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Al Teatro Morlacchi di Perugia, dove sarà in scena dal 5 al 7 febbraio, Angelo Longoni dirige lo spettacolo dedicato al pittore italiano che “divenne il simbolo dell’amore romantico, fatto di passione e morte”.

“La vita è un dono, dei pochi ai molti, di coloro che sanno e che hanno a coloro che non sanno e che non hanno”.
(Amedeo Modigliani)

Foto di Marina Alessi

Foto di Marina Alessi

Sul palco del Teatro Morlacchi di Perugia arriva, nell’ambito della Stagione di prosa curata dal Teatro Stabile dell’Umbria, dal 5 al 7 febbraio, Modigliani e le sue donne. Una storia ambientata in uno dei momenti più dinamici e stimolanti del Novecento europeo, quando artisti di tutto il mondo si ritrovarono a vivere nell’isola felice dei quartieri parigini di Montparnasse e Montmartre, dove le parole chiave erano, allora, in spirito con i movimenti artistici futuristici che si andavano sviluppando, libertà, bellezza, verità e amore. Uno di questi era Amedeo Modigliani, il”maledetto” Modì. Ad interpretarlo è Marco Bocci su drammaturgia e regia di Angelo Longoni, con Romina Mondello (Beatrice Hastings), Giulia Carpaneto (Kiki di Montparnasse), Vera Dragone (Anna Achmatova), Claudia Potenza (Jeanne Hébuterne). Secondo l’autore non sarebbe stato possibile descrivere la personalità dell’artista se non portando in scena con lui le presenze femminili che hanno accompagnato il suo percorso condividendone i diversi periodi artistici e di vita affettiva. Una vita che si concluse con un dramma. All’indomani della scomparsa del pittore (per tubercolosi), la moglie, Jeanne Hébuterne, si suicidò, incinta di nove mesi, gettandosi dal quinto piano di un palazzo. Abbiamo incontrato Marco Bocci per parlare con lui delle passioni che condizionarono l’esistenza di un artista che viveva tra malanni e miseria, non riuscendo a vedere valorizzato (e riconosciuto economicamente) il proprio lavoro, e di questa incredibile storia d’amore.
Lei interpreta un artista dalla forte personalità e dalla vita difficile. Cosa la colpisce di più di Amedeo Modigliani e c’è un lato del suo carattere in cui si riconosce?
Sicuramente il lato più forte che mi ha colpito di Modigliani è la totale dedizione e il grande amore che provava per l’arte. Nonostante il suo lavoro non venisse valorizzato e, dunque, non avesse  un riscontro economico e vivesse di stenti, lui continuò dritto per la sua strada e dipinse sempre. L’amore per l’arte gli rendeva sopportabile persino la miseria. Fu una vita difficile, segnata da povertà e malattie come asma, tubercolosi, tisi. Attraversata dalla dipendenze da alcol, oppio, assenzio era, allo stesso tempo, ricca di altri grandi amori (le donne) che ne hanno condizionato il percorso artistico. Mi chiedi se c’è qualcosa che ci accomuna caratterialmente. Ti potrei rispondere che di questa “anima nera” ho la stessa passione e bisogno di arte nella mia vita, ma sarebbe troppo presuntuoso da parte mia. Modigliani per l’arte avrebbe dato la sua vita e conviveva con un bisogno estremo di sentirsi appagato. Io no. Per quanto io investa nel mio lavoro, per quanta passione e grinta io cerchi di metterci, non vivo di questo estremo. Riconosco che la vita reale, quella di tutti i giorni, è ben diversa.
Tra le sue grandi passioni ci sono le donne. Secondo lei, parte della sua grandezza artistica è legata a queste presenze femminili?
Questo non lo posso dire con certezza ma sicuramente queste quattro donne sul palco con me sono state fondamentali per il suo percorso. Quattro amori passionali che, in maniera diversa tra loro, hanno condizionato fortemente la sua vita a Parigi.
Quattro donne ma una, Jeanne Hébuterne, sembra essere la “prescelta” e infatti la sposa e ne riconosce la figlia (non  la prima, tra l’altro, per Modigliani, ma l’unica riconosciuta). Perché proprio lei?
In realtà non sono così sicuro che lei sia, coma la definisci tu, la “prescelta”. È sicuramente molto importante, però, credo, questo avvenga perché entra in un momento particolare nella vita di Modigliani. Lei, quattordici anni meno dell’artista, simbolo dell’amore sincero, dolce e fedele, era l’unica con cui avrebbe potuto creare una famiglia anche perché in quel periodo il pittore era arrivato ad un punto di stasi. Si doveva fermare, aveva fatto le esperienze più disparate e la sua malattia stava progredendo molto velocemente. Nonostante Jeanne, Modì continua però ad avere contatti, ad esempio, con Anna Achmatova (NdR. poetessa ucraina), altra donna fondamentale nella sua vita, con Beatrice Hastings (NdR. scrittrice e poetessa londinese) che nell’ambito del lavoro, è colei che più lo ha aiutato. Considera che il loro legame era tanto forte che il compagno della donna, mentre Modigliani era sposato con la Hébuterne, appunto, per la grande gelosia, ha tentato di ucciderlo, sparandogli.  Possiamo dire che l’amore con Jeanne era sicuramente un amore più romantico, più schietto e leale degli altri ma legato a quel periodo preciso. E’ un passaggio della vita per tutti se ci pensi. La persona giusta deve arrivare al momento giusto, dopo che hai fatto determinate esperienze altrimenti, se arriva troppo presto, non la riconosci.

