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Al Teatro Sannazaro di Napoli il debutto, il prossimo 20 gennaio, del one man show del percussionista partenopeo che, diretto da Raffaele Di Florio, porterà gli spettatori in viaggio attraverso il ritmo, tra sogno e realtà.

Foto Cesare Abbate

Foto Cesare Abbate

Dov’è il suono? Custodito nelle mani di Ciccio Merolla.
È questo che immediatamente pensiamo mentre assistiamo alle ultime prove prima del debutto di Sono solo suono, l’originale one man show di Merolla, per la regia e le scene di Raffaele Di Florio, in calendario dal 20 al 22 gennaio al Teatro Sannazaro di Napoli.
E che il suono sia parte integrante del corpo del percussionista napoletano, così come della sua personalità, sin da quando era un bambino di 5 anni, ce lo conferma lui stesso raccontandoci un episodio legato alla sua infanzia: «Quando ero piccolo, abitando nei Quartieri, andavo sempre con gli amici a piazza Plebiscito dove erano spesso radunati, sotto le colonne di San Francesco di Paola, ragazzi universitari con chitarre e bonghetti, i quali vedendo che noi eravamo gli scugnizzi del quartiere, cercavano ogni volta, in qualche modo, di proteggersi da noi. Poi un giorno uno di loro mi chiese di fargli vedere come suonavo e immediatamente mi accorsi che l’atteggiamento nei miei confronti cambiò. Dal quel pomeriggio, di nascosto dai miei amici, iniziai allora a ritornare sempre da Riccardo (così ricordo si chiamava quel ragazzo) per suonare, felice di essere accettato grazie alla musica; come se essa rappresentasse un bigliettino da visita che mi consentiva di entrare in ambiti che altrimenti mi sarebbero stati preclusi».

Foto Cesare Abbate

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Parte dunque da lontano la passione per i suoni, il ritmo, i tamburi («che per me – ci spiega Merolla – rappresentano Internet in quanto, essendo molto pigro e non volendo mai muovermi o viaggiare, sebbene poi lo debba fare per lavoro, mi hanno sempre permesso di sentirmi parte del mondo grazie alla possibilità, attraverso essi, di riuscire a percepire l’essenziale di alcuni popoli, di alcuni linguaggi, di alcune culture, permettendomi di viaggiare con la mente»), ma più che un “ricercatore di suoni” preferisce definirsi una persona curiosa di vedere e capire ogni materiale od oggetto che suona possa riprodurre, fortemente convinto che «su tutto ciò che ci circonda si potrebbe montare una pelle sopra e suonarla».
Ma come nasce l’idea di uno spettacolo che rappresenti la sintesi della sua lunga vita artistica? Tutto ha inizio da un libro: «Qualche anno fa mi venne regalato un testo dal titolo “L’effetto Mozart” in cui si evidenzia come i suoni – quelli ascoltati da bambini e quelli che ascoltiamo ancora – possano raccontare delle storie e possano influenzare la personalità di ciascuno. Ne rimasi folgorato pensando che forse i suoni che io riproduco possono servire ad emozionare e da qui, allora, ho iniziato a costruire un percorso sonoro che poi insieme a Raffaele ha preso corpo nella storia messa in scena di un carcerato che sogna, dimostrando come non si possa imprigionare la mente, né i desideri o i sentimenti, ma anzi grazie alla detenzione è provato che, spesso, è possibile scoprire cose di sé inaspettate proprio perché a volte il corpo ci distrare rispetto a tutto il resto».

Foto Cesare Abbate

Foto Cesare Abbate

Ed è infatti alla figura tratteggiata da Jack London nel suo “Vagabondo delle stelle” che il personaggio dell’uomo in carcere si ispira: «Il vagare con la mente di questo condannato a morte allo scopo di sfuggire alle sofferenze a cui è sottoposto – afferma Di Florio – mi ha riportato alle sensazioni che mi provoca Ciccio con la sua musica che è in grado di raccontare altri mondi, altre dimensioni. Siamo pertanto partiti da questa costrizione e dalla impossibilità di comunicare con gli altri se non attraverso il suono – così come accade al personaggio del romanzo che per interagire inventa una sorte di alfabeto morse battendo contro il muro – per poi distaccarcene conservandone le suggestioni e usando i tempi precisamente scanditi della quotidianità carceraria per elaborare la drammaturgia».
A ciò si è poi aggiunto il lavoro, a quattro mani, sull’onirico e il concreto, «sfruttando – spiega ancora il regista – uno spazio scenico che raccontasse due mondi, due livelli: quello “basso”, la cella per l’appunto, e uno “alto”, che nella fantasia del protagonista potrebbe corrispondere a un grande concerto in piazza».

Foto Cesare Abbate

Foto Cesare Abbate

Tra musica e teatro si dipana quindi lo spettacolo che proprio in Di Florio non poteva trovare interlocutore migliore per l’esperienza e la versatilità che lo contraddistingue, passando egli dall’opera al teatro a progetti speciali come questo, senza però preferire etichettare alcunché («pur avendo i diversi ambiti sì differenze nei linguaggi ma essendo al contempo accomunati dalla esistenza, alla base, di una relazione umana che attiene all’extra-ordinario») ma unicamente cercando di «fare sempre poco spettacolo e molto più comunicazione: l’estetica per l’estetica non mi è mai piaciuta; l’estetica al servizio di un pensiero, invece, diviene fondamentale. Del resto – continua – non ho mai fatto un lavoro teatrale o un’opera basandola solo sul gusto del pubblico, ma lavoro sulle urgenze, che poi è l’unico modo per fare questo lavoro».
Cosa aspettarsi a questo punto a pochi giorni dalla prima? La risposta di entrambi è unanime: «Che lo spettatore si diverta, essendo lo spettacolo stato costruito per soddisfare una fascia d’ascolto ampia, dal bambino all’adulto colto, basando l’intero lavoro sul gioco con gli strumenti e sullo stupore che ne deriva».
E se la paura e la tensione legata ad ogni debutto che si rispetti, farà capolino, «la userò per trasformarla in attenzione e concentrazione», rassicura Merolla, prima di ritornare a definire gli ultimi dettagli sotto la guida del suo regista, inevitabilmente identificatosi anche lui in un suono, come ci confessa col sorriso: «Quello di un campanello, perché è necessario solo per avvisare ma non per essere presente, però quando avvisa diventa incisivo».

Ileana Bonadies

Teatro Sannazaro
via Chiaia 157, Napoli
contatti: 081 411723 – 081 418824 – info@teatrosannazaro.it – http://www.teatrosannazaro.it/index.asp

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