Improteatro supera il cinema: come portare in scena le favole di (Wes) Anderson
Si ispira alla cinematografia del regista americano il lavoro con il quale la compagnia Improteatro anima la seconda giornata del Festival dedicato all’improvvisazione teatrale.
Un motivetto direttamente dagli anni Sessanta, personaggi-tipo disfunzionali e la divisione in capitoli. Sono soltanto tre tra gli elementi ricorrenti che rendono i film di Wes Anderson immediatamente riconoscibili. Caratteristiche mantenute nel passaggio dal cinema al palcoscenico realizzato dalla compagnia Improteatro, che ha presentato sabato 27 giugno L’inedito – Wes Anderson nell’ambito della terza edizione del Festival di improvvisazione teatrale promosso da Coffee Brecht.
Lo spettacolo, diretto dalla regista israeliana Inbal Lori, chiude un attento percorso di studio sul cineasta texano che ben si è prestato alle regole del gioco del canovaccio. Una riunione familiare – come è consuetudine in molte delle favole per immagini di Anderson – capace di coinvolgere grazie all’atmosfera dell’insolita cornice dello Slash di Via Bellini a Napoli, un vero e proprio salotto dal quale farsi più che semplici spettatori. Infatti, proprio al pubblico è spettata la scelta di alcuni degli elementi della storia da cui far partire l’improvvisazione. Al centro delle vicende – narrate dall’immancabile voice over (Fulvio Maura) – c’è il sostrato emotivo celato dalle bizzarre consuetudini e manie di una altrettanto bizzarra famiglia che ricorda molto da vicino quella de I Tenenbaum, protagonisti della pellicola per cui Anderson e Owen Wilson furono candidati all’Oscar per la miglior sceneggiatura originale nel 2001.
I Johnson – una coppia insoddisfatta (Mariadele Attanasio e Giorgio Rosa), due bambini prodigio (Annalisa Arione ed Eugenio Galli) più la governante spagnola (Lara Mottola) e l’aiutante jolly (Martina Di Leva) – vivono a Parigi, città d’adozione dello stesso Anderson in cui, a detta del regista americano, il semplice vagare per le strade è già una forma di entertainment. La trita routine familiare viene sconvolta dall’arrivo di un muscoloso carpentiere (interpretato sempre da Eugenio Galli), pronto a riparare le crepe di muri e anima come una sorta di Mary Poppins con la cassetta degli attrezzi al posto della borsa senza fondo.
Insieme agli elementi chiave della narrazione, in primis l’emotività non esposta e l’umorismo tanto eccentrico quanto amaro, sono state rispettate anche le suggestioni visive, pronte a saltare all’occhio degli spettatori più attenti e appassionati del regista di Moonrise Kingdom. Ecco, quindi, che la simmetria e la centralità della scena la fanno da padrone. Inoltre, l’elemento colore è stato introdotto attraverso l’uso di fusciacche con cui gli attori hanno ravvivato le loro tenute nere, rendendole fisse e identificabili al pari delle uniformi dei personaggi di Anderson. In ultimo, una chicca: la scena che dà la svolta agli avvenimenti recitata comicamente al ralenti – come quelle in slow motion presenti in ogni film di Anderson.
L’esperienza de L’inedito – Wes Anderson si inserisce, dopo quelle dedicate a Shakespeare e a Tim Burton delle scorse edizioni, sull’onda positiva che il regista visionario sta cavalcando dal successo di Grand Budapest Hotel, consacrazione al grande pubblico. Il rischio di imitazione sterile c’era, ma è stato sapientemente arginato, nonostante le difficoltà fisiologiche derivanti dall’improvvisazione, con l’approfondimento sulla cinematografia e sugli intrecci narrativi che hanno dato vita a una storia degna del grande schermo. Le pellicole di Anderson sono, pur nella loro confezione squisitamente edulcorata, film d’azione, non così distanti dal teatro del canovaccio, fatto, appunto, anch’esso d’azione. Se il fine ultimo degli universi visivamente perfetti creati da Wes Anderson è la verità nelle relazioni tragicamente imperfette, “L’inedito” ha colto nel segno.
Stefania Sarrubba
Improteatro Festival
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Biglieto Unico: 10 euro