Monica Pinto e il suo “Canthara” [INTERVISTA]
Primo album da solita per la voce storica degli Spakka-Neapolis 55 al debutto anche come autrice dei suoi brani.
Energica, determinata e affascinante: possiamo descrivere così la personalità di Monica Pinto, la cantante partenopea che ha da poco dato alla luce il suo nuovo album intitolato Canthara. Il lavoro, composto da 12 brani (Viaggio incompiuto, L’ideal-mente, Nuovamente essente, Anime Minori, Canthara I, Schermo della felicità, Aria, Il bacio sulla bocca, Apri le gambe, Canthara II, Tutto va bene, Per la rivoluzione), arriva dopo un percorso artistico intenso che per lungo tempo l’ha vista voce e volto degli Spakka – Neapolis 55, e durante il quale non sono mancate incursioni anche nel mondo del cinema (con Passione del regista americano Turturro) e del teatro; ma ora per la Pinto tutto è pronto per la sua prima esperienza da solista in italiano dopo anni da interprete di canzone napoletana, ed è così che racconta a QuartaParete il suo debutto:
Come mai questa scelta: voglia di cambiamento o cosa? Pensi già di ripetere quest’esperienza?
Si esatto, Canthara è il mio esordio discografico come solista e cantautrice. Fin dall’inizio del mio percorso artistico, parallelamente alla ricerca nell’ambito della tradizione musicale campana, ho sempre nutrito una grandissima passione per la canzone d’autore di impegno civile. Ero bambina quando ho ascoltato per la prima volta le canzoni di Luigi Tenco e Fabrizio De Andrè, innamorandomene. Successivamente ho conosciuto la chanson française dei grandi “poeti maledetti”, come Léo Ferré, Jacques Brel ed altri e ne sono rimasta folgorata. Tutti questi straordinari cantautori, con le loro canzoni, hanno contribuito fortemente allo sviluppo della mia coscienza critica, di cittadino del mondo, così come di cantante. Con loro ho capito quale importante responsabilità abbia la musica e, in particolare, la canzone, come strumento che può veicolare velocemente e in modo efficace qualsiasi messaggio. Questa consapevolezza ha fatto sorgere in me un’urgenza inderogabile, quella di essere anche io una cantautrice e offrire, così, altri spunti di osservazione della realtà.
Tutto è partito dai testi, quindi, e poi mi sono abbandonata all’istinto compositivo cercando di scrivere melodie che mi sarebbe piaciuto ascoltare. Non mi sono preoccupata di identificarmi in un genere musicale specifico, ma ho cercato di far confluire nella mia scrittura, tutte le “esperienze sonore” del mio lungo percorso artistico, sia quelle eseguite che quelle fruite. Ho certamente avuto diversi elementi d’ispirazione e non so quanto essi siano rintracciabili nei miei brani (dalla world music alla canzone elettronica di Bjӧrk, alla chanson française appunto, etc..), ma quello che volevo davvero era creare una dimensione sonora fortemente evocativa.
Se ripeterò l’esperienza? È probabile che in futuro, spinta sempre da quell’urgenza che non mi abbandona, voglia partorire un altro disco, ma per ora mi godo questo.
In quest’avventura ti accompagna Fausto Mesolella. È la prima volta che lavorate insieme?
Fausto è il compositore della musica di Per la rivoluzione, l’ultima traccia dell’album, mentre io ne ho scritto il testo. Ci siamo conosciuti in occasione di un concerto di Passione tour, il progetto live tratto dall’omonimo film, in cui lui fu chiamato come ospite. Da quell’incontro scaturì un’immediata e reciproca ammirazione artistica e la promessa di un’altra collaborazione. Così, poco tempo dopo, io gli chiesi se gli andava di musicare un mio testo. Lui accettò e dalla sua sapienza di scrittura melodica e successivamente dal magnifico arrangiamento di Ernesto Nobili è nato Per la rivoluzione, forse uno dei brani che preferisco in tutto il disco.
Cosa significa Canthara? E cosa rappresenta per te questo progetto?
Questo progetto è partito in un momento della mia esistenza in cui ho voluto sperimentare il concetto di complementarietà degli opposti e, in particolare, di armonizzazione di due energie che sento coesistere fortemente in me: quella ascendente al cielo (come simbolo di espansione) e quella discendente verso la terra (come simbolo di radicamento). Lì dove il disco stesso è la sintesi di questo mio stato, il titolo, a sua volta, è la sintesi del disco: Canthara unisce i due termini “canto” e “hara”, che rappresentano due luoghi complementari dell’essere e che insieme sembrano creare l’armonia del tutto. Il canto mi pervade e mi proietta verso l’alto, in un moto di propagazione costante che mi manifesta al mondo. L’hara è il centro del mio essere, ne è la sua essenza vitale. Restare in contatto con il mio hara mi permette di essere centrata e radicata al mio suolo primitivo. La coniugazione dei due elementi unisce, a sua volta, l’universo interiore con quello esterno e ad essi mi rende presente, per contribuire al loro rinnovamento e alla loro evoluzione.
Esiste una canzone del disco alla quale sei più affezionata?
Sebbene prima dicessi che Per la rivoluzione sia uno dei miei brani preferiti, in realtà, non sono in grado di rispondere davvero a questa domanda. È come chiedere ad una mamma quale tra tutti i suoi figli sia quello più caro. Per me, ogni brano di questo disco è un viaggio importante attraverso osservazioni e riflessione determinanti per la mia crescita umana ed artistica. Ogni canzone è una creatura amata che ho partorito lentamente e spesso dolorosamente
È già prevista una tournèe?
Il live è ancora tutto in costruzione. Con i musicisti coinvolti nel progetto, Claudio Bevilacqua alla chitarra e alle sequenze e Manuela Albano al violoncello, stiamo lavorando per rendere al meglio i miei brani in concerto, che sono molto complessi da eseguire. Mi dedicherò all’organizzazione di un tour, quando sarò soddisfatta del risultato.
Gabriella Galbiati