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Sul palco del Teatro Mercadante di Napoli, dal 31 gennaio al 5 febbraio, Eros Pagni veste i panni del protagonista dell’opera di Thomas Bernhard, per la regia di Marco Sciaccaluga.

Foto Bepi Caroli

Foto Bepi Caroli

“To be or not to be?”, essere o non essere un artista? È questa la domanda in cui si condensa il dramma di Minetti, testo scritto da Thomas Bernhard, nel 1976, e portato in scena da Marco Sciaccaluga che affida alla calda voce e alla sapiente esperienza di Eros Pagni le parole del drammaturgo olandese. Bernhard Minetti, l’attore-feticcio di Thomas Bernhard, a cui l’autore dedicò l’opera, è, nel testo, un artista al capolinea, ormai anziano, appesantito dalle delusioni e dai ricordi maturati nella sua vita. La hall di un albergo di Ostenda è il suo ultimo palcoscenico, lì si rinchiude Minetti in attesa del direttore del teatro di Flensburg che, in occasione del bicentenario dello stabile, gli vuole commissionare il Re Lear di Shakespeare. Il luogo – nella scena di Catherine Rankl una pedana rotante, quasi a voler, ogni volta, privilegiare un punto di vista direzionando l’occhio dello spettatore e la sua attenzione nelle varie inquadrature – si fa strumento per la regia e per il testo. La hall è lo spazio dell’attesa, un’attesa contingente, oltre che fisica, dello spirito, in cui è costretto il protagonista, e in cui inesorabilmente si affastellano incursioni reali e mentali di una varia umanità grottesca e impertinente. Queste figure, di cinematografica memoria, indossata la maschera, pongono interrogativi e pronunciano sentenze:  sono lo specchio di quella “società repellente”, così definita da Minetti, che l’ha condannato all’oblio della sua esistenza da artista per circa trent’anni.
Un tempo lunghissimo in cui a fare compagnia all’attore sono rimaste solo le sue memorie, conservate nella valigia che si porta sempre dietro, testimone dei suoi successi e scrigno dei suoi sogni. In essa l’uomo conserva gelosamente la maschera di Re Lear, ultimo personaggio da lui interpretato, maschera preziosa, non solo perché dipinta da Ensor, non a caso nativo di Ostenda, ma perché è, al tempo stesso, rifugio e condanna a cui il protagonista affida il suo destino.
In una sorta di ut pictura poesis Thomas Bernhard traduce in teatro i colori della tavolozza di Ensor, entrambi rifuggendo da una società giudicante e corrotta, entrambi rincorsi dalle immagini mostruose di esseri surreali, sospesi tra ironia e inquietudine. Sciaccaluga restituisce la visione decadente di quell’universo poetico, facendo emergere, però, maggiormente l’aspetto grottesco e derisorio. Nota che talvolta è parsa non consapevole e sovrabbondata dai molti controscena, forse imputabile alla giovane età dell’ensemble sul palco, forse all’esigenza di una più forte direzione degli attori, laddove l’autorevole e robusta interpretazione di Eros Pagni sarebbe dovuta esser circondata solo dal silenzio. Ma sembra impossibile trovar quiete nella notte di San Silvestro, l’atmosfera di festa e di trepidazione per il nuovo anno – proiezione del desiderio di cambiamento, parola odiata strenuamente da Minetti -, invade l’ingresso dell’hotel e, ad intermittenza, interrompe il flusso narrativo del personaggio.

Foto Bepi Caroli

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Il lungo monologo, mascherato da confessione, sulla necessità del Teatro e sull’urgenza dell’essere e del farsi Attore, “seduce e disgusta”, per dirla alla Bernhard. Lo spettatore è attratto e indignato da quell’animale ferito a morte che è l’attore, ad un passo dal precipitarsi nella catastrofe, si dimena e soffre in scena, affonda in profondità la lama nello squarcio, per mostrare la ferita e quel dolore, inferti, in qualche misura, dallo stesso pubblico che ora lo ammira. La totale follia dell’artista che vive dentro e fuori da sé come Altro, non può che esser capita solo dall’intelligenza dei giovani, e a una giovane donna, anche lei in attesa di qualcuno, Minetti recita il suo testamento spirituale. L’iniziale diffidenza nei confronti di quell’anziano signore si trasforma in empatia quando, trascinata via dal suo ragazzo, lei non perde con lo sguardo la sua sagoma oscura, quell’ esistenza di solitudine che sta andando incontro al suo destino di morte. La suspense, accarezzata dalle musiche di Andrea Nicolini, si scioglie: è arrivato il momento d’indossare la maschera, per tutti. La signora in abito rosso (Federica Granata), la prima ad accogliere Minetti nella hall e che profeticamente recitava: “Devo difendermi. Il mondo è indiscutibilmente popolato di pazzi… e questa è indiscutibilmente una tempesta di neve!”, mette la maschera da scimmia e si avvia in camera, dove berrà fiumi di champagne fino a stordirsi. Adesso anche Minetti  è pronto ad indossare la sua di maschera, a celare il volto sferzato dai colpi del vento di quella fredda tempesta di neve, a vestire ancora una volta la sua armatura, il mantello di Re Lear, come lui, un altro eroe sconfitto.

Antonella D’Arco

Teatro Stabile di Napoli | Teatro Mercadante
Piazza Municipio, 1 – Napoli
Orario – spettacoli: 1 e 2 febbraio ore 17.00; 3 febbraio ore 21.00; 4 febbraio ore 19.00; 5 febbraio ore 18.00
contatti: 081 551 3396 – fax 0814206196 | biglietteria@teatrostabilenapoli.it

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