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I corpi come preghiere, i gesti come denuncia: la danza di Roberta Ferrara si ispira alle parole di Erri De Luca e posa il suo sguardo sull’attualità raccontando di uomini e donne in cerca di una vita migliore.

Fonte foto Ufficio stampa

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Non ha bisogno di molte parole da danza. Non per essere raccontata, non per raccontarsi. È il linguaggio delle emozioni a dialogare tra i corpi in scena e il pubblico; a scrivere la trama che si dipana dinanzi ai nostri occhi mentre ogni respiro, ogni gesto, ogni sfumatura contribuisce a tratteggiare la storia che sarà. Quella immaginata da chi la coreografia l’ha ideata, ma anche quella che ciascuno individua come l’unica possibile sulla base del proprio sentire, delle proprie percezioni, del proprio stato d’animo.
Premesso ciò, descrivere in forma didascalica Confini disumani di Equilibrio Dinamico – di recente andato in scena a Napoli in un affollato Piccolo Bellini -, dunque, non diventa la priorità dopo che lo si è visto; così come difficile diventa, al contempo, contenere il flusso di suggestioni che esso determina al di là del significato che la coreografa Roberta Ferrara ci invita a cogliere tra le righe raccontandoci, nelle note di presentazione, da cosa è nato e intorno a quale urgenza si sviluppa.
Se è vero infatti che Solo andata di Erri De Luca rappresenta il canovaccio da cui tutto ha inizio, è il concetto di “confine”, sia fisico che immateriale, legato indissolubilmente a quello molto attuale di “immigrati”, su cui si è indotti a soffermarsi mentre i sei danzatori – Beatrice Netti, Nicola De Pascale, Antonella Albanese, Jasmine Melrose, Serena Angelini, Tonia Laterza – riempiono la scena con i loro movimenti, ora sinuosi, ora vibranti, dalla tecnica puntuale; e non improbabile diventa il rischio – o meglio l’opportunità – che nei quadri di volta in volta composti e ciascuno sottolineato da una colonna sonora differente, si possano individuare significati molteplici, privi forse anche di razionale corrispondenza alla coreografia, ma non per questo non funzionali a quella immediata empatia senza la quale la danza perderebbe necessariamente di valore e forse di efficacia. E che nel suddetto lavoro, frutto di una gestazione lunga e accurata, non manca rappresentandone, anzi, il punto di forza e l’approdo più immediato anche per chi da spettatore si avvicina per la prima volta a questa disciplina.
Ma cosa nasconda un lavoro coreografico come quello creato dalla giovane ma attivissima compagnia in provincia di Brindisi, lo abbiamo chiesto alla sua direttrice artistica, Roberta Ferrara appunto, che così si racconta e ci racconta il suo lavoro, tra disciplina e passione:

Roberta Ferrara

Roberta Ferrara

Nati cinque anni fa e in costante ascesa sebbene il settore – non facile – in cui operate, quello della danza. Quale identità stai scegliendo di dare a Equilibrio Dinamico e quale il percorso che state conducendo per fare ciò?
Equilibrio Dinamico nasce con il chiaro intento di divulgare la danza contemporanea sul proprio territorio pugliese e non. La Puglia è ricca di talenti, è un terreno decisamente fertile per poter seminare progetti interessanti e culturali! Ho deciso da subito di non volere una compagnia di danza d’autore ma di repertorio. Attraverso l’attivo del progetto Experimental, patrocinato l’anno scorso dal Teatro Pubblico Pugliese, abbiamo ospitato negli anni coreografi provenienti dalla Germania, Svizzera, Belgio, Macedonia, Spagna ecc… mi piace dare ai miei danzatori continui stimoli. La vera danza per me è interminabile ricerca e credo sia giusto fare rete in questo senso. Chi ospito accetta un periodo di residenza coreografica con i miei danzatori e firma una prima italiana, mentre dal canto mio mi assumo il rigore e la responsabilità nel dare loro danzatori all’altezza, di una massima versatilità e poliedricità. E devo dire che ad oggi, per la mia giovane età nel campo, sono rimasti tutti ben contenti e forse anche stupiti del buon “materiale umano” che la compagnia ha in serbo e non solo, anche per i progetti che costantemente portiamo avanti, fronteggiando spese anche in maniera totalmente autonoma. Credo nel sano investimento artistico.
La direzione artistica della compagnia, è affidata a te Roberta, giovanissima eppure con un bagaglio formativo e di esperienze ricchissimo: da danzatrice  e coreografa quel è il valore aggiunto che vorresti apportare a questa disciplina e che finora credi manca?
Maggiore consapevolezza da parte del pubblico. Credo nel feedback e io vorrei vi fosse sempre questo! Significa conoscere la poetica e il lavoro che un artista porta avanti. È un settore difficile e poco sovvenzionato rispetto a tutto il lavoro che si semina ogni giorno. Il pubblico profano deve sapere essere sensibilizzato all’Arte. La Danza è un linguaggio universale; il mondo intero conosce un corpo onesto che “parla”, per tale motivo sono ben d’accordo alla promozione della danza anche in posti non convenzionali . Il pubblico è importante, è l’interlocutore dello spettacolo.
Come si svolge il processo creativo che porta poi alla definizione di una coreografia pronta ad andare in scena?
Creare per me è un qualcosa di profondamente sacro. Non posso farne a meno non perché oggi è divenuto il mio lavoro, ma perché è una necessità mia, personale. Non esiste forma di comunicazione più poetica e onesta del corpo! Creo per ricordare, denunciare, portare cultura e conoscenza o anche solo per ripercorrere emozioni. Ogni produzione è per me un viaggio. Dal plot  alla ricerca del movimento per esplicitare un concetto; dai costumi alla scelta del tappeto sonoro, momento importante nella creazione quanto la costruzione di un valido disegno luci, tutti elementi che ti catapultano lo spettacolo in una dimensione subalterna.

Fonte foto Ufficio stampa

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In Confini disumani ti sei ispirata al libro Solo andata di Erri De Luca, costruendo una narrazione a cui manca la parola ma che conserva intatta la forza propria del raccontare, tipica più del teatro, eppure qui applicata alla danza: come e perché nasce questo lavoro?
Confini Disumani è una creazione per me magica. Credo che porta in sè un valore universale: dover scegliere di andare via dal proprio posto natio non significa molto spesso “viaggio di piacere”. Più volte portato in scena, ci emoziona ogni volta con diverse sfumature. I danzatori in questo spettacolo arrivano con una struttura coreografica semplice e per me efficace: volevo fosse leggibile da un intero pubblico senza alcuna difficoltà. Lo spettacolo nasce due anni fa, siamo stati ospiti del Festival Dance Immersion presso il Teatro Comunale di Cagli. Il tema del festival era proprio il confine ed io ho subito pensato alla difficoltà di varcare un confine nuovo e ignoto. La lettura di De Luca è sicuramente stato l’input della nascita di Confini Disumani. Questa creazione per me è una denuncia e testimonianza sociale. In maggio 2016 saremmo in scena a Puebla,Messico all’interno del grande Festival 5 de Mayo.
Alla scarsa programmazione nei teatri di spettacoli di danza e di conseguenza alla disabitudine del pubblico ad assistere a tali performance, come credi si possa ovviare e quanto le compagnie come le tue immagini possano incidere in un futuro non troppo lontano?
È complesso il sistema e la politica delle programmazioni, spesse volte prive di trasparenza. Noi chiediamo programmazioni varie che possono accontentare un vasto pubblico e non la nicchia. La Danza può e deve arrivare e toccare chiunque, non può essere selettiva. Una compagnia giovane non è sempre sinonimo di non esperienza. Nel nostro caso Equilibrio Dinamico lavora con programmazioni in istituti scolastici e serali. Crediamo che bisogna partire sensibilizzando i giovani in quanto futuro della società, siamo convinti che portare i giovani in teatro possa aiutare a cambiare i sistemi. Come team di lavoro siamo certi degli obiettivi, se pur ardui, che ci siamo prefissati. Come diceva Seneca: nessun vento è  buono se non si sa dove andare. Noi siamo ottimisti, forse anche con una punta di incoscienza perché giovani!

Ileana Bonadies

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