“Le Sacre”, l’incantevole danza di Virgilio Sieni
La musica di Igor Stravinskij e l’universo del rito al centro del nuovo lavoro della compagnia fiorentina che inscena al Teatro Argentina di Roma un dittico coreografico tra mito e gioco.
Dall’8 al 10 gennaio, a conclusione del percorso tematico “Il Teatro che danza” del Teatro di Roma, il palco dell’Argentina è stata cornice ambientale di “Le Sacre”, un lavoro a dir poco sensuale per complessa creazione compositiva, lirico per attrazione sensoriale ed emotiva, magnetico per abilità interpretativa della compagnia di Virgilio Sieni.
Coreografo di fama internazionale (tre i Premi UBU vinti più il riconoscimento di Centro di Produzione della Danza dal MiBACT), Sieni fa del movimento una ricerca linguistica in grado di raccontare l’umano attraverso una geografia di corpi, un pensiero fatto danza di sonorità e spazialità, una sempre seducente delicatezza di espressioni, di passi, di linee.
Il solenne ballo sacrificale d’inizio primavera musicato da Igor’ Stravinskij, che destina/condanna una fanciulla a una coreografia letale e propiziatoria per la nuova stagione, è anticipato qui da un preparatorio Preludio, su note originali per contrabbasso composte da Daniele Roccato. Sei femminilità nude (Ramona Caia, Claudia Caldarano, Patscharaporn Distakul, Vittoria Sapetto De Ferrari, Giulia Mureddu, Sara Sguotti) schierate in fila a noi perpendicolare emergono plastiche da una tenue e calda luminosità (ponderata dallo stesso Sieni) per dar vita a un ensemble celestiale di impulsività gestuali brevi, ripetute, scandite, condivise, scomposte in una (ri)scoperta di azioni e reazioni ancestrali, originarie: flessioni di braccia e gambe, torsioni di busti, tensioni di articolazioni rallentate in anomalie posturali, accompagnano sottili e soavi spostamenti sulla scena di anatomie assorte nell’esplorazione inedita della propria natura, della propria presenza, del proprio essere.
La Sagra della Primavera si popola poi di ulteriori cinque danzatori, maschi, (Jari Boldrini, Maurizio Giunti, Giulio Petrucci, Rafal Pierzynski, Davide Valrosso) affinché si manifesti una costellazione inarrestabile di sincronismi muscolari, cerebrali, spirituali di raro fascino. Sieni è autore di una deliziosa nevrosi di tendini e ossa che scatena parabole, velocità, incontri, contatti sovrapposti, intrecciati, sfiorati, sciolti, e che disegnano una sanguigna mappa organica di leggeri sussulti appartenenti a un (non) tempo primitivo, svanito. Un’arcaicità lontana penetrata da energie collettive, concettuali e astratte, cui Sieni chiede di solcare, e saggiare istintività e impeti fisici, facendosi flusso sconosciuto di autonomie individuali mai disgiunte che pulsa, sospinto dal ritmo musicale, ai limiti dell’esistenza, in un moto perpetuo, frammentato, preciso.
Lasciamo allora che gli occhi si riempiano di una ritualità dionisiaca assuefatta d’intese più che rivalità tra membri, d’incontri più che contrasti reciproci, di glorificazione del singolo e di un’Eletta riconducibile a Ramona Caia – l’unica alla quale Sieni e Giulia Banaldi dedicano un fuseaux purpureo -, levata al cielo, trattenuta, sostenuta, mai abbandonata, accolta in un instancabile abbraccio di martirio comune.
Lasciamo che gli occhi si riempiano di indicibile bellezza, quella di sussurri pittorici, di armoniche coincidenze di forme, di commovente eloquenza di membra. Lasciamo agli occhi il privilegio di un dolce perdersi tra le “pieghe del corpo”, in questa foresta di grazia e poesia.
Nicole Jallin
Teatro Argentina
Largo di Torre Argentina, 52 – Roma
Contatti: 06 684 00 03 11/14 – www.teatrodiroma.net