“Euridice e Orfeo” nella rilettura di Valeria Parrella
Il percorso tormentato verso l’elaborazione del lutto prende le mosse dalla tradizione di Virgilio e Ovidio e per la regia di Davide Iodice debutta al Bellini per il Napoli Teatro Festival 2015 prima di farvi ritorno a febbraio del prossimo anno.
Alla discretamente vasta letteratura sul rapporto tra Eros e Thànatos Valeria Parrella ha ritenuto di poter aggiungere un nuovo tassello, rileggendo il mito di Orfeo ed Euridice nella pièce andata in scena al Teatro Bellini il 23 e 24 del corrente mese per la regia di Davide Iodice.
La Parrella riprende la vicenda narrata da Ovidio nelle Metamorfosi costruendo un testo semplice nella struttura (formata, grosso modo, da lunghi monologhi) ma complesso nello sviluppo. L’Orfeo descritto è il vero protagonista, nonostante l’endiadi tradizionale vada capovolgendosi nel titolo prescelto “Euridice e Orfeo” (per una scelta precisa della scrittrice-drammaturga a cui non piacciono le “d” eufoniche il cui uso, invece, il titolo originale richiede); è in lui che avviene il percorso narrativo, con una crescita imposta dal fattore esogeno per eccellenza: la morte della propria amata. Ne seguiamo il vagare apparentemente senza meta, alla ricerca di un equilibrio che inzialmente non può che provare a nutrirsi di nuovo della presenza di Euridice: ed ecco dunque spiegato il viaggio nell’Ade alla ricerca della defunta.
Una missione che inizialmente riuscirà, come ben saprà chi conosce l’opera di Ovidio o quella di Virgilio; ma non per questo destinata ad un lieto esito, impedito dalla stessa Euridice che, spingendosi al di là del ruolo attribuitole dai classici, porterà l’amato verso una nuova consapevolezza di sé. L’elaborazione del lutto rappresentata dal voltarsi di Orfeo è, qui, la chiave di lettura prescelta e seguita dalla Parrella: “La morte è questione di chi resta, non di chi parte”, fa dire l’autrice ai suoi personaggi, mettendo colui che tra i due “resta” (Orfeo, appunto) di fronte alla necessità di superare la scomparsa dell’altra. Euridice giustifica la scelta di premetterla nel titolo indicando la strada, dando spazio alla nascita di una “nuova Euridice”.
Magnifico è l’alternarsi di luci ed ombre creato dal disegno di Tiziano Fario, magistrale nella rappresentazione del conflitto tra vita e morte, amore e distacco. Opera dello stesso Fario è la scenografia, suggestiva e malinconica ad un tempo, caratterizzata dalla scelta di porre un talamo al centro: oggetto non casuale, che tradizionalmente è simbolo di calore ma che, nel corso dello spettacolo, funge da giaciglio per la salma di Euridice.
Fin qui ciò che di buono si è potuto apprezzare. Molto meno convincenti alcune delle scelte registiche operate da Iodice, che riteniamo nel complesso non in grado di mettere in scena in maniera davvero interessante le linee guida tracciate dal testo della Parrella; gli attori (Michele Riondino/Orfeo e Federica Fracassi/Euridice) non paiono offrire alcuna chiave interpretativa che non sia quella della monocorde lamentatio funebre che li accosta più a novelle prefiche d’eccezione che a personaggi dotati di un’effettiva tridimensionalità. L’azzardo di un testo nato come novella e poi diventato copione riesce, allora, solo in parte, anche per l’incapacità di tradurre le intuizioni parrelliane in un’effettiva dimensione dialogica, risolvendosi in una giustapposizione talvolta forzata di lunghi e talvolta sfiancanti monologhi.
Ma se questi gli aspetti che non ci hanno pienamente convinto, indubbia è la forza intrinseca della pièce che ha comunque il merito di favorire una più ampia diffusione del mito tra le nuove generazioni, ben presenti tra gli spalti (un pubblico giovane forse richiamato dalla fama di Riondino e della Parrella) e che alla fine ha dimostrato di apprezzare l’ora di spettacolo a cui aveva assistito.
Antonio Indolfi
Euridice e Orfeo
di Valeria Parrella
regia di Davide Iodice
con Michele Riondino, Federica Fracassi
Teatro Bellini, 23-24 giugno 2015 (nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia), e poi dal 9 al 14 febbraio 2016