Calderón, se la borghesia è viva e vegeta
Ospitata dal Teatro Nuovo di Napoli la prima opera teatrale scritta da Pier Paolo Pasolini e ora diretta da Francesco Saponaro. Un dramma ambientato nella Spagna franchista che riflette sull’impossibilità di divincolarsi dalla propria condizione sociale.
La tragedia pasoliniana che Francesco Saponaro ha portato in scena, con una puntuale e ingegnosa regia, al Teatro Nuovo di Napoli dal 24 al 28 febbraio 2016, appare ad un primo assaggio una narrazione desueta e fuori dal nostro tempo. Calderòn, ammesso esista una sintesi breve in cui se ne possano racchiudere le caratteristiche, è l’opera scritta da Pasolini a metà degli anni ’60, un dramma borghese, dai tratti onirici e gli alti riferimenti letterari, ambientato nella Spagna franchista. Dramma che si propone primariamente come un’invettiva precisa alla classe borghese e a tutte quelle manifestazioni che tracciano in modo netto i confini di una data condizione sociale. Una polemica incline ai temi strutturali della poetica di Pasolini e affine ai tempi che correvano, allora.
L’idea che oggi questi temi possano apparire desueti è il frutto di una strana credenza sociale, la definiremmo post-moderna, secondo cui le classi sociali e la demarcazione tra esse siano andate via via assottigliandosi nel tempo, al punto da rendere buona parte di noi, tutt’oggi, incapaci di distinguere un nobile da un borghese. È una considerazione curiosa tanto quanto non vera essendo, nel nostro presente, più vivi che mai dei compartimenti stagni che conservano separati i gruppi sociali. Forse c’è maggiore commistione e probabilmente sono le definizioni ad essere davvero desuete. Ma non v’è il minimo dubbio che le ambiguità verso cui punta il dito Pasolini, le velleità della borghesia, le contraddizioni che la caratterizzavano un tempo, restano ai nostri tempi indissolubili e persistenti, al netto di un’illusoria equiparazione.
La trama del dramma, ispirato all’opera letteraria La vida es sueño, di Pedro Calderon de la Barca, ruota attorno al personaggio di Rosaura (Maria Laila Fernandez), una donna che si risveglia a più riprese in condizioni sociali differenti, da ognuna delle quali è ugualmente impossibile evadere. Passa dall’essere un’aristocratica, ad una prostituta, fino ad una moglie tipicamente borghese e la sua vita è segnata dalla presenza di due uomini, Basilio e Sigismondo (entrambi interpretati da un camaleontico Andrea Renzi), la sorella Stella (Clio Cipolletta, che veste anche i panni di Carmen, Agostina e della suora), Manuel (Francesco Maria Cordella) ed altri personaggi come Pablo ed Enrique (entrambi interpretatida Luigi Bignone) e Dona Lupe e Dona Astrea (Anna Bonaiuto, in video).
Rosaura si serve del sogno per sfuggire alle maglie della realtà irreversibile e costipante, interagendo con gli altri personaggi che vestono i panni dei topos del potere, è il caso di Basilio, esercitato in forma autoritaria o sordida, ma sempre teso a mantenere l’ordine precostituito; e dell’amore, come il sogno uno spiraglio per l’evasione, la libertà. Una fuga resa impossibile dalle condizioni con cui l’amore si presenta a Rosaura, entrambe incestuose, prima con il padre e poi con il figlio.
Calderòn è un testo avvilente, dal carattere torbido, che non lascia intravedere l’eventualità di un’alternativa, salvo che questa non sia veicolata e manovrata dal potere stesso. Un tipo di asfissia quanto mai contemporaneo che Saponaro è in grado di estrapolare da Pasolini per dare respiro ai tratti più universali dell’opera. La sapienza del regista è accompagnata da quella delle scenografie di Lino Fiorito, assolutamente in grado di sopportare il peso di un predecessore importante come Gae Aulenti (lei realizzò le scene per la prima trasposizione teatrale, diretta da Ronconi, della drammaturgia pasoliniana). Fiorito fa scorrere il tempo con delle scene modulabili e facilmente trasportabili dagli stessi attori di scena, che trasmettono cromaticamente il carattere oppressivo della Spagna franchista e, al contempo, non dimenticano il riferimento visivo primario dell’intera opera letterario, il quadro Las Meninas di Diego Velàzquez.
Andrea Parrè
Teatro Nuovo
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