“Dieci storie proprio così”, c’è vita oltre la mafia
In scena sul palco del Teatro San Ferdinando, storie di orgoglio e riscatto, confezionate con sapienza per un pubblico di giovani adulti.
Dieci storie proprio così è una piccola, grande produzione. “Piccola” nelle dimensioni: dura un’oretta, è adatta ad ogni tipo di pubblico – in special modo quello delle scolaresche – non annoia, non ha fronzoli né particolari grilli per la testa; “grande” nelle premesse che la muovono: trattasi, infatti, di una produzione realizzata congiuntamente da Piccolo Teatro di Milano, Teatro di Roma, Teatro Stabile di Napoli e Teatro Stabile di Torino; con la benedizione, inoltre, di Libera, Fondazione Silvia Ruotolo, Fondazione Giovanni e Francesca Falcone e Centro Studi Paolo Borsellino. Non è un caso, allora, se l’esordio di uno spettacolo del genere è avvenuto al San Carlo, il 29 febbraio 2012 (curiosamente, un paio di mesi dopo la nomina nel cda dello stesso Teatro di Salvo Nastasi, marito di una delle due coautrici, Giulia Minoli, e già Direttore generale per lo Spettacolo dal vivo e lo Sport nel MiBACT).
Bando alle ciance: andiamo al teatro. In questa nuova versione andata in scena al San Ferdinando dal 27 al 30 aprile scorsi, lo spettacolo ha assorbito le storie con cui le autrici (la già citata Minoli ed Emanuela Giordano, qui anche regista) sono venute in contatto. Storie di mafia, storie di resistenza, storie di ordinario eroismo quotidiano, con protagonisti che avrebbero fatto a meno di esserlo ma hanno portato ciascuno la propria croce senza battere ciglio, spesso con sorriso sulle labbra. Sono storie di chi, in qualche modo, “ce l’ha fatta”. Si percepisce, così, l’intento didascalico, la voglia di indicare una strada alternativa e di successo a coloro che dal successo (personale e sociale) sono spesso ossessionati: adolescenti e giovani adulti, obiettivo prediletto di questa pièce ed accorsi in massa anche alla replica cui abbiamo avuto modo di assistere, domenica 30.
Coerente con questo target è la scelta di alternare citazioni sul tema, sull’ideale lavagna che fa da sfondo agli attori in scena: “Mostri non si nasce, si diventa”; oppure “Nel mondo nulla di grande è stato fatto senza passione”; o ancora “Le idee non si fermano con la paura”: insomma, brevi frasi motivazionali capaci di arrivare anche ai più pigri tra gli spettatori.
Gli attori riescono a tenere vive tutte le storie “proprio così”, mettendoci impegno e ardore, dimostrando un coinvolgimento non di facciata; vanno citati tutti pertanto, in rigoroso ordine alfabetico: Angela Ciaburri, Daria D’Aloia, Vincenzo d’Amato, Tania Garribba, Giuseppe Gaudino, Salvatore Presutto, Diego Valentino Venditti; mentre Tommaso di Giulio alle chitarre e Paolo Volpini alla batteria contribuiscono con l’accompagnamento musicale firmato da Antonio di Pofi e dallo stesso Di Giulio.
Uno spettacolo in divenire, insomma – già facente parte del progetto sperimentale “Il palcoscenico della legalità”, che coinvolge teatri, istituti penitenziari, scuole e società civile – per il quale non è difficile immaginare ulteriori sviluppi futuri, con l’aggregarsi di ulteriori storie (così come avvenuto per questa nuova edizione della messinscena che contempla anche Mafia Capitale e i legami tra ‘Ndrangheta calabrese e Lombardia) da raccontare per far emozionare giovani liceali e meno giovani insegnanti; nella consapevolezza che, come ricordato in corso d’opera, “i giovani non hanno bisogno di sermoni, ma di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”.
Antonio Indolfi
Teatro san Ferdinando
Piazza Eduardo De Filippo, Napoli
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