Manlio Boutique

In scena a Castel Sant’Elmo per la rassegna E45 Napoli Fringe Festival 2015 una trasposizione teatrale dei racconti contenuti nell’opera “Brevi interviste con uomini schifosi” di David Foster Wallace. Radiografie verbali di uomini la cui rara bruttezza, raccontata con barocca dovizia di dettagli, finisce per apparire meno indigesta e inaccettabile.

Foto di Giusva Cennamo

Foto di Giusva Cennamo

Non c’è uno tra i personaggi de Il Dono che non abbia accennato ad un pensiero da cui lo spettatore alfa non si sia sentito sfiorato, personalmente. Per chiunque abbia assistito allo spettacolo andato in scena a Castel Sant’Elmo il 25 e 26 giugno nell’ambito della rassegna E45 Napoli Fringe Festival 2015, un’ammissione di questo tipo potrebbe generare un sincero moto di disgusto, visti e considerati i tipi umani andati in scena. Lo spettacolo, tratto dallo scritto di David Foster Wallace Brevi interviste con uomini schifosi, è una minuziosa radiografia verbale di soggetti abietti, impresentabili, eppure tutti perfettamente consapevoli della propria condizione. Non ostentano fierezza nei confronti dello spettatore, come un’impostazione drammaturgica volutamente provocatoria potrebbe tentare di fare, non si ergono su un piedistallo. Dalla scrittura dell’autore americano emergono solo tipi umani che fanno della verbosità, la logorrea e un linguaggio barocco e ridondante, i mezzi per ridimensionare il peso della loro identità apparentemente deviata. “Apparentemente” non è un avverbio utilizzato a caso, perché resta il dato inconfutabile che nel loro estremismo lo stupro di gruppo, la violenza sessuale di un padre ai danni di suo figlio, la perfetta delucidazione dei passaggi principali di un rapporto fetish che si arresta al momento dell’incatenamento della partner, senza il minimo approccio sessuale, restano tutte situazioni concrete, esistenti, vere e possibili. La trasposizione dallo scritto alla forma teatrale dell’opera di Wallace, dà ampio respiro ad una caratteristica dei 23 racconti, ovvero una angosciosa situazione di perenne staticità. La scenografia spoglia riproduce dei non-ambienti che immergono lo spettatore in un’asfittica sensazione di immobilismo, la quale conduce sistematicamente all’idea che non vi sia, in questa modernità, un punto di fuga, alcuna via d’uscita dalle aberrazioni che caratterizzano questi personaggi “possibili”. Allo stesso tempo le ridondanze verbali e le descrizioni iper dettagliate obbligano lo spettatore ad una logica normalizzazione, anziché al disprezzo. Bombardati da un fiume di particolari veniamo costretti ad una logica di comprensione e condivisione, nella quale il male diviene normale.
Immaginabile è la difficoltà di realizzare una resa drammaturgica tratta da una serie di racconti come quelli di Wallace, la cui scrittura è avvolgente e magmatica. In questo lavoro di adattamento e regia a cura di Luca Bargagna, la letteratura dello scrittore statunitense, riportata sulla scena, da una parte sembra acquisire pienezza grazie alla parola detta, declamata, come se il verbo fosse il solo tassello mancante a completarla; dall’altra, dal punto di vista scenico, denota uno scollamento tra le parti, ovvero i vari monologhi, che finisce col procurare un naturale deficit di attenzione. Più che l’assenza di una trama, elemento connaturato al tipo di opera letteraria, ciò che emerge, pertanto, è la perplessità che il filo conduttore tematico tenda progressivamente a perdere impeto e forza, anche a causa della durata eccessiva della messinscena e a una suddivisione troppo schematica dei vari momenti della stessa. Si tratta di appunti che non delegittimano in toto il tentativo, sì azzardato, di questa trasposizione teatrale, ma piuttosto tesi a sottolineare come una possibilità di maggiore sincretismo fosse sperimentabile dall’esterno e probabilmente non sia stata esplorata a fondo. Le prestazioni convincenti e suggestive degli attori sulla scena, Viviana Altieri, Vincenzo D’Amato, Elisabetta Mandalari, Luca Mascolo, Alessandro Meringolo, Massimo Odierna, Sara Putignano, dimostrano ulteriormente che il terreno della compagnia “Blu Teatro” sia fertile e gravido di possibilità. Possibilità che un lavoro assiduo potrebbe concretizzare.

(Nota a margine: esiste un solo soggetto presente, tra chi fa parte della compagnia e chi siede in sala, a trarre beneficio dalla scelta di far iniziare alle 23 uno spettacolo della durata superiore alle due ore?)

Andrea Parrè

 

E45 Napoli Fringe Festival 2015
Castel Sant’Elmo, Napoli
Contatti: http://www.napoliteatrofestival.it/edizione-2015/

Print Friendly

Manlio Boutique