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Fino al 28 febbraio, Luca Ricci dirige l’artista abruzzese in un carnevalesco viaggio verso il noto santuario, con sonorità composte dal vivo di Danila Massimi.

Foto Manuela Giusto

Foto Manuela Giusto

Il rapporto senza vincoli con più personaggi, misto a osservazione disincantata e ricerca sul dinamismo espressivo linguistico, fanno parte della riconoscibile cifra autoriale ed interpretativa di Andrea Cosentino, attore, regista e drammaturgo di un teatro di narrazione che è attento e spigliato scrutatore di contemporaneità.
Al Teatro dell’Orologio, per la rassegna di Dominio Pubblico, egli è testimone al femminile di Lourdes, spettacolo vincitore de “I Teatri del Sacro 2015”, coprodotto da Kilowatt Festival, Pierfrancesco Pisani e Infinito srl., nato da un libero adattamento scenico del testo omonimo di Rosa Matteucci (edito da Adelphi nel 1998), che vede un’inedita collaborazione con Luca Ricci, anche regista, per una comune scrittura scenica disinvolta, rapida, seriamente divertente.
Dall’alto di un piccolo palco su cui poggia una seduta di ferro, Cosentino veste (letteralmente) il costume di ordinanza di Maria, avventizia dama di carità diretta nella francese località di culto, affiancata da singolari e invadenti compagni d’avventura  incontrati durante il tragitto (due cugine diabetiche e bisbetiche, una giovane sibilante e svampita, una coppia di fidanzati vagamente coatti).
Non servono virtuosismi scenici per veicolare l’attenzione spettatoriale su quello che da lì a poco sarà un pot-pourri (quasi) surreale di caratteri, accenti, eventi: l’espressività vocale, posturale, facciale di Cosentino fanno di un racconto di stramberie itineranti una sequenza concatenata di profili, di luoghi, di attitudini. La narrazione è rappresentazione – non solo esposizione orale – di un’umanità in viaggio, tra compassione e individualismo: dalla partenza in treno, con i piccoli fastidi e le immancabili scomodità dovute all’angusta convivenza, all’arrivo a destinazione e la processione rituale; dalle lamentele dei “malati finti” e la riservata sofferenza di quelli “veri”, fino all’intimità del dramma privato e famigliare di Maria, all’innamoramento presunto e reale, per il barrelliere spagnolo Gonzalo, e all’esperienza a noi confidata del suo rapporto diretto, sacro, con il Padreterno.

Foto Manuela Giusto

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L’uso della parola – aulica e vernacolare – associato a un ritmo spesso elevato, serrato, crea, a livello linguistico, buffi contrasti tra rapide inflessioni dialettali e più lente e scandite terminologie liturgiche; a livello dietetico, un intreccio di dialoghi/monologhi dai quali fuoriescono descrizioni fisiche dettagliate, circostanze banali e grottesche, battibecchi geriatrici e strategie sarcastiche e ciniche.
C’è poi una soavità di suoni che a questo flusso narrativo dà momentaneo riposo: le originali musiche composte ed eseguite dal vivo da Danila Massimi, che s’intervallano alle parole per assumere anche il ruolo di commento melodico dei fatti, e coinvolgente sottofondo di un carnevale in soggettiva che si snoda tra azioni (reazioni) e situazioni quotidiane comprensive d’imprevisti comici, di incontri più o meno eccezionali, e di non troppo piacevoli compiti assistenziali.
Da una sola voce e da un solo corpo attoriale prende vita una chiassosa, bizzarra, autentica sequenza di personalità, compresi i vari parenti di sedicenti infermi, curiosi con qualche acciacco, turisti, collaboratori, fedeli, che s’intravedono nei pressi della Grotta delle Apparizioni: tutti in cerca o in attesa di intervento divino. Perché, in caso di miracolo, meglio farsi trovare pronti.

Nicole Jallin

Teatro dell’Orologio
Via dei Filippini, 17/a, Roma
Contatti: 06 687 5550 – biglietteria@teatroorologio.com – www.teatroorologio.com/

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