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Il teatro di Rodrigo García, per la regia di Jurij Ferrini va in scena a Castel Sant’Elmo per l’E45 Napoli Fringe Festival. Ultima replica stasera. 

Fonte foto web

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Nella suggestiva cornice di Castel Sant’Elmo, dalla cui Piazza d’Armi si può ammirare il panorama mozzafiato dell’intera città, è stata allestita la Sala Fringe, una delle location in cui sono stati dislocati gli spettacoli in cartellone per il Festival. Nella serata di ieri (con replica questa sera) o forse è meglio dire nel dopo-serata, dato che l’appuntamento teatrale è stato fissato per le 23.00, è andata in scena la pièce Dovevate rimanere a casa, coglioni, ispirata all’omonimo ensemble di cinque “round” scritti dall’autore argentino Rodrigo García, ritagliatosi uno spazio d’interesse nella drammaturgia europea, una volta trapiantato a Madrid con la sua Carniceria, il teatro-macelleria da lui diretto.
Lo spettacolo del regista Jurij Ferrini, fondatore nel 1996 di “Progetto U.R.T. (Unità di Ricerca Teatrale)”, impone al pubblico un’ora d’attenzione, in cui le parole di García risuonano nella sala. Il lavoro dell’artista, diplomatosi presso la Scuola del Teatro Stabile di Genova, ha convogliato le sue energie quasi unicamente sul testo, in particolare su due dei cinque brani della raccolta del drammaturgo: Credo che mi abbiate frainteso e Coglione tu, coglione io. Ad interpretarli, in veste di unica protagonista, Rebecca Rossetti che, presentatasi al pubblico con una vistosa parrucca blu (escamotage usato alquanto banalmente per descrivere la sua alterità, nel senso di diversità ed a-normalità del personaggio), nonostante il tangibile impegno e il peso di affrontare una scrittura sicuramente non facile, non riesce però a toccare le corde più profonde e nascoste del ruolo che ricopre, mantenendosi in superficie. Il suo incedere nevrotico, nello straparlare e nel muoversi, delinea un carattere borderline troppo stereotipato. D’altronde la regia non le ha offerto alcuna intuizione che potesse aiutarla a creare uno spazio o un vuoto, anche semplicemente con un disegno luci, in cui abitare e far abitare la platea. Il compito di cambiare le atmosfere è affidato all’uso della musica, che però risulta debole e soltanto di accompagnamento al recitato, piuttosto che assumere una funzione denotativa. Inoltre il passaggio da un monologo all’altro è cadenzato da toni e intenzioni sempre uguali, non restituendo visioni incisive che forse sarebbero state più adatte al teatro di denuncia e di odio di García, irriverente e violento nelle idee e nella decostruzione delle stesse. Ecco perché il ricordo dell’infanzia di Elvira e il suo disperato tentativo di salvare un pony, in  Credo che mi abbiate frainteso assume le stesse sfumature quando a dover essere salvato è un piccolo pesciolino, il besugo di Coglione tu, coglione io.
Ciò che se ne deduce, anche dai timidi applausi finali, è che l’obiettivo di far conoscere un autore, forse frequentato soltanto da appassionati e addetti ai lavori, è stato centrato, ma a discapito di un coinvolgimento reale degli astanti e del mancato transfert emotivo dal singolo alla collettività, atto unico e irripetibile di cui è capace solo l’arte e, nell’hic et nunc, esclusivamente il teatro.

Antonella D’Arco

 

E45 Napoli Fringe Festival
Castel Sant’Elmo | Sala Fringe
Vico S. Elmo, 8 – Napoli
http://www.napoliteatrofestival.it/

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