Manlio Boutique

Diretto da Mario Tronco, il gruppo ha inaugurato il 14 novembre la nuova stagione del Nest, nel segno della più armoniosa contaminazione linguistica e musicale. Che tanto ha da insegnarci.

Foto Carmine Luino

Foto Carmine Luino

Senegal, Ecuador, Cuba, India, Brasile, Italia non sono mai stati così vicini e in dialogo tra loro attraverso una lingua più universale, ovvero la musica.
Potere dell’Orchestra di Piazza Vittorio, diretta da Mario Tronco (che ne è il fondatore insieme con Agostino Ferrente), che ha inaugurato la stagione del Nest a San Giovanni a Teduccio (Na) la sera del 14 novembre, all’indomani del terribile attacco terroristico che ha colpito il cuore della Francia e che – se possibile – con ancora maggiore forza ha messo in evidenza il valore dell’orchestra quale testimonianza viva e sana di integrazione, accoglienza e fratellanza, unendo in un solo gruppo 18 musicisti provenienti da 10 paesi del mondo differenti che parlano 9 lingue e professano 4 religioni diverse.
Quando pertanto incontriamo Tronco nei camerini, mentre in sottofondo ci arrivano le note ritmate e gaie dei brani che di lì a poco accoglieranno il pubblico, tra cui più di venti bambini a cui il concerto sarà dedicato, inevitabile diventa iniziare dalla cronaca per una riflessione che tenga conto del ruolo della Cultura, e dell’Arte in generale, quale strumento attivo per esercitare forme di democrazia, responsabilità, condivisione che uniscano i popoli di ogni credo e provenienza, e, in particolare, dell’osservatorio privilegiato da cui l’Orchestra osserva la realtà «partendo da due presupposti che non si trovano spesso in società: la possibilità di dialogare con un linguaggio comune, che è la musica appunto, e soprattutto partecipare ad un progetto che interessa, coinvolge e appassiona tutti, laddove passione  e linguaggio sono due elementi fondamentali per andare d’accordo. È così nell’amore, come nella vita e quindi – continua il direttore artistico – noi esprimiamo una possibilità che in questi quattordici anni abbiamo coltivato, migliorato e fatto diventare una regola di vita e d’arte».
Formata nel 2002, l’Orchestra nasce da una precisa esigenza politica che il suo ideatore così ripercorre: «Dopo l’11 settembre (con l’attacco alle Torri Gemelle, NdR) io insieme ad altre persone del quartiere Esquilino di Roma volevamo dare un segnale preciso ma senza inventare nulla di nuovo, solo dimostrando che unire culture diverse produce bellezza; cosa del resto già successa agli inizi del Novecento con la musica meticcia che ha creato il rock and roll, il jazz e il blues, le vere ultime rivoluzioni: in qualche maniera, pertanto, nostro scopo era ricordare alla gente ciò e affermarlo ancora una volta con la stessa forza e convinzione, nonostante quanto accade in giro che sembrerebbe negare, ancora oggi, quello che diciamo».

