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Al Teatro Bellini di Napoli, Claudio Bisio diretto da Giorgio Gallione porta in scena il libro di Michele Serra per raccontare, con poesia e ironia, il sempre attuale rapporto padre-figlio.

Foto Bepi Caroli

Foto Bepi Caroli

Inizia con una metafora, che attraverserà l’intera messinscena, il soliloquio – o forse dialogo a metà potremmo definirlo – che vede protagonista Claudio Bisio nei panni di un padre di figlio adolescente, nello spettacolo Father and son, di Michele Serra, regia di Giorgio Gallione, in scena fino al 1 febbraio al Teatro Bellini di Napoli.
Una metafora legata ad una montagna da scalare, il fantomatico Colle della Nasca, che intende fungere da alternativa, proposta, stimolo del genitore nei confronti di suo figlio al fine di risollevarlo da quella condizione di incomunicabilità in cui ha scelto di chiudersi, cappuccio in testa, cuffiette a palla e cellulare perennemente in mano. Apparentemente connesso con tutti, ma in realtà solo all’interno di una società che sembra averci fatto l’abitudine.
L’unico a non desistere, nella esasperazione – voluta – della finzione teatrale, il padre, appunto, che al ragazzo non smetterà mai di parlare, rivolgersi, fargli domande, senza che dall’altro lato ottenga risposte, ma  la cui personalità, al contempo, si delinea, così come le sue abitudini e i suoi gusti, attraverso proprio la descrizione che ne fa il genitore così che la figura di un diciassettenne, fra tanti, di oggi, lentamente si va a tratteggiare diventando riconoscibile agli stessi adulti, ma anche agli stessi coetanei.
“Sei il perfezionista della negligenza”,  “Tu sei il consumista perfetto”: queste alcune delle benevoli accuse rivoltegli osservando il disordine che domina in casa, piuttosto che le luci sempre accese, anche in sua assenza, così come la tv o il computer, per poi tornare alla carica con l’idea di raggiungere insieme il Colle, di affrontare sei ore di cammino, zaino in spalla e solo il cielo e i boschi a fare da cornice. E ancora, non ottenendo alcuna risposta affermativa, riprendere a descrivere, la sua vita, le sue amicizie, la scuola, quegli spaccati di quotidianità che gli appartengono e che di riflesso finiscono con l’appartenere anche a lui stesso in qualità di padre che, come i genitori della sua stessa generazione, mentre cresce il figlio, “cerca di continuare a vivere” senza troppo farsi sopraffare da lui e dalla cura che l’allevarlo con dedizione comporta.

Foto Bepi Caroli

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Dunque sapientemente verboso, dal giusto ritmo, in perenne bilico tra ironia e sarcasmo, tra realismo e comicità, si presenta l’impianto dello spettacolo, e se certamente validi si rivelano i due testi che lo ispirano (Gli sdraiati e Breviario comico), rappresenta un valore aggiunto, nel drammatizzarli, la bravura di Bisio, il suo essere perfettamente credibile nel ruolo (che come egli stesso afferma «non è lontano dalla mia vita, dato che ho due figli di 19 e 17 anni e quindi capisco e – sto vivendo – le cose che raccontiamo nello spettacolo») nonché il suo essere mattatore di esperienza, capace di sapersi apparentemente allontanare dal testo – influenzato dalle notizie di cronaca più recenti e/o dalle reazioni del pubblico in platea –  con battute estemporanee per poi farvi immediatamente ritorno senza che la sua performance perda di efficacia e presa sugli spettatori, ma anzi ne consolidi la qualità.

Lo affiancano sul palco – arredato in stile surrealistico da Guido Fiorato che opta per semplici e caldi elementi scenografici quali tavoli, sedie e armadi di legno a cui però attribuisce collocazioni sospese o nuove funzionalità, affiancandovi pareti di led a simulare l’interno di una stanza ma anche l’azzurro del cielo di un paesaggio all’aperto – due giovani musicisti: il chitarrista Marco Bianchi e la violinista Laura Masotto la cui colonna sonora fa da puntuale contraltare al monologo, caratterizzando con stile ciascuno dei quadri in cui risulta suddivisa la drammaturgia.

A chiudere lo spettacolo, quasi a voler richiamare un perfetto ciclo della vita, un sogno che si realizza, un obiettivo che si raggiunge, ritorna la montagna e il significato metaforico ad essa legato: ma se fino a questo momento padre e figlio sono rimasti ai suoi piedi, l’uno sperando che l’altro desistesse, ora è sulla cima che l’interpretazione di Bisio, senza alcuna enfasi stucchevole, ma con la leggerezza che solo i toni e le parole che hanno un peso specifico possono permettersi, ci fanno ritrovare,  con il figlio che supera in salita il genitore e giunto in alto, sulla punta estrema che lo rende grande quanto un puntino lontano, si volta indietro, lo saluta e poi scompare: “Ti ho chiamato – Aspettami! – ma non hai risposto. Non mi sentivi più. Finalmente potevo diventare vecchio”.

Ileana Bonadies

Teatro Bellini
via Conte di Ruvo 14, Napoli
Contatti: 081 549 12 66 – info@teatrobellini.it – www.teatrobellini.it
Durata 1h e 40 min. senza intervallo
Orari: da martedì a sabato h 21.00 – domenica h 17.30

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