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Al ntS’ in scena un giocoso e piacevole ricordo dei mitici anni ’60, riportati in auge attraverso una “piccola storia” dal cuore grande.

Foto Massimo Achilli

Foto Massimo Achilli

Pino Strabioli è uno dei pochi (ma potremmo quasi dire l’unico) a riuscire nell’impresa di portare il teatro sul piccolo schermo; non per questo ha messo da parte il lavoro sul palcoscenico sia da interprete che da regista. In questo caso, l’abbiamo visto impegnato, nello scenario offerto dal Nuovo Teatro Sanità, su un testo scritto dal padrone di casa, Mario Gelardi: L’abito della sposa è andato in scena nel week-end a cavallo tra ottobre e novembre, raccogliendo un discreto (in termine di presenze) ma applaudito (in termini di qualità) successo di pubblico alla sua prima napoletana.
Protagonisti della pièce sono Lucio, sarto permaloso ma di buon cuore, e Nunzia (Alice Spisa), giovane ricamatrice che porterà nuovo brio nella vita del personaggio interpretato da Strabioli. Non sarebbe corretto, però, tacere del ruolo fondamentale che nello spettacolo hanno i primi anni ’60: ne sono pregni sia la scenografia di Alessandro Chiti, costruita con giradischi, radio e tv d’epoca, che le musiche messe insieme da Paolo Vivaldi, che, ancora, gli eventi che intervallano le fasi della conoscenza tra Lucio e Nunzia.

Foto Massimo Achilli

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Ciò a cui si assiste, infatti, è la credibile reazione di due persone “normali” ad alcuni dei grandi eventi che segnarono il corso di un anno travagliato e decisivo come il 1963: dalla nascita del primo figlio di Mina (che tanto fece discutere perché avuto da Corrado Pani, attore già sposato con altra donna), al Vajont, alla morte di John F. Kennedy. Le canzoni della Pavone, della stessa Mina e di Catherine Spaak intessono la messinscena donandole coerenza storica e rallegrando i timpani con la loro spigliata ingenuità; tanto che, in alcuni frangenti, pare quasi che l’intento di Gelardi sia quello di offrirci una piacevole evasione negli anni ruggenti del miracolo economico, riuscendo perfettamente nel restituire l’atmosfera di un’epoca per molti versi mitica.
Parte del merito va senza dubbio agli interpreti, pur nella diversità delle rispettive performance: se Strabioli appare tagliato su misura per questo tipo di ruoli (essendosi costruito, anche televisivamente, come cantore dei tempi che furono, ricoprendo uno spazio-nostalgia lasciato libero da Paolo Limiti e Corrado Augias), più sorprendente è la piacevole prova di Alice Spisa che, lavorando per sottrazione ed evitando il rischio di un effetto caricaturale nascosto dietro l’angolo, riesce bene a esprimere la personalità di una qualsiasi ragazza dell’epoca, stretta nelle maglie di convenzioni sociali oggi quasi inverosimili.
In grado di donare diversi sorrisi e qualche vera e propria risata, l’equilibrata drammaturgia di Gelardi fa perdonare qualche piccola svista registica nella ricostruzione storica degli eventi (la canzone “Indifferentemente” viene citata prima della tragedia del Vajont; eppure, fu presentata per la prima volta al Festival di Napoli solo dieci giorni dopo quel luttuoso 9 ottobre del 1963), ma del resto non è la perfezione filologica quella che si chiede alla piacevole commedia diretta da Maurizio Panici, bensì un verosimile e divertente tuffo nel passato, nel ricordo di tempi percepiti, oggi, come ben più felici di quelli attuali. In questo, L’abito della sposa riesce nel suo intento e cuce un sorriso anche sul volto dello spettatore meno incline alla nostalgia.

Antonio Indolfi

Nuovo Teatro Sanità
Piazzetta San Vincenzo, 1 – Rione Sanità, Napoli
Contatti: 3396666426 – info@nuovoteatrosanita.it – www.nuovoteatrosanita.it

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