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Ospitato al Nest di San Giovanni a Teduccio, il 5 e 6 dicembre, il memorandum teatrale “Donna non rieducabile”, ovvero le inchieste della giornalista russa uccisa nel 2006 così come elaborate in scrittura da Stefano Massini e in scena da Elena Arvigo.

Foto Carmine Luino

Foto Carmine Luino

Ti guarda negli occhi Elena Arvigo.
Ti guarda negli occhi come Anna Politkovskaja guardava negli occhi gli ufficiali russi quando la interrogavano accusandola di essere contro la Russia, contro la Patria, a favore dei civili ceceni.
E il suo sguardo, diretto, ora fiero, ora disperato, ti penetra. Così come le parole che pronuncia, quelle scritte negli articoli della giornalista “non rieducabile” che testimonia i fatti, così come sono, senza arzigogoli o commenti, e che ora – attraverso questo progetto autoprodotto e dalla stessa attrice curato –  dalla carta si fanno verbo drammaturgico, denuncia postuma, ulteriore traccia incancellabile di ciò che dal 1991 è accaduto nella regione del Caucaso, devastata da guerre, morti a migliaia, distruzione e carestia. E che l’autore Stefano Massini ha inteso cucire insieme senza retorica e pietismi, ma lasciando che fosse la loro cruda veridicità, la loro drammatica chiarezza ad emergere ed essere preservata. In nome di un memorandum che – come egli stesso spiega – non intendeva «raccontare  la “storia di Anna”: non mi interessava. E neppure mi interessava farla raccontare ad altri personaggi eventuali. Il mio unico obiettivo era restituire dignità teatrale ad una sensazione che mi aveva colpito nel primo avvicinamento ai testi della Politkovskaja: la loro feroce immediatezza».
Quell’immediatezza che nella trasposizione del  testo non ha faticato a trasferirsi sulla scena, trovando nell’interpretazione superba e magistrale della Arvigo e nelle efficaci scelte di regia, a cura della stessa insieme con Rosario Tedesco, una essenzialità complessa; una traduzione in corpo, respiro, voce, sguardo, silenzi che come lame hanno attraversato la coscienza, hanno risvegliato la memoria, destato interesse e posto interrogativi  – su una professione che rivendica libertà di espressione, quella di giornalista; su un ruolo frequentemente opaco e ambiguo, quella della politica; su un rimedio troppo spesso spacciato per necessario, la guerra – senza enfasi accessoria ad aggiungere lacrime e dolore, ma riportando ancora una volta solo i fatti.

Foto Carmine Luino

Foto Carmine Luino

I fatti così come si sono susseguiti negli anni, così come hanno scritto la storia sovietica recente, così come hanno distrutto villaggi, ammazzato bambini, violentato donne, assoldato mercenari, fatto esplodere bombe, ridotto alla fame, avvelenato testimoni, tenuto in ostaggio migliaia di civili, a teatro così come in una scuola.
I fatti – «una galleria di zoom su precise situazioni, atmosfere, solo talvolta stati d’animo», la definisce Massini – così come ricostruiti con il solo ausilio di una sedia e della cornice di una porta che la protagonista trascina, sposta, alza, butta a terra, attraversa. Come si attraversa un confine, come si oltrepassa un limite, come si supera una soglia di dolore, come si varca la porta di un ascensore prima che quattro colpi di pistola ti mettano a tacere per sempre. Perché scomoda, non allineata, perché sempre e solo pronta a raccontare i fatti, senza tessere politiche in tasca, ma autonoma, pensante, non corruttibile.
Completano sapientemente la scenografia le luci e alcune proiezioni video sul fondo a ricordare date, numeri e luoghi. A ricordare che è una storia vera quella a cui si sta assistendo seppure attraverso il filtro del teatro. A ricordare il silenzioso rumore che il Teatro è in grado di produrre se rivolge attenzione al mondo circostante e ne racconta le sue storie, i suoi protagonisti, i suoi errori e orrori. Il suo coraggio.
Il coraggio di chi compie il proprio mestiere con caparbietà, conoscenza, senza approssimazione, con la legittima paura di chi resta innanzitutto un essere umano e che, sia che si trovi nella redazione di un giornale o sul palcoscenico di un teatro, senza sostegni esterni al di fuori della propria forza di volontà, non si ferma. Ma continua a testimoniare, anche per chi voce non ha più.
Come la Politkovskaja ha fatto per le vittime cecene innocenti. Come la Arvigo fa, ogni sera, per Anna.

Ileana Bonadies

Napoli Est Teatro
Via Bernardino Martirano, 17 – San Giovanni a Teduccio (Na)
Contatti: info.teatronest@gmail.com – http://www.napoliestteatro.com/

 

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