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In una Milano industriale, gli stilemi della commedia sexy all’italiana si fondono con la trama della tragedia shakespiriana per la regia di Luciano Saltarelli, in prima assoluta al NTFI 2017.

Fonte foto Ufficio stampa

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Dedicato a Melina Balsamo, scomparsa lo scorso 12 giugno che – come sottolinea la voce fuori campo ad inizio spettacolo – “ha reso più ricca la storia del Teatro nel panorama nazionale”, Quel gran pezzo della DesdemonaTragedia sexy all’italiana di Luciano Saltarelli è andato in scena al Teatro Bellini, nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia, proprio il 12 e il 13 giugno. Già dal titolo è chiara la commistione tra la tipica commedia sexy e la tragedia shakespeariana di Otello, riletta e riproposta proprio secondo le metriche di un genere filmico che ha scritto la storia cinematografica dell’Italia degli anni Settanta.
Il testo adattato per il Festival napoletano che ha accolto il suo debutto, si ispira alla novella di Cinzio, letterato e poeta del ‘500. Suoi infatti sono i nomi degli amanti ripresi qui dall’autore e regista che spiega: “Nella novella il capitano Moro e Desdemona sono i protagonisti della storia, accanto a loro un alfiere infingardo e un luogotenente. Sarà Shakespeare a regalare un nome a Otello, a Jago e a Cassio e a rielaborare in modo deciso la novella originale”.
Siamo a Milano nell’estate dello sbarco sulla Luna e a prendere vita sul palco le vicende – che si svilupperanno, tra un ordigno esploso e un altro, nel pieno degli anni del Terrorismo Rosso – di Desdemona, detta “Monina” figlia del Brambilla proprietario di una fabbrica di manichini, interpretata in modo elegante e magistrale da Rebecca Furfaro, e Moro, l’operaio che dal Sud si trasferisce al Nord per lavoro riuscendo anche a diventare caporeparto, portato in scena da Luca Sangiovanni, la cui interpretazione con bravura perfettamente aderisce al personaggio. A vestire i panni di Jago, il conterraneo di Moro, furbo, machiavellico e un po’ scugnizzo napoletano, è il poliedrico Saltarelli che, secondo una pratica teatrale antica, ricopre il ruolo di diversi personaggi.
Molto riusciti anche i personaggi della claudicante Emilia (Giovanna Giuliani), moglie di Jago e del riccioluto Cassiolo (Giampieri Schiano), l’operaio sciocco, mentre l’intera messinscena – tenendo fede ai canoni stilistici della commedia sexy carica di erotismo morboso e malizioso – è impregnata di una certa libidine che impera in ogni dove e in ogni corpo (perfino in chiesa, luogo spirituale per eccellenza) a sottolineare un continuo e ossessivo rimando alla fisicità e alla carnalità anche grazie all’onnipresenza dei manichini – prodotti da operai perlopiù napoletani e romani nella fabbrica milanese del Brambilla – che fanno da supporto a tavoli e sedