La libertà targata Gospodin
Il testo di Philipp Löhle arriva a Napoli per la regia di Giorgio Barberio Corsetti che affida a Claudio Santamaria il ruolo del surreale anti-eroe alla ricerca della felicità. Come noi.
Indagare il senso della parola libertà e, di conseguenza, della condizione di felicità che essa comporta, attraverso una storia semplice quanto bizzarra, approdando ad un ossimoro: è questo l’assunto da cui parte e a cui arriva il testo del drammaturgo tedesco Philipp Löhle (classe ’78), autore di Gospodin – in programma al Teatro Bellini di Napoli dal 20 al 24 gennaio – per la regia di Giorgio Barberio Corsetti, con Claudio Santamaria, nei panni del protagonista, Federica Santoro e Marcello Prayer. Ed è questa la parabola esistenziale compiuta dal suo personaggio principale che caparbiamente persegue la sua utopia di vivere senza farsi fagocitare dai dettami del consumismo, cercando – come ci spiega lo stesso Santamaria, molto bravo nel ruolo che interpreta – «di essere libero, di essere se stesso fino in fondo svincolandosi dagli oggetti, dai soldi, dalle piccole e grandi storture del mondo che vede e gli fanno male, impedendogli di vivere tranquillamente». Ma se la sete di libertà è ciò che lo muove, trovando la sintesi in quattro caustici principi che delineano quello che potremmo definire il Gospodin-pensiero (1. Una partenza è da escludere; 2. I soldi non devono essere necessari; 3. Ogni proprietà è da rifiutare; 4. Libertà è non dover prendere decisioni), per una sorta di legge del contrappasso, è un luogo tutt’altro che libero a trasformarsi nella soluzione agognata. Nella risposta alle sue domande.
Qui dunque il paradosso, ma qui anche la verità di una riflessione, a cui la storia ci vuole far tendere, che punta sui limiti il suo sguardo, sulla necessità di averli per non navigare a vista, sulla loro apparente inesistenza nel mondo attuale che ci invita a riflettere, senza manie di presunzione o velleità didascaliche ma ricorrendo all’ironia e alla stravaganza, tratteggiando soluzioni e personaggi strambi, con leggerezza volatile eppure non banale. Quella leggerezza che la regia di Barberio Corsetti con efficacia e cura traduce in azioni e movimenti, regalando a Gospodin/Santamaria – attraverso anche il ricorso ad una funzionale scenografia d’effetto, improntata sulla graphic animation e sul video mapping – una consistenza scenica fluttuante, mai statica, fibrillante come il suo stato d’animo inquieto, di chi non si sente appartenere a certe dinamiche e le rifugge cercando complici (prima nella fidanzata, poi in un amico artistoide, validi coprotagonisti della scena e al contempo voce narrante esterna che dipana il racconto) che però non trova. A meno che non vogliano usarlo – abusando della sua ingenuità – come fa il piccolo criminale in cui si imbatte, che gli lascia una valigetta piena di denaro (il tanto odiato denaro!), inizialmente provocandogli una serie di problemi, ma alla fine, indirettamente, aiutandolo a trovare la sua isola felice, in cui i soldi sono superflui, esiste il baratto, non si è proprietari di nulla, si lavora e si riceve da mangiare. E che finalmente sembra fornirgli una risposta al suo interrogativo più incessante – “Che senso ha restare fuori se non si sa dove andare?”-, riflesso di uno “straniamento” di sartriana memoria, motivo di insofferenza, di rifiuto dei modelli di vita tipici dei “borghesucci”, di paura di non riuscire ad affermare la propria identità e trovare il proprio posto nel mondo. Lo stesso mondo in cui Löhle in persona si imbattè ad inizio carriera e che lo destabilizzò, facendolo sentire ai margine di una voragine senza avere gli strumenti per aggirarla, così come accade spesso esattamente a ciascuno di noi, prima che poi le consapevolezze aumentino e un proprio percorso di vita e di lavoro inizi a delinearsi. Conducendo ciascuno nell’isola – reale o immaginaria – che lo rende felice.
Ileana Bonadies
Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo, 14 – 80135, Napoli
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