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Storie di periferia e provincia, a cui fanno da sottofondo brani storici della Città Eterna, in scena al Teatro della Filarmonica di Corciano il 15 gennaio.

Giorgio Tirabassi. Fonte foto web

Giorgio Tirabassi. Fonte foto web

Il rinnovato capitolo di uno dei primi spettacoli di Giorgio Tirabassi, Coatto unico… senza intervallo, portato in scena per la prima volta a Roma circa venti anni or sono, arriva al Teatro della Filarmonica di Corciano (15 gennaio), nell’ambito della stagione di prosa curata dal Teatro Stabile dell’Umbria. Nella performance, accompagnata in musica da Daniele Ercoli, al contrabasso, e Giovanni Lo Cascio, alle percussioni, il poliedrico attore dà vita a numerosi personaggi tra cui lo Spacciatore Rap in piena crisi economica, il truffatore Arcangelo che sfrutta le disavventure di terzi a proprio favore e due amici al bar che, tra una chiacchiera e l’altra, sognano di uscire dalla provincia e volare alle Seychelles. Una performance nata per divertire ma, al contempo, per far riflettere il pubblico sul significato del crescere in una periferia che, in questo caso si specchia nella capitale d’Italia, ma si adatta a qualunque altra città. Le limitazioni sociali e psicologiche di un ambiente “coatto” portano ad una chiusura della mentalità che, invece di aprirsi al mondo, rimane intrappolata in un circolo chiuso e si crogiola nel suo ambiente naturale senza poter crescere culturalmente.
Quando nasce, circa vent’anni fa, lo spettacolo venne rappresentato nella periferia romana e, in seguito, nel Carcere di Rebibbia. Perché un ambiente così circoscritto?
Lo spettacolo non nasce per essere rappresentato solo in questi ambienti. All’inizio l’ho portato in scena in alcuni centri sociali  e poi a Rebibbia per realizzare un video VHS per L’Espresso. In quegli anni i circuiti teatrali erano abbastanza impegnativi, era difficile rientrare in una stagione completa quindi è rimasto per anni uno spettacolo “indipendente”. La possibilità che c’era era quella di rappresentarlo fuori dai teatri ufficiali. Andavamo perciò principalmente nei teatri off e in luoghi che avessero un po’ di identità. Poi, pian piano, anche aiutato dalla notorietà arrivata con Distretto di Polizia (2000 serie televisiva in onda su Canale 5), siamo entrati nei circuiti teatrali.  Per impegni televisivi ho dovuto interrompere le rappresentazioni, poi l’ho ripreso, cambiando, aggiungendo, ricostruendo ed è uno spettacolo che, in ogni edizione, ha sempre qualcosa di nuovo.
Un titolo che vuol essere un gioco di parole?
In realtà no e ci tengo a sottolinearlo. Se potessi tornare indietro forse cambierei il titolo che pare essere fuorviante. La parola “coatto” viene infatti spesso fraintesa e non presa per il suo significato primario di costretto, limitato. Spesso si fraintende con il termine che indica la caricatura del “romano” ma, durante lo spettacolo, si capisce subito che non c’è alcun riferimento a tutto ciò.
Nato come Coatto unico, perché l’aggiunta di “senza intervallo”?
Perché non c’è stata una sospensione di pensiero. E anche perché non c’è la sospensione delle rappresentazioni come quando le ho interrotte perché impegnato in Distretto di Polizia. Abbiamo parecchie repliche in tutta Italia ed è sempre un piacere, per me, riprenderlo soprattutto a Roma dove saremo tre settimane alla Sala Umberto.
Immaginiamo anche la forza dello spettacolo che altrimenti non potrebbe essere in scena da circa venti anni… 
Infatti. Ed è bello constatare che ogni volta il pubblico esce soddisfatto dal teatro. Forse avviene per il tono usato in scena che è autentico, senza secondi fini. È pensato per divertire ma anche per far conoscere un aspetto diverso della romanità.
Il romano piace al pubblico o al romano (in questo caso Giorgio Tirabassi) piace che il pubblico conosca meglio cultura e ambienti della sua città?
Si tratta di dare un punto di vista diverso da quello che generalmente viene descritto. C’è l’intenzione di portare un aspetto un po’ più nobile della figura del romano.
Il coatto è costretto a vivere in una periferia che lo limita. Non può o non vuole uscirne?  
Crescere in periferia, non romana per forza, ma di qualunque città, o in provincia porta spesso ad avere una certa mentalità ristretta. Per uscirne si deve perciò prima uscire dalla “propria gabbia”. Poi le esperienze, lo stato sociale e altri fattori determinano quello che siamo e le nostre scelte. Nello spettacolo, ad esempio, ci sono due personaggi che non hanno mai messo piede fuori da Roma e come loro, nella vita reale, in ogni città ce ne sono molti.
Nella messinscena largo spazio è dato alla musica. Ci sono anche pezzi vostri o solo brani popolari romani?
Un po’ tutto in realtà. Considera che nella prima versione di Coatto unico non c’erano pezzi storici romani ma solo canzoni che raccontavano scorci di questa periferia. Poi è arrivata una “contaminazione” di ritmi  con  brani storici della tradizione romana.

