“Lei non è”, da Roland Barthes una riflessione sulla memoria
Nel suggestivo spazio teatrale dell’associazione Formiche di Vetro di Trastevere, a Roma, il debutto lo scorso fine settimana delo spettacolo scritto e diretto da Luca Trezza.
Lei non è prende spunto dai testi dello scrittore e semiologo francese Roland Barthes, e vuole essere una riflessione sul dolore della memoria, sul futuro e su come sia desolante essere dimenticati. Scritto e diretto da Luca Trezza, il testo racconta il tormento interiore, l’irrequietezza e i dubbi che affliggono un uomo turbato dal costante ricordo della perdita della madre e del fratello. In preda ad una profonda confusione e agonia decide di affidare il proprio destino al vento e si lascia andare in un cammino senza meta. Durante questo viaggio, sia fisico che interiore, conosce una donna. Anche lei porta con sé il dolore della morte dei genitori ed è rassegnata ad una vita fatta di incontri a pagamento. Da questo incontro di anime, suggellato dal dolore e dalla sfiducia nella vita, i due personaggi cominciano un cammino che li porterà a perdersi e poi ritrovarsi. A contorno di questa struggente storia d’amore si dipanano numerosi temi inaspettati tra cui la Patria e la partenza per un fronte “virtuale”.
La sofferenza causata dai ricordi e la costante ricerca della felicità dell’anima sono il vero motore di tutto la messinscena, che si divide in tre quadri senza interruzioni, la cui regia è essenziale e pulita. Gli attori si muovono nello spazio alternando posture naturali a movimenti pesanti o nevrotici. Proprio come in uno spettacolo di Emma Dante (di cui cogliamo l’influenza), l’attore è come legato allo spazio tramite fili invisibili, rappresentanti le difficoltà e i conflitti interiori, ed è costretto a esprimere le proprie emozioni in uno stato di costrizione. L’utilizzo fin troppo minimale delle luci e una scenografia composta da pochi semplici oggetti, dona al racconto un’atmosfera onirica e riflessiva. In questo non-luogo lo spettatore può assistere al gioco di rimandi emotivi che determineranno l’evoluzione interiore dei due personaggi.
Luca Trezza interpreta con impegno un uomo, scrittore, poeta. Il suo personaggio è portato in scena con tecnica e attenzione anche se a tratti la sua interpretazione risulta fin troppo carica e intensa, tanto da rendere il risultato finale leggermente innaturale. Viceversa Francesca Muoio è più spontanea e appassionata, e i personaggi a cui dà corpo (la madre, la donna, la patria) sono vivi e ricchi di emozioni, anche se ogni tanto compare qualche esitazione.
La drammaturgia è coraggiosa e profonda ma non riesce ad essere del tutto lineare alla luce soprattutto delle molte citazioni dio cui è ricca, sia sotto il profilo della scrittura, dove incontreremo un omaggio ai testi shakespeariani, sia sotto il profilo della recitazione: l’interpretazione del dolore, marcata e con ripetute pause, lascia intendere un profondo studio delle tecniche del Teatro classico.
Lo spettacolo, in definitiva, risulta immaturo ma promettente. Luca Trezza e Francesca Muoio sono abili traghettatori che accompagnano lo spettatore alla ricerca di risposte agli interrogativi che da sempre tormentano l’uomo. Quale sarà il nostro futuro? Chi si ricorderà di noi? Questi i dubbi che Lei non è vuole affrontare, attraverso una rappresentazione sentita e struggente di quelli che posso essere considerati alcuni dei momenti più emozionanti della vita che ognuno di noi si ritrova ad esperire: la giovinezza, con i dubbi e le incertezze, le scelte problematiche come una partenza o un amore difficile e, infine, il ritrovarsi per ricominciare, insieme.
Giulio Claudio De Biasio
Formiche di vetro teatro
via dei Vascellari, 40 – Roma
contatti: http//www.formichedivetroteatro.it/