Tony Awards 2016, ovvero gli Oscar del teatro americano
A New York consegnati i riconoscimenti teatrali a stelle e strisce giunti alla loro 70esima edizione.
Non è una sorpresa che i Tony Awards (http://www.tonyawards.com/index.html) siano ben più seguiti, in America, di quanto non lo siano gli analoghi premi italiani per il teatro (primi tra tutti, gli Ubu); quest’edizione, la settantesima, svoltasi nella notte tra il 12 e il 13 giugno, ha dovuto tuttavia far fronte alla vicinanza temporale con la tragedia occorsa poco prima ad Orlando, in Florida, dove cinquanta persone sono rimaste uccise in un locale gay a causa del folle gesto di un attentatore auto-dichiaratosi sostenitore del califfato islamico. Comprensibile, allora, che James Corden (padrone di casa al Beacon Theater di New York) abbia inaugurato la serata proprio con un – per la verità, banale – discorso introduttivo volto a ricordare che “il teatro è un luogo in cui ogni razza, credo e orientamento sessuale è uguale, accettato ed amato” e che “l’odio non vincerà mai”, toccando punte da campagna elettorale italiana dei bei tempi. Tutti coloro che sono saliti sul palco durante lo show hanno mostrato orgogliosamente un nastro argentato in onore delle vittime dell’attentato di Orlando; un piccolo obolo alla loro memoria, in una sera in cui, come al solito, si è rimasti fedeli al credo dello “show must go on”.
Trionfatore della serata è stato il musical “Hamilton”, capace di conquistare ben undici riconoscimenti (a un solo premio dal record di “The producers” del 2001); un’originale opera hip hop sul primo segretario al Tesoro degli Stati Uniti d’America; scritto, diretto e interpretato da Lin-Manuel Miranda, lo spettacolo si era presentato con i favori del pronostico dopo aver già vinto il premio Pulitzer dedicato alle opere teatrali (nono musical a riuscirci). Migliore opera drammatica, invece, “The Humans”, spaccato sui cambiamenti in atto nella famiglia americana moderna.
Sul fronte delle migliori interpretazioni, diversi performer ben conosciuti anche dal pubblico italiano per le loro prove cinematografiche: primo tra tutti Frank Langella, il più famoso Dracula del grande schermo, giunto alla vittoria per “The father”, trasposizione per Broadway dell’opera francese “Le père”, superando Jeff Daniels (protagonista di The Newsroom per la tv) e Gabriel Byrne (il dottor Paul Weston di In Treatment); tra le donne, è spiccato il trionfo di Jessica Lange, ventiduesima attrice a compiere il trittico formato dai principali riconoscimenti statunitensi per le arti performative (Oscar, Emmy e, appunto, Tony).
Nota (è il caso di dirlo) “di colore”: i quattro premi più importanti della categoria musical sono andati, non senza sorprese, ad artisti coloured (Leslie Odom, Jr., Renée Elise Goldsberry, Daveed Diggs di Hamilton e Cynthia Erivo di The Color Purple); in totale controtendenza rispetto a quanto avvenuto per gli Academy, quando diversi attori e registi afroamericani avevano deciso di boicottare la cerimonia al Kodak Theatre per l’assenza di nomination di colore nelle categorie principali; un buon segnale, a cinquantaquattro anni dal primo Tony assegnato ad un’attrice black, nel 1962.
Antonio Indolfi