Presentimento, racconto in musica
Peppe Servillo e i Solis String Quartet sul palco del Teatro Diana di Napoli, in data unica, con il secondo album frutto della loro collaborazione artistica, nata circa tre anni fa.
Se la parola teatro deriva dal greco ϑεάομαι che vuol dire guardare, si può guardare e avere visioni anche semplicemente ascoltando una voce che narra. Lo scorso lunedì 21 novembre, al Teatro Diana di Napoli, la voce affabulatoria che ha condotto per mano gli spettatori lungo un viaggio in note, attraverso la memoria e le origini della canzone napoletana, è stata quella di Peppe Servillo.
Una voce, quinto strumento musicale, all’interno del quartetto d’archi dei Solis String Quartet che ormai da circa tre anni hanno costituito, insieme a Servillo, una solida formazione artistica, nata dal progetto che, nel 2014 ha visto l’uscita dell’album Spassiunatamente e nel 2016 Presentimento. I lavori sono l’uno la naturale prosecuzione dell’altro. Per come sono strutturati, sembrano esser stati concepiti entrambi nello stesso momento, sebbene, mentre nel primo disco è più forte l’intenzione di omaggiare la tradizione attraverso canzoni per lo più note al grande pubblico, il secondo è frutto di un lavoro di rinettatura, di dettaglio, oltre che sugli autori delle canzoni, sugli interpreti che le hanno portate al successo. Il tutto confezionato con un’intelligenza musicale fine, che ha reso possibile la contaminazione tra classico e contemporaneo, cucendo addosso a Peppe Servillo un abito che calza a pennello sulle sfumature della sua voce icastica, fondendo note e parole in una phoné intensa ed evocativa che ha tradito la tradizione, rinnovandola.
Mmiez’o grano apre il concerto. Alla voce, sussurrata, di Peppe Servillo si affidano i primi e gli ultimi versi che racchiudono l’essenza della canzone, alla quale il violoncello di Antonio Di Francia dà profondità con i suoi suoni bassi, viscerali, mentre i violini di Vincenzo Di Donna e Luigi De Maio raccolgono l’ampio respiro della distesa dorata del campo di grano, estremi raccordati dall’armonia della viola suonata da Gerardo Morrone. È la musica che disegna la regia di ogni brano e la regia di un concerto che un grande debito ha col teatro. Il tango incalzante di Canzone appassiunata è toccato dall’amara malinconia del testo e Presentimento vede duettare la voce coi violini, in una rincorsa tra di loro che si risolve nel dominio dell’una sugli altri. Il contrasto è l’elemento creativo che consente la fusione tra gli stili e la legge del contrasto è una delle regole del teatro, messa a nudo in Palomma di Armando Gill e in Tarantella segreta di Raffele Viviani, in cui una musica, apparentemente, tinta di leggerezza nasconde un cuore drammatico. E ancora dal mondo del teatro fa il suo ingresso in scena la macchietta con M’aggia curà di Giuseppe Cioffi, eseguita con un richiamo alla musica classica di Rossini, ‘A serenata ‘e pulecenella ed Està di Libero Bovio dove gli archi indossano anche loro una maschera e si travestono da mandolini, mentre Antonio Di Francia, abbandona il cello per imbracciare la chitarra, creando sonorità sinestetiche, in un’implicazione sensoriale completa. Il passo frettoloso di chi sale e scende la Scalinatella “longa longa” è riprodotto in musica e nell’immaginario di chi ascolta, così come la passione e le lacrime dell’amore per Maria, soggetto di Tutta pe’ mme, in cui è racchiuso il ricordo di Fausto Cigliano. E il tempo della memoria incede quando Peppe Servillo intona Che t’aggia dí. L’artista, nello speciale rapporto di complicità che il buio crea tra chi è sul palco e chi siede in platea, racconta di quando a cantarla, era un Sergio Bruni, rigido nei movimenti, in abito bianco e cravatta scura. Davanti agli occhi si prefigura il microfono a giraffa calato dall’alto e l’atmosfera dei passati anni ’70. Mentre a tutt’altre atmosfere è legato il ricordo di Mario Merola, interprete di molte canzoni di giacca tra cui ‘O festino e Guapparia. Servillo trova la sua personalissima ed originale strada da percorrere nell’esecuzione, riuscendo a donare eleganza ad una materia che è insitamente popolare, senza però snaturarla. Te voglio bene assaje e Dicitincello vuje camminano su questa strada, coinvolgendo il pubblico, attento anche laddove il palco viene investito, unicamente, dagli strumenti dei Solis che eseguono Tarantella del Vesuvio e Mozartango, due brani composti da Antonio Di Francia, di cui l’ultimo nato dall’abbraccio tra l’adagio per archi K546 di Mozart e le sonorità di Astor Pizzolla. Presentimento traccia le linee guida di un percorso che va a fondo nella storia di una città e di una civiltà, tanto da risalire fino al ‘600, secolo in cui s’incontra Leonardo Vinci, autore di So li sorbe e le nespole amare, ultimo pezzo ad esser eseguito nel concerto, prima dei richiesti bis.
«Quella del presentire è spesso la condizione degli artisti, dei narratori, come dei poeti, autori di queste canzoni, che nei loro versi presentono e annunciano segreti, presenze, tradimenti, ciò che di nuovo potrebbe accadere o si vorrebbe accadesse, e lo fanno con parole che sembrano mai udite come fossero i veggenti, gli indovini della nostra vita sentimentale». Da queste parole di Peppe Servillo, riportate sulla brochure che presenta il concerto, si ha chiaro in mente che lunedì sera nuovi segreti, nuove presenze e nuovi tradimenti sono stati raccontati in teatro.
Antonella D’Arco
Teatro Diana
Via Luca Giordano 64, Napoli
contatti: www.teatrodiana.it