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Al Teatro Totò di Napoli, in scena per il secondo weekend consecutivo, dal 28 al 30 aprile, il ricordo dell’artista francese, così come tratteggiato dalla penna di Cesario e Mocciola, e reso sul palco da Francesca Marini e Massimo Masiello diretti da Gaetano Liguori.

Foto Salvatore Liguori

Foto Salvatore Liguori

Ripercorrere la storia e la carriera di un’artista di fama internazionale come Edith Piaf, il cui nome e le cui canzoni non conoscono l’usura del tempo, è sempre sfida difficile sia per chi è chiamato a raccontarne la vita, costellata di avvenimenti, con la necessaria sintesi, sia per chi ha il compito di vestirne i panni e – soprattutto – la voce senza presunzioni di imitazione.
Ancor di più, poi, la sfida si acuisce se a dover accogliere l’omaggio è un teatro, e una drammaturgia è il canovaccio attraverso cui legare insieme episodi privati e successi pubblici, realtà e fantasia, dati cronachistici e leggende divenute intoccabili nell’immaginario collettivo.
Ma vincerla, senza emulazioni che sappiano di sintetica finzione, conservando inalterato il valore emotivo che la narrazione esige, diventa possibile se ad avvicinarsi all’artista francese sono due autori – come Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola – che hanno dimostrato una particolare attitudine alla scrittura per la scena di “esistenze d’autore”, come lo è stato precedentemente per Umberto Bindi, e poi ancora per Charles Aznavour, toccate dalla fortuna e dall’indubbio successo, ma, allo stesso modo, da profonde sofferenze che ne hanno condizionato inevitabilmente anche la professione.
Attraverso uno sguardo drammaturgico che splendidamente bilancia prosa e musica, spettacolo e intimità, senza mai perder di vista l’attenzione per il protagonista di cui, con gentilezza, riescono a tratteggiare gli aspetti caratteriali più conosciuti, ma anche le sfumature meno note. Costruendo una biografia, come quella di Verso il mito in scena al Teatro Totò per il secondo fine settimana consecutivo, dal 28 al 30 aprile, in cui – spiegano – «la donna Edith si confronta con il suo mito, l’immortalità della sua figura e della sua arte con la fine della sua vita umana». In un susseguirsi di sogno e verità che non conosce soluzione di continuità, e racchiude in un solo personaggio tutti gli uomini che lei ha amato – senza in cambio ricevere particolare riconoscenza – ma il cui incontro è stato determinante per ogni ulteriore scelta e decisione di entrambi.

Foto Salvatore Liguori

Foto Salvatore Liguori

E così – su una scena (realizzata da Tonino Di Ronza) che riproduce al contempo il chiuso di un camerino e il palcoscenico delle grandi esibizioni, mentre le musiche di Lino Cannavacciuolo fanno da colonna sonora e sullo sfondo la regia di Gaetano Liguori (che ne ha altresì curato l’adattamento) sceglie di lasciare scorrere fotografie e immagini originali, come in un film – ecco alternarsi George Moustaki, Yves Montand, Aznavour, Gilbert Becaud, Leo Ferré e Theo Sarapo, ciascuno ricordato con la o le canzoni che più gli hanno dato notorietà, e tutti interpretati da Massimo Masiello, ad eccezione del pugile Marcel Cardan, il solo vero grande amore di cui la Piaf serberà un ricordo eterno, anche dopo la sua morte improvvisa.
Misurata e potente, l’interpretazione vocale e scenica dell’attore napoletano ancora una volta, come nei precedenti lavori, assicura credibilità a ciascuno dei ruoli ricoperti, in un crescente coinvolgimento emotivo che – sebbene possa sembrare di facile conquista – è al superamento del confronto con il mito, quello vero, che è chiamato, e che, con naturalezza, mette in opera con efficacia brillante, non mancando di conferire anche personali caratterizzazioni di unicità.
Le stesse che ritroviamo nella meravigliosa Francesca Marini, nel ruolo della Piaf, il cui talento onora con tragica bellezza quello della cantante parigina, a tangibile segno del plus valore che un artista è in grado di regalare ad un altro artista quando ad esso si avvicina con devozione ma senza soccombere, preservando le reciproche, forti, personalità ma, allo stesso tempo, restituendo l’intensità propria e inequivocabile, come in questo caso, di colei che ha rappresentato una indiscussa stella del panorama musicale.
Le cui canzoni – come forse poche – sanno attraversare “l’amore, l’arte, la gioia e il dolore”, ovvero quelle mille sfumature che appartengono a chiunque e che questa messinscena sa esaltare al meglio, ma che raramente sono racchiuse tutte in un piccolo “usignolo”.

Ileana Bonadies

Teatro Totò
Via Frediano Cavara 12/e – Napoli
contatti: 081 564 75 25 –  botteghino@teatrototo.it – http://www.teatrototo.it

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