“EterNapoli”: dal romanzo di Giuseppe Montesano alla scena
Tratto da Di questa vita menzognera, lo spettacolo diretto ed interpretato da Enrico Ianniello e prodotto da Teatri Uniti e Teatro Franco Parenti, in scena dall’8 al 13 dicembre al Piccolo Bellini di Napoli.
EterNapoli di Enrico Ianniello è un lucido ed appassionato omaggio al romanzo Di questa vita menzognera di Giuseppe Montesano, vincitore del premio Viareggio-Repaci nel 2003. Dell’autore, coinvolto da Ianniello nell’adattamento teatrale, si mantiene la scrittura sarcastica, irriverente e lapidaria che delinea i protagonisti della saga familiare dei Negromonte, spietati imprenditori partenopei senza scrupoli. Nel loro delirio di onnipotenza i personaggi si presentano come una neo dinastia borbonica. In mente hanno un unico progetto: trasformare la città di Napoli in un enorme parco tematico in cui recitare la storia che fu. Creare EterNapoli significa cristallizzare il passato in un presente continuo, un’eternità appunto, anch’esso recitato e scandito dal commercio delle vite degli abitanti, o per meglio dire dello stile di vita di essi, sfruttando la mercificazione della cultura e dell’arte. L’arte, l’idea che ognuno ha di essa e il ruolo dell’artista nella società è, infatti, il focus che percorre i personaggi. Così, la madre di Roberto, segretario di Carlo Cardano, marito di Amalia Negromonte, ricorda al figlio di aver conseguito una “laurea inutile”, in Conservazione dei Beni Culturali. E ancora Cardano, nelle fattezze di un dandy avvezzato alla pigrizia e all’inettitudine, assurge come sua massima di vita l’imperativo che “essere immaturi significa essere perfetti” e si muove entro una visione decadente della realtà, ricordando che “l’estetica è sempre stata superiore all’etica”. Tra le scelleratezze della famiglia, galleggia, come nelle sabbie mobili, Roberto, spettatore e testimone di quella rapacità e di quella violenza. Ma, sebbene dissidente nei confronti di quel mondo, resta all’interno del coro. Invece, a volerne uscire a tutti i costi, è Andrea, uno dei figli del capostipite dei Negromonte, che rinnega il suo sangue, tanto da arrivare al suicidio, visto come unica via di fuga alla sopraffazione impostagli dal padre.
La pluralità dei concetti e dei punti di vista è espressa da dieci voci, dieci volti e dieci corpi, nei quali entra e dai quali esce l’unico attore in scena, Enrico Ianniello, che snoda in quadri, suggeriti dai cambi luce e da un pannello con videoproiezioni, la vicenda dei nuovi re di Napoli. L’arditezza della regia di voler concentrare il molteplice nel singolo è premiata dalla bravura e dall’abilità dell’interprete. Con talento e maestria Ianniello sostiene il ritmo e la verità dei diversi personaggi, solo lambendo una caratterizzazione tipizzata, pur necessaria per esaltare lo spessore e l’espressività di ciascuno. Questo punto di forza, però, rischia di risentirne d’intensità nel mentre dello spettacolo. Durante il pranzo pasquale, in cui si affastellano le parole di tutti i commensali seduti ad una pantagruelica tavola imbandita, si raggiunge l’acme di una stridente ironia, con ricaduta tragica, prepotentemente scacciata via dal ballo di Iolanda, nipotina del pater familias e moderna Salomè. Ma ecco la crudeltà e l’efferatezza di questo momento essere subito rievocate da un’immagine di forte impatto visivo. Con la musica in crescendo, appare la proiezione di due cani-lupo famelici a guardia di due neonati, forse unico reale frangente in cui vive appieno il pannello allestito sul palco. Mentalmente, quell’immagine ha suggellato la fine di un atto e l’inizio di un altro, nel quale il gioco della concomitanza delle voci appare affievolito, quasi come se il pubblico si fosse abituato alla dinamica dei monologhi-dialoghi. Forse in questo passaggio si è intuita la difficoltà di tradurre in teatro, la lingua del romanzo. Ciò nonostante l’attenzione resta alta e la storia si fa seguire. Nel viaggio verso l’oblio della Bellezza, sfruttata, manipolata e anche difesa, in cui ci conducono i Negromonte, il rumore del mare ci culla verso un’accennata salvifica speranza, che si pone comunque come un irrisolto punto di domanda su cui cala il buio, della vicenda e della sala: “Saremo giudicati sull’amore? Così sia, così sia, così sia.”
Antonella D’Arco
Piccolo Bellini
Via Conte di Ruvo, 14 – 80100 Napoli
Contatti: 081 549 96 88 –http://www.teatrobellini.it/
Orario spettacoli: dal martedì al sabato ore 21.15; domenica ore 18.30