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Al suo debutto al Teatro San Ferdinando di Napoli la versione rivisitata dell’opera shakespeariana, diretta da Davide Iodice e affidata al ritmo di alcuni rapper della scena hip hop napoletana.

Foto Pino Miraglia

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L’Amleto di Shakespeare approda a Napoli con lo spettacolo Mal’essere di Davide Iodice. In scena al Teatro San Ferdinando fino al 12 febbraio, l’ultimo lavoro del regista ripropone la tragedia del Bardo in una versione completamente rivisitata. Non nell’ambientazione, però, e neppure nei passaggi chiave della trama. La vera innovazione apportata al testo originale va ricercata bensì nel linguaggio che il drammaturgo ha scelto di utilizzare: non l’italiano ma un napoletano in rima, che con le sue parole tronche e musicali è in grado di donare una nuova identità all’opera, rendendola attuale nonostante il contesto in cui è inserita.
Come detto, la storia raccontata non è diversa da quella a cui si rifà. Amleto (Luigi Credendino), principe di Danimarca, vuole vendicare la morte del padre. Il suo spirito, infatti, gli ha rivelato che è stato il fratello ad ucciderlo, perché intenzionato ad impossessarsi del regno. Tanti i personaggi che si succedono sul palco. Interpretati da Angela Garofalo, Marco Palumbo, Paolo Romano, Francesco Damiano Laezza, Salvatore Caruso, Damiano Rossi, Peppe Sica, Vincenzo Musto, Gianni De Lisa e Antonio Spiezia, tutti i ruoli sono più o meno consapevoli dell’amara verità e dell’intreccio costruito a suo favore dal neo eletto. Tra questi c’è anche quello di Ofelia (Veronica D’Elia), la figlia del consigliere di corte, che, credendo di non essere più amata da Amleto, decide di porre fine alla sua esistenza gettandosi in un corso d’acqua. Vittima innocente del dramma shakespeariano, è a lei che Iodice ha deciso di dedicare il finale della rappresentazione, nonché l’essenza stessa dell’intero riadattamento.

Foto Pino Miraglia

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Perché Mal’essere ha l’arduo compito di scavalcare i secoli e rileggere il passato alla luce di una contemporaneità non sempre facile da gestire. Napoli non c’è fisicamente, eppure è forte la sua presenza. Oltre all’impiego del dialetto come lingua madre, i rimandi vanno ricercati soprattutto nelle situazioni delineate, che dai recenti fatti di cronaca alle “paranze d’’e criature” sono legate tra loro da un forte senso di inquietudine. Di malessere, appunto, nel duplice significato di malavitoso e profondo abbattimento.
A rendere i legami con la quotidianità ancora più evidenti, la scelta di Iodice di affidare ai tempi e alle espressioni del rap il compito di dire la propria sulle vicende narrate: guardare la realtà con l’Amleto di allora e le parole di oggi è, senza dubbio, il valore aggiunto della rivisitazione del dramma secentesco.

Foto Pino Miraglia

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Ecco, quindi, coinvolti nella riscrittura del testo alcuni artisti della scena musicale del momento, ovvero i rapper Fuossera, Joel, Shaone, Op Rot e Capatosta, che con profonda sensibilità hanno saputo analizzare la tragedia shakesperiana con l’occhio critico di chi, al contempo, ha piena consapevolezza del presente. Grazie al loro contributo, inoltre, l’opera assume ritmi più veloci e incalzanti, pienamente rispondenti alle intenzioni del regista.
Stesso dicasi per i ruoli di Amleto e Ofelia in grado di restituire al pubblico le medesime suggestioni: l’uno, con la voglia di affermare ad ogni costo la sua sete di vendetta; l’altra, con la disperazione di non essere mai davvero capita da chi la circonda. E se tutti i personaggi, non solo i protagonisti, sono capaci di regalare grandi emozioni, una buona parte del successo dello spettacolo va attribuita agli effetti scenici di Tiziano Fario. Calati in atmosfere cupe e sinistre, i pupazzi e le maschere che di volta in volta fanno capolino sul palco sono estremamente funzionali al consolidamento di quello stato d’animo che è nel titolo e che aleggia imperterrito in ogni singola scena.

Noemi Giulia Sellitto

Teatro San Ferdinando
piazza Eduardo De Filippo 20, Napoli
contatti: 081 5510336 – info@teatrostabilenapoli.it – http://www.teatrostabilenapoli.it/

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