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Acclamati da pubblico e critica, con due dischi di successo all’attivo e un terzo in preparazione, il duo artistico nato nel 2012 ha presentato al Teatro Nuovo di Napoli un’anteprima dei nuovi brani confermando il sound di successo che li contraddistingue.

Ilaria Graziano e Francesco Forni

Ilaria Graziano e Francesco Forni

Che Ilaria Graziano e Francesco Forni siano amati e apprezzati dal pubblico napoletano e non solo, è più che evidente: teatro gremito per loro in occasione del concerto che ha chiuso la stagione del Teatro Nuovo nell’ambito degli appuntamenti musicali de “Il Nuovo Suona Giovane” – la rassegna organizzata da Teatro Pubblico Campano in collaborazione con Progetto Sonora -, e fan appassionati provenienti anche da fuori regione.
Il duo di origine napoletana, conosciuto e apprezzato in tutta Europa grazie ai numerosissimi concerti tenuti in Ungheria, Repubblica Ceca, Francia, Inghilterra, Svizzera e Belgio, dopo esser stato in giro per l’Italia con lo spettacolo Angelicamente Anarchici con Michele Riondino, sta preparando il terzo album  che segue Come2Me del 2013 e From Bedlam to Lenane del 2012, lavori che hanno ricevuto un’entusiastica risposta dal pubblico e dai media e sono stati distribuiti sino in Giappone.
Entrambi con un ricco percorso personale all’attivo, che si è andato accrescendo ancora di più dopo la loro unione grazie a numerose collaborazioni artistiche e partecipazioni a Festival come lo Sponz Festival diretto da Capossela a Calitri e lo Sziget Festival di Budapest, i due cantautori hanno vinto il premio MarteAwards 2012 nella categoria Miglior disco 2012, e le loro canzoni sono state inserite nelle colonne sonore di diversi film, tra cui L’arte della felicità di Alessandro Rak, Maldamore di Angelo Longon, Un fidanzato per mia moglie di Davide Marengo e Arance e Martello di Diego “Zoro” Bianchi.
Ma ora è sul completamento del nuovo disco che l’attenzione è concentrata, e la tappa napoletana tenutasi lo scorso 8 aprile ha rappresentato per Ilaria e Francesco proprio l’occasione per presentare alcuni brani che lo compongono, come una sorta di prova generale dedicata a un pubblico a cui sono molto legati. A tutti gli affezionati e nuovi attenti ascoltatori, hanno poi proposto i brani di loro maggior successo accompagnando i presenti in quello che, così, è diventato un vero e proprio viaggio sonoro, evocativo di atmosfere che accarezzano l’anima, di praterie sconfinate e cieli azzurri, o ancora di fuochi accessi e vino caldo. E impossibile è stato presto restare fermi con i ritmi e le evoluzioni musicali di chitarra e ukulele; con i vocalizzi cristallini della Graziano che hanno rapito come il canto di una sirena, con il timbro caldo di Francesco Forni in grado di far risuonare il cuore.
Incontrati prima che la musica prendesse felicemente il sopravvento, gli abbiamo chiesto in anteprima qualche anticipazione sul nuovo lavoro discografico:

Ilaria Graziano

Ilaria Graziano

Il primo album è nato a casa di Ilaria, il secondo a casa di Francesco… dove è nato questo terzo album?
In un’altra casa, a casa di un amico carissimo che poi riveleremo, in una campagna dell’alto Lazio in Sabina, in un posto che ha permesso alla nostra ispirazione di avere lo spazio necessario per prendere corpo.
Nato in un periodo di grandi viaggi, di concerti all’estero, quando abbiamo messo nero su bianco le canzoni e iniziato a lavorare ai provini, avevamo voglia di sentire quello stesso senso di apertura intorno, di libertà di spazi aperti. Quindi è nato in una casa ma in realtà in un luogo in mezzo alla natura.
Da quale sensazione suggestione avete preso ispirazione?
È un album sempre legato al movimento ma questa volta è molto più emotivo legato come è  ad un passaggio di vita personale. Mentre gli altri album attraversavano il viaggio, e noi esploravamo un po’ come osservatori quello che succedeva intorno e le emozioni, adesso sicuramente raccontiamo meno storie ma raccontiamo delle emozioni come se fossero un po’ più in prima persona. Le canzoni sono più dirette, più esplosive: si sente che morivamo dalla voglia di dirci tutte queste cose!

