“Le 95 tesi – Una storia di Lutero”: cronaca di un progetto che vince
Al Teatro Piccolo Bellini di Napoli in scena un piccolo miracolo targato Teatro in Fabula: le istituzioni sostengono l’arte e la cultura in modo sensato ed imparziale. Al momento, pare sia tutto vero.
È una bella parabola quella di Le 95 tesi – Una storia di Lutero. Lo è non solo per come finisce (o meglio si consolida, con la speranza che non finisca qui), ovvero un applauso scrosciante da parte del pubblico del teatro Piccolo Bellini e i sentiti complimenti riflessi negli occhi degli spettatori presenti. La vicenda è profondamente significativa per come inizia e come si dispiega nel tempo.
Preambolo doveroso: lo spettacolo realizzato dalla compagnia Teatro in Fabula, diretto da Giuseppe Cerrone e Antonio Piccolo e interpretato, oltre allo stesso Piccolo, da Raffaele Ausiello, Sergio Del Prete, Aniello Mallardo e Alessandro Paschitto, si è aggiudicato il bando promosso dall’Assessorato ai Giovani e alle Politiche Giovanili del Comune di Napoli in relazione al progetto “Napoli città giovane: i giovani costruiscono il futuro”. Selezionata da una giuria di esperti del settore secondo criteri specifici, la compagnia potrà beneficiare, nei prossimi mesi, di un finanziamento e intanto ha avuto appunto la possibilità di portare in scena Le 95 Tesi – Una storia di Lutero, accolto dal Teatro Bellini per una sera.
Perché di questa vicenda sia importante anche l’inizio lo si è intuito dalle parole pronunciate in conferenza stampa dagli artefici dello spettacolo: Teatro in Fabula esiste, in qualità di compagnia, dal 2010 ed ha fino ad ora realizzato diversi lavori, ognuno dei quali ha comportato uno studio lungo e approfondito e il consolidamento dell’idea, essenziale, che un progetto teatrale non è un fenomeno quiescente che resta fermo una volta concepito, ma è sempre in continua evoluzione.
Come molti soggetti che abitano in un Paese in cui arte e cultura vengono paradossalmente ritenuti fattori d’appendice, la compagnia ha attraversato fisiologici momenti di difficoltà sintetizzabili in un comune denominatore piuttosto eloquente: una certa sfiducia nelle istituzioni. Non solo questo, ma anche e soprattutto questo.
Pertanto, vedere i due registi seduti accanto all’assessore Alessandra Clemente per presentare il proprio spettacolo finanziato dalle istituzioni, dopo aver creduto, come loro stessi affermano, che il bando si sarebbe potuto vincere solo grazie ai proverbiali santi in paradiso, non è la melensa scena finale di un film accompagnata da una musica trionfale. È, semmai, un segnale forse minimo, forse raro, che il merito ha possibilità di essere riconosciuto. Artefice di questo segnale eloquente di discontinuità è l’assessore Clemente in persona che se ne vanta apertamente (e fa bene), dimostrando in conferenza un’imparzialità in merito alla questione che fa quasi sorridere: lei, rappresentante delle istituzioni, l’ordine costituito, addirittura non sa di cosa parli lo spettacolo premiato, ovvero di un uomo che spese una vita intera a sovvertirlo un ordine costituito.
Il merito, dunque, va riconosciuto a lei, ma soprattutto allo spettacolo stesso e agli autori, che si sono presi la briga di scomodare i testi di Osborne, Bainton e Blisset per riportare alla luce parole e gesta di un personaggio storico emblematico che la cultura contemporanea non caratterizza esattamente con l’aggettivo “pop”, Martin Lutero appunto, rappresentandone la grandezza e tutte le complessità umane per mezzo di un colossale processo di normalizzazione, che lo rende fruibile e masticabile pur senza banalizzarlo. Chi avrà modo di vedere in futuro questo spettacolo potrà forse riconoscerlo, oppure no.
Come sempre c’è un “ma”: la serata al Teatro Bellini era su invito: presenti, dunque, molti rappresentanti delle istituzioni, della stampa e conoscenti. Ma affinché questo progetto nelle prossime edizioni possa veder accrescere la propria credibilità, in futuro sarebbe auspicabile la collaborazione in toto di strutture come il Bellini (cui va aldilà di tutto un plauso), perché si impegnino a garantire alla compagnia delle repliche “autentiche”, ovvero quelle con gli spettatori paganti. Ma questa, ça va sans dire, più che una critica resta un’esortazione.
Andrea Parrè