Il disco

Il disco

In questi giorni è uscito il suo disco, Romantica. Nell’album ci sono le stesse canzoni presenti nello spettacolo?
In “Romantica” ci sono quattordici-quindici brani storici romani ma solo quattro sono presenti in Coatto unico.
Abbiamo visto in un video che suonate anche alcuni oggetti riciclati…
Facciamo un pezzo con un secchio dell’immondizia. All’inizio usavo materiale raccolto in città per suonare come, ad esempio, questo bidone e dei cartelli stradali. Il palco era praticamente invaso da pezzi di città. Ora non sono più solo sul palco, siamo in trio e, oltre al bidone, ci sono contrabbasso e batteria, unici elementi, tra l’altro, che compongono la scenografia.
Giorgio Tirabassi, durante la sua carriera è mai stato un coatto? Là dove per coatto, come lei, intendiamo limitato in qualcosa?
Per fortuna non lo sono mai stato. Ho scelto di fare un lavoro che magari per la mia famiglia non era proprio il massimo ma non ho avuto problemi di questo genere. Considera che non vengo da una famiglia d’arte ed era un rischio intraprendere la carriera di attore, ma i miei familiari mi hanno sempre aiutato e appoggiato.
Salto indietro nel tempo. Siamo negli anni Ottanta. I progetti futuri di un Giorgio Tirabassi ventenne con tutti i suoi sogni in mano?  
Il mio progetto futuro era quello di diventare un attore professionista, di vivere di questo lavoro e di riuscire a mantenerci una famiglia. Quindi tutto sommato ce l’ho fatta.
Lei ha due figli. Se volessero intraprendere la carriera di attori, cosa consiglierebbe loro?
Il più grande, che ha 26 anni, ha già compiuto, in realtà, questa scelta. Dopo il Centro Sperimentale ha partecipato al film di Laura Morante (Ndr. “Assolo” 2016). Consigli? Solo se i miei figli me ne chiedono altrimenti ho paura che si innescherebbe un rapporto “faticoso”. Cerco di non interferire perché non vorrei si guastasse il rapporto personale che ho con loro che, invece, deve essere primario. Io ci sono, loro lo sanno.
Tra cinema, televisione e teatro quali sono i tre ruoli che le hanno dato maggiori soddisfazione nell’interpretarli?
Per quanto riguarda il teatro questo di Coatto unico è senz’altro quello che mi ha dato più soddisfazione perché sono riuscito a realizzare, anche attraverso la popolarità televisiva sopraggiunta, uno spettacolo che non aveva bisogno dell’avvallo dei produttori o dei distributori in quanto autonomo. In televisione sicuramente la miniserie su Paolo Borsellino (Ndr. Paolo Borsellino 2004, regia di Gianluca Maria Tavarelli su Canale 5) vince su tutto. Questo ruolo mi ha reso anche un uomo migliore e mi ha permesso di arrivare al cuore di tante persone. Per il cinema, ce ne sono vari e non mi vengono in mente tutti. C’è La cena di Ettore Scola (1998), varie esperienze con Gigi Proietti, con cui ho lavorato nove anni e che mi ha fatto crescere molto, ma sono molto legato al film di Marco Risi L’ultimo Capodanno (Ndr. 1998 tratto dal racconto di Noccolò Ammaniti L’ultimo capodanno dell’umanità) soprattutto per il rapporto di grande intesa che si venne a creare fra di me e il regista mentre montavamo questi sketch un po’ surreali. Queste tre sono simbolicamente le esperienze alle quali mi sento più legato. Per la musica, la mia grande passione, ovviamente la soddisfazione maggiore è arrivata ora, con Romantica, il mio primo disco.
Non finirà per abbandonare tutto per la musica?
No, assolutamente! Anzi, la mia passione per la musica funziona proprio perché c’è il lavoro dietro.  Solo passione, niente altro.

 Francesca Cecchini

 

Coatto unico… senza intervallo andrà in scena il 15 gennaio alle ore 21 al Teatro della Filarmonica di Corciano (075.57542222 – www.teatrostabile.umbria.it);
il 16 gennaio alle ore 21 al Teatro Esperia di Bastia Umbra (075.7980672 – 349.3694469 – www.teatroesperia.it)

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