Se nell’ultimo c’era l’idea di simbiosi e sdoppiamento, come voi stesso avete affermato, questa volta qual è il messaggio che volevate trasmettere? C’era l’impellenza di dire qualcosa?
L’impellenza di dire qualcosa c’è sempre, secondo me – risponde Ilaria; e  forse è anche prematuro per noi individuarla perché alla fine quando lavori ad un disco tu stesso lo scopri dopo quale è il messaggio, e noi quello che possiamo fare per arrivare a vederlo è cercare sempre di lavorare con onestà, cioè di cercare delle cose che in qualche modo sono talmente legate tra loro che non permettono nessuna via di fuga:  quello che abbiamo dentro quello diremo.
Sicuramente ci sono degli argomenti e degli avvenimenti che hanno toccato un po’ tutti quanti da vicino in questo anno molto intenso. A me piace – dice Ilaria – che per ognuno ci sia la libertà di interpretazione: magari c’è una canzone che per qualcuno può sembrare una canzone d’amore ma invece quella canzone parla di migranti oppure parla di tutta una serie di avvenimenti che sono accaduti. Parlare ed essere presenti nel sociale e nel mondo ma senza essere espliciti o didascalici rispetto a quello che ognuno di noi sicuramente può pensare, questo sicuramente è una delle intenzioni del disco.
Siamo in una fase di ascolto, di assecondamento  e quindi stiamo ascoltando e tirando fuori senza giudizio e senza analisi – aggiunge Francesco – il messaggio lo scopriremo poi. È un album molto interiore perché coinvolge delle emozioni ma allo stesso tempo anche una foto di questo nostro anno e di tutta una serie di cose che abbiamo vissuto, quindi rispetto ad altri dischi e altre canzoni ci sono meno storie, meno racconti, però per assurdo – rispetto ai precedenti – è una foto più fedele di quello che abbiamo vissuto emotivamente negli ultimi tempi.

Francesco Forni

Francesco Forni

Come vi sentite posizionati nello spazio musicale internazionale nazionale e partenopeo e come sentite il rapporto con il pubblico sia internazionale che nazionale, ci sono differenze che percepite?
Quello che a me e a noi fa piacere – risponde Ilaria – è che noi rappresentiamo sia all’estero che in Italia un momento di scoperta per il pubblico: chi ci scopre poi si affeziona a noi e ci segue, e questa è la collocazione che io sento. Se noi siamo collocati in qualche luogo, siamo collocati un po’ nelle anime delle persone che poi fanno il pubblico. Non ci creiamo mai il problema di dove dobbiamo stare perché se ce lo ponessimo troveremmo tante porte chiuse, e invece scriviamo quello che ci va di scrivere, suoniamo quello che ci va di suonare, senza dire che cosa siamo ma facendo quello che ci piace. E  questo fa sì che alla fine riusciamo ad entrare in un circuito che non sappiamo nemmeno definire, è molto eterogeneo e trasversale, ma nel quale ci sentiamo bene; piacciamo ai bambini ai giovani ai vecchi ai grandi a tutti quelli che ci incontrano senza problemi di età perché non è musica per vecchi o per giovani, è una musica senza paletti e confini.
Una cosa che possiamo dire, aggiunge Francesco, è che giriamo davvero il mondo e qualsiasi palco ma quando torniamo a Napoli proviamo sempre un’emozione molto forte, da adolescenti, e forte si sente il legame con la madreterra.

Irene Bonadies

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