicato alla figura di Roberto Bracco (qui la recensione), il regista e drammaturgo Giovanni Meola torna in scena con Il Summit di Carnevale, ospitato dal Teatro De Poche dal 23 al 25 gennaio, registrando subito il tutto esaurito, così come in occasione del debutto di novembre ad Acerra.
Il testo è scritto e diretto da Meola che nuovamente si concentra, come nei suoi precedenti lavori – si pensi a Bar Brasil, La trasferta e ‘O Scarto –, sul contesto napoletano e sul ruolo sociale che il teatro può assumere, soprattutto come risposta all’illegalità diffusa a Napoli ma non solo. Da più di nove anni Direttore artistico del progetto “Teatro & Legalità”, il regista, del resto, non ha mai abbandonato la sua vocazione “militante” e anzi, di pari passo con messinscene di impronta storica come L’Internazionale, collabora con altre realtà del mondo teatrale particolarmente attive e sensibili ai problemi del territorio. Il Summit di Carnevale nasce, infatti, proprio dallo sforzo congiunto di tre soggetti indipendenti e socialmente impegnati: Virus Teatrali, diretto dallo stesso Meola, Teatro Rostocco e Teatro di Contrabbando.

Foto di Diego Dentale

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Lo spettacolo, che racconta un’improbabile cena fra due capifamiglia della camorra, è interpretato dai Luigi Credendino (nel ruolo di Marione), Ferdinando Smaldone (nel ruolo di Giuseppone) e Alessandro Palladino (nel ruolo di Elia), che con carattere si calano nei rispettivi ruoli. La prova attoriale risulta convincente, sebbene la stereotipata costruzione dei personaggi ne faciliti l’interpretazione, che è volutamente resa in maniera artificiosa e caricata. D’altronde, lo spettacolo mira ad una rappresentazione dei fatti paradossale, quasi da farsa, creando atmosfere verosimili declinate però in modo da esaltarne gli aspetti ridicoli e irrazionali, come anticipa il titolo stesso che, nel riferimento al Carnevale, gioca sull’accadimento di implausibili eventi e scambi di parti. Proprio il mescolarsi dei ruoli è il tema attorno al quale ruota la giostra di Meola che, tra cibo e leggera ilarità, mischia le carte in tavola schernendo ed esorcizzando i suoi personaggi. La platea ha risposto positivamente alla prima dell’atto unico, così confermando la capacità del drammaturgo di affrontare tematiche di facile demagogia senza incorrere in banalità, e sospendendo l’azione in perpetuo equilibrio tra ironia e tragedia.

Foto di Diego Dentale

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La attenzione riservata al testo e alla recitazione risulta però inficiata dagli elementi di supporto alla messinscena. Difatti, sebbene la ristretta sala del De Poche non si presti ad interventi scenici di rilievo, dispiace constatare una poca originale ideazione della scenografia, realizzata da Flaviano Barbarisi e Anna Seno, che si limita al tavolo intorno al quale prende vita il convito. Più rilevanza, ai fini della caratterizzazione dei personaggi, viene invece riservata ai vestiti di scena curati da Annalisa Ciaramella: l’abito dei due boss è stato tinto e sgualcito, come a simulare, ridicolizzandola, la volgarità di una certa moda provinciale, mentre quello del giovane ragioniere della mala è di un bianco candido, privo di macchie, ad enfatizzarne il ruolo profetico.

Ancora una volta seppur con budget da produzione off, Meola, dunque, appassiona col suo teatro civile, che offre uno sguardo lucido ed insieme sarcastico sulla nostra società, la cui resa grottesca è il miglior antidoto ad una certa mitizzazione in stile Gomorra.

Alessia Santamaria

Théatre De Poche
Via Salvatore Tommasi, 15 Napoli
Tel: 081 549 09 28

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