Jeanne Hebuterne

Jeanne Hebuterne

Longoni descrive la storia tra Modigliani e la Hébuterne come “un amore totale alla Romeo e Giulietta”. Sulla tomba della donna l’epitaffio recita: “Devota compagna sino all’estremo sacrifizio”. Secondo lei è davvero devozione o un sentimento estremo malsano?
Il suicidio di Jeanne Hébuterne è un atto terribile. A mio avviso, l’amore estremo che porta, quindi, a gesti altrettanto estremi è sempre sintomo di un sentimento malato. Consideriamo però che questa donna aveva avuto un’esistenza molto difficile. Si sentiva, ed era, completamente sola, persino abbandonata da una famiglia che non riconosceva la sua relazione con Modigliani. Aver investito tutto in una persona e ritrovarsi all’improvviso senza nulla e nessuno è stato troppo per lei. Purtroppo la paura, la solitudine possono sfociare in gesti orribili. Secondo me più che una storia di Shakespeare o di Longoni questa è realtà quotidiana.
Chi posava per Modigliani asseriva che era come “farsi spogliare l’anima”. Lei ha provato questa sensazione o è avvenuto il contrario?
Ad essere sincero – ci dice sorridendo ma risoluto – non amo il “mistico”. Ho un approccio piuttosto terreno soprattutto quando devo interpretare qualcuno che è vissuto realmente e non è frutto della fantasia dell’autore. Secondo me c’è più un interscambio quando reciti perché, mentre lo fai, metti tutto te stesso, il tuo cuore, la tua anima, il tuo spirito a disposizione del personaggio. Cerchi di dargli più realtà. E comunque, quando lavori sull’interpretazione, in generale, è più probabile che il personaggio in qualche modo si spogli della propria anima. L’attore se ne impossessa.
Dopo il diploma in recitazione, a Roma, e alcuni lavori a teatro, arrivano cinema e televisione a darle notorietà. Perché questo bisogno di tornare sul palcoscenico?
Ho iniziato con il teatro e gli ho dedicato, in realtà, molti più anni di quanto non abbia fatto con cinema e televisione. Ho sempre “violentemente” cercato di conservare del tempo da dedicare al teatro e spero che, da ora in poi, io possa avere molte altre occasioni per potermi realizzare in questo.
Lei è umbro (NdR. l’attore è originario di Marsciano). Cosa prova all’idea di salire sul palcoscenico del Teatro Morlacchi, davanti al “suo” pubblico?
Salire sul palco del Teatro Morlacchi era un grande desiderio che nutrivo da anni. Mi hanno più volte proposto spettacoli che passavano per questo palcoscenico ma non ho mai potuto accettare perché non si incastravano temporalmente con altri lavori che stavo già portando avanti. Ti dico la verità: sono molto, molto, molto emozionato!
La settimana prossima presenterà a Perugia “A Tor Bella Monaca non piove mai” il suo primo romanzo. Come nasce la voglia di cimentarsi nella scrittura?
In verità ho sempre scritto. Collaboravo alle sceneggiature dei miei lavori oppure lo facevo solo per passione. Ho iniziato questa storia proprio per puro piacere, poi, piano piano, ha preso sempre più corpo fino a trasformarsi in un romanzo. Sono contento di averlo realizzato perché è un’opera completamente mia: cresciuta, sviluppata e chiusa totalmente da me. Credo che nella vita qualunque esperienza ti formi. Questa è per me una nuova sperimentazione che esula dal mio lavoro. Non so come andrà a finire ma, indipendentemente dalla pubblicazione, continuerò a scrivere comunque. Per ora vediamo dove ci porterà questa prima stesura…

Francesca Cecchini

 

Modigliani e le sue donne sarà in scena al Teatro Morlacchi di Perugia il 5 febbraio alle ore 21, il 6 febbraio alle ore 18, il 7 febbraio alle ore 17 e alle ore 21 (fuori abbonamento). Info e prenotazioni: Botteghino Telefonico Regionale 075.57542222 – www.teatrostabile.umbria.it

Marco Bocci presenterà il suo libro A Tor Bella Monaca non piove mai (Edizioni De Agostini) alla Libreria Grande di Perugia martedì 9 febbraio alle ore 18. Interventi della giornalista Floriana Lenti.

 

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