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Al Piccolo di Milano, fino al 12 febbraio, la rilettura “per adulti” della celebre fiaba di Collodi, per un burattino alle prese coi dolori della vita umana.

Foto Brunella Giolivo

Foto Brunella Giolivo

È uno degli spettacoli più attesi della stagione milanese, il Pinocchio di Antonio Latella che sigla la sua prima produzione con il Piccolo di Milano. La fiaba per ragazzi di Collodi, divenuta classico della letteratura italiana oltre 130 anni fa, è, nell’adattamento visionario e linguisticamente schietto del regista partenopeo (con tanto di visione consigliata ai maggiori di 14 anni) un lavoro complesso e intenso per rappresentazione estetica e simbolica; per contributo recitativo lodevole; per cura minuziosa di direzione umana e tecnica – con le luci di Simone De Angelis e scene di Giuseppe Stellato -.
Nella sala Strehler, dove sarà in scena fino al 12 febbraio, c’è uno spazio incastrato tra il reale e il fantastico: fiabesco per dinamiche formali, per nulla illusorio per concretezza di significato, di sentimento, di intolleranza esistenziale. Ci sono interpreti instancabili nel fisico, nella parola, nel pensiero: in primis Pinocchio/Christian La Rosa, con Michele Andrei, Anna Coppola, Stefano Laguni, Fabio Pasquini, Matteo Pennese, Marta Pizzigallo, Massimiliano Speziani. Ma c’è anche una percezione di indebolimento (dopo le quasi tre ore di spettacolo) da rintracciare semmai nel denso intervento drammaturgico – che Latella condivide con Federico Bellini e Linda Dalisi – che sfuma a disincantata consapevolezza il binomio relazionale genitore-figlio ricercato, contrastato, rinnegato, in una estensione eccessiva di durata seppur ricca di apprezzabili rimandi e omaggi – da constatazioni amletiche a espressioni dantesche, da riflessioni metateatrali a sfoghi  nevrotici imprecanti e rock danzanti da “Febbre del sabato sera” -, tra figure immaginarie e meraviglie oniriche, sonorità e battute.

Foto Brunella Giolivo

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Il Pinocchio di Latella è un giovane più “affamato” che bugiardo, il cui naso – rappresentato anche dall’enorme tronco orizzontale e mobile in scena, dal cui fusto proviene il burattino – si estende e si ritrae non solo per le bugie, che impara a dir presto per deformazione di convivenza con gli adulti, artefici di menzogne più o meno esplicite anziché affidabili dispensatori di risposte. Ha fame il monellaccio toscano tutto legno con fare e parlare sincopato, “partorito” dal tavolo di Geppetto (Speziani) sotto un’incessante nevicata di trucioli. E non si tratta solo di insopportabili crampi allo stomaco perennemente vuoto, quanto di appetito pesante e ingombrante (come il pezzo da catasta adeso al suo petto) di pulsioni, di irresponsabilità, di angosce, di scoperte, di incontri: insomma, di attrazione per la vita, come hanno tutti i nuovi arrivati al mondo.
Nasce e cresce, Pinocchio. E il babbo, per amore, con un po’ di egoismo e naturale premura possessiva genitoriale, poco può fare per evitare – o per lo meno ritardare -l’uscita di casa del figlio: in quel là fuori pieno di gente blaterante, indifferente, pericolosa. Ma crescere è inevitabile e doloroso. Anche per un burattino. Fa parte del percorso di umanizzazione morale, psicologica, comportamentale (più che anatomica), esaltata in attimi di ingratitudine e disobbedienza, di fuga dalla consapevolezza, di sordità alla (propria) coscienza – con le lunghe antenne del giudizioso ammonitore Grillo Parlante (Pasquini) – genuina e ingenua, perciò, da estranei come il Gatto/Andrei e la Volpe/Laguni, attirata e raggirata. Corre Pinocchio, e corre anche il tempo, scandito in salti di minuti e mesi. Corre da e verso una genitorialità impronunciabile (con quel “Ma, Ma, Ma” balbettato alla Fata/Coppola, che è insieme maternità riscossa e madre già morta), e irraggiungibile per un padre dal cuore invecchiato e irrigidito d’un colpo dall’abbandono, dalla lontananza, dalla rivalsa di un figlio non necessariamente uomo – né necessariamente in carne ed ossa – ma ormai grande: serio e minaccioso nel pretendere un legame d’affetto svanito.

Nicole Jallin

Piccolo Teatro di Milano – Teatro Strehler
largo Greppi 1
info: 02 42411889 – piccoloteatro.org

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