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Fino al 30 novembre in scena alla Galleria Toledo di Napoli la problematica messinscena shakespeariana, proposta agli spettatori nella veste forgiata dalla regia di Laura Angiulli.

Fonte foto Ufficio stampa

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[…] col giudizio con cui giudicate sarete giudicati,
 e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
Vangelo di Matteo, 7, 2

L’esercizio del potere che squarcia le contraddizioni – remote e innominabili – dell’animo, la giustizia che si muove casuale in mezzo ai passi degli uomini, oscillando tutti i giorni tra il laissez-faire degli amministratori bonari e il rigorismo cieco e sordo di quelli inflessibili, il cristianesimo spicciolo dei postriboli e quello fervido della vocazione, l’esuberanza della vita, sempre pronta a farsi spazio sul buon nome e sul pubblico decoro, così come la dimensione del vizio, tarlo pernicioso ma umano, gorgo che alcuni inghiotte, altri risputa fuori, in una Vienna in cui sono intrecciati il basso e l’alto, il lecito e l’illecito, il bene – se c’è – e il male – che non manca mai: c’è tutto l’universo shakespeariano in Misura per misura, una tra le meno note – almeno al grande pubblico pieces del bardo di Stratford-upon-Avon e che, pur venendo catalogata spesso come commedia difficile (dark comedy o problem play), viene meritoriamente riportata in scena da Galleria Toledo, dove sarà in scena fino al 4 dicembre, con l’ausilio di un nutrito cast e per l’accorta regia di Laura Angiulli.
Una storia composita, che prende il via con il volontario e immotivato allontanamento di Vincenzo, duca di Vienna – un Gennaro Maresca ben versato, ma calante nel finale -, il quale si propone così di rimanere in città sotto mentite spoglie, quelle di Fra’ Ludovico, per poterne osservare da un’altra prospettiva i vizi e le nequizie. Ma da lì in poi una storia tutta giocata sul contrasto e l’intreccio tra simili e dissimili: l’intransigenza purista di Angelo – interpretato da Luciano Dell’Aglio (i cui moti dell’animo sono resi con rara perizia, ma la cui performance pare affettata nella scena finale) – vicario del duca di Vienna e reggitore della città in sua vece, oltreché inclemente censore dei reati – specie quelli sessuali – che accadono in città, è sciolta dalla virginale innocenza di Isabella (in scena Alessandra D’Elia), casta novizia che, supplice per la vita di suo fratello Claudio, spalanca le sordide porte dell’animo morboso del vicario col suo semplice candore e la sua ritrosia; su un altro piano, il vizioso Lucio (espressiva e pregnante l’interpretazione di Stefano Jotti, capace altresì di cambiare vesti senza perdere qualità), bon viveur che si aggira peccaminoso tra i lupanari della città, assiste il suo giovane amico, Claudio (Vittorio Passaro), innamorato ma condannato a morte per aver concupito prima del matrimonio; e tutto intorno meretrici e uomini di mondo, fanciulle costumate e poveri diavoli beoni (Federica Aiello, Gianluca D’Agostino, Agostino Chiummariello, Michele Danubio e Maria Scognamiglio) si susseguono in linee drammaturgiche che riempiono il palco.

Fonte Foto Ufficio stampa

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Una trama vivace, sì, e piena di sorprese e rivolgimenti, ma non scoppiettante alla maniera plautina né pregna degli abissi tragicomici di un Eduardo: un subdolo grigiore si insinua sulla scena, in parte motivato dall’impotenza della legge, che, pur declinatasi in numerosissime e puntigliosissime norme, non riesce a custodire l’integrità dei viennesi, ponendo un freno al loro (mal) vivere  – ben si può dire che, ora come allora, mala tempora currunt -, in parte per la natura stessa delle dramatis personae che sono in campo, un popolo di prostitute, ruffiani e faccendieri che sperimentano il degrado e l’abiezione, le sciagure più proprie di chi “tira a campare” senza un soldo, senza più dignità, senza alcuna morale.
E neppure l’agnizione finale segna un vero punto di rottura: non c’è una soluzione che dia pace e duratura serenità, non c’è un spazio per una vita pura. La nuova luce rimane filtrata e non giunge a rischiarare ogni cosa, ma serve solo a perpetrare il circo degli uomini. Non c’è neppure una fine, a dirla tutta, se ben si nota che la chiusa della messinscena è, in realtà, solo un nuovo inizio – sui cui tratti, però, è bene qui far cadere il silenzio.

Antonio Stornaiuolo

Galleria Toledo
via Concezione a Montecalvario 34, Napoli
contatti: 081425037 – http://galleriatoledo.info/

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