“Contrazioni”: l’anima per il posto di lavoro
Fino al 5 febbraio alla Sala Uno di Roma, la scrittura spietata di Mike Bartlett diretta da Luca Mazzone svela una disumana lotta professionale (al femminile) per la dignità, la libertà, la vita.
Con un meccanismo cinicamente collaudato, una dialettica repentina e un più ampio intento sadico di condurre l’essere umano all’autodistruzione, il britannico Mike Bartlett intesse una drammaturgia progressivamente efferata per Contrazioni, in scena, fino a domenica 5 febbraio, alla Sala Uno di Roma, nella produzione del Teatro Libero di Palermo, con regia di Luca Mazzone.
Nell’italiano restituitoci da Monica Capuani, e nella lucida, attenta interpretazione di Viviana Lombardo e Silvia Scuderi, siamo condotti in un disfacimento tutto al femminile dell’intimità, del privato, della sacralità personale, perpetrata da un ricatto perverso, malizioso alla dignità, alla stabilità psicofisica, alla libertà individuale di corpo e anima. Tutto rintracciabile nella stanza minimale – concepita per spazio e sonorità dallo stesso Mazzone – di una anonima manager in grigio (Lombardo) a colloquio con la dipendente Emma (Scuderi), convocata per la successione di quattordici scene (alternate da proiezioni video quali riassunti emotivi dell’accaduto) a far rapporto – per il suo bene – delle relazioni affettive, sentimentali, sessuali, o potenzialmente tali, con i colleghi.
Tra confessioni estorte e curiosità morbose, deposizioni mortificanti e diritti calpestati, si svela un sistema senza nome di controllo certificato, parzialmente legalizzato da disposizioni contrattuali, da intese professionali e comportamentali preventivamente stipulate e concordate – per il suo bene – che passa da una dimensione d’ipocrisia a un voyeurismo diabolico e richieste disumane, intollerabili: si va oltre la tragedia, oltre il rispetto, oltre l’umiliazione di sé, di una donna per mano di una donna, di una madre per mano (forse) di una madre.
C’è un patologico gioco di ruoli tra chi ha potere e il sottomesso, tra chi dispone per abusiva interpretazione, per irregolare appropriazione le scelte altrui e chi accetta comunque – per il suo bene – con costrizione silenziosa e violenta. Si colloca a metà tra assurdo teatrale e attuale realtà lavorativa – dove, ormai, dentro e fuori la scena, per il posto di lavoro l’anima al diavolo (in tailleur) si (s)vende a qualsiasi condizione -. E il testo di Bartlett, cui il pensiero registico e recitativo rispetta senza esagerazioni né azzardi, immerge in questa macabra danza dialogica il sentire solidale femminile rivelandone un’asettica lotta impari di potere. Una lotta a colpi di insinuazioni disinvolte, ammissioni forzate, indiscrezioni disinteressate, dove la parola, carica di invidia, di solitudine repressa, di assuefazione morale, massacra l’empatia, la pietà, l’appello al sentimento, al sostegno disperato. E, mentre le due si legano in conflittuale dipendenza reciproca, le loro bocche annientano la personalità, l’arbitrio, la libertà, nel delirio della propria immagine e somiglianza. Dunque, meglio diffidare dei capi che sostengono di agire per il bene del dipendente. L’uomo è egoista, l’azienda pure. E tra il dire e il fare c’è di mezzo il plagio: la lobotomia della coscienza.
Nicole Jallin
Sala Uno Teatro
p.zza Porta di San Giovanni 10
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