Foto Carmine Luino

Foto Carmine Luino

L’OPV è senza dubbio una realtà che nasce da un luogo-simbolo, dunque, crocevia di integrazione, dalla sua forte caratterizzazione multietnica in cui gli italiani sono la minoranza, e dal suo ascolto da parte di una comunità attenta che ha poi trovato in Tronco e Ferrente la sintesi operativa-creativa necessaria perché dalle parole si passasse ai fatti, secondo un iter che è lo stesso di quello intrapreso dal Nest, d’altronde, perché «non c’è modo migliore di essere internazionali – ci spiega il compositore e arrangiatore casertano – professando il proprio provincialismo, partendo dal basso e, come tutte le cose che partano dal basso, da una verità, ovvero l’esigenza di migliorare un posto attraverso l’arte, di affidarsi alla funzione salvifica della musica, così come è appunto accaduto con l’Orchestra e come sta accadendo per il Napoli est Teatro».
Ma se è vero che è la diversità – di esperienze, origini, vissuti – il fulcro intorno al quale il gruppo si è unito, ci chiediamo come avviene quotidianamente esercitata e messa in pratica la convivenza tra i suoi singoli componenti:  «Il segreto sta nel fatto che questa composizione orchestrale di musicisti così lontani non solo fisicamente ma anche come provenienze musicali, era ella base dell’idea fondante l’Orchestra: quando ho pensato ad essa non volevo costituirne una in cui il palestinese e l’israeliano alla fine del concerto si stringevano la mano sventolando la bandiera della pace, ma intendevo fare innanzitutto un progetto musicale interessante che riunisse più musicisti di differente estrazione per avere più colori con cui disegnare i nostri progetti, e proprio questo ci ha consentito di passare dal folk della musica tradizionale, a Mozart, Bizet, la musica sacra, il pop, il rock così che ogni volta ciascuno possa ritrovare un po’ di se stesso nel gruppo e sentirlo come proprio». Senza che nessun genere preconfezionato arrivi a etichettare la loro musica compromettendo la libertà – rivendicata – di frequentarli tutti.
Su questa linea d’azione, ecco allora prendere vita Il Flauto Magico secondo L’Orchestra di Piazza Vittorio, al suo debutto nel 2009, Il Giro del Mondo in 80 minuti, e poi ancora la Carmen, tutti progetti che nascono «dopo aver scoperto la grande teatralità dei musicisti, la loro enorme capacità di fare spettacolo, essere attori, comprendere le personalità dei personaggi che interpretano, qualità che mi hanno portato verso il teatro musicale» con – aggiungiamo noi – meritato ma anche inaspettato successo di pubblico come testimoniano ad esempio le oltre 15mila presenze in 16 repliche (senza sottotitoli e in 5 lingue) registrate per la Carmen al Teatro Olimpico di Roma  grazie a quello che Tronco definisce un «passaparola prodigioso, che ci ha colti impreparati ma che premia la crescita e i miglioramenti che stiamo raggiungendo».

Foto Carmine Luino

Foto Carmine Luino

E nel solco proprio della prodigiosa evoluzione artistica dell’OPV, particolarmente attuale e necessario, e oseremo dire profetico, si presenta il lavoro ultimo messo in campo: Credo. Oratorio interreligioso, che dopo il debutto emozionante dello scorso settembre a Lisbona, all’interno di una chiesa della città, distrutta da un incendio e rimasta così da allora, si prepara ad andare in scena il prossimo dicembre a Roma. Scritto con  il teologo portoghese José Tolentino Mendonça, il concerto ha origine dalle sollecitazioni provenienti dagli stessi musicisti, molto credenti, e dalla volontà di approfondire il concetto di “credere”, attraverso le due possibilità che la parola stessa offre e che durante la nostra chiacchierata Tronco ben sintetizza così: «Una è legata al dubbio, perché dire “io credo” può significare anche “io penso”, l’altra è invece legata al senso di “credo” in quanto asserzione e proprio su questo concetto doppio noi ci siamo voluti soffermare scrivendo una preghiera laica per chi crede che Dio esiste ma anche per chi davanti ad un tramonto o una tragedia spera che Dio esista».
In nome di quella comprensione e tolleranza le cui fondamenta, oggi, tanto sono messe in discussione e minate con la violenza e la morte, ma a cui forse è possibile ancora restituire speranza e futuro se si riparte dalle nuove generazioni, da coloro che saranno i cittadini di domani e a cui proprio le lezioni di geografia musicale curate dall’Orchestra si rivolgono, con particolare riguardo ai bambini delle scuole fortemente internazionali della periferia romana. Obiettivo: «Far scoprire loro strumenti o pezzi della loro cultura che finora conoscevano solo attraverso i racconti dei genitori, o non conoscevano affatto, e di cui in questo modo si riappropriano, con l’augurio che se anche solo uno di questi bimbi viene appassionato dalla musica e da grande sceglie di diventare musicista, noi avremo un po’ vinto».

Ileana Bonadies

Napoli Est Teatro
Via Bernardino Martirano, 17 – San Giovanni a Teduccio (Na)
Contatti: info.teatronest@gmail.com – http://www.napoliestteatro.com/

Print Friendly

Manlio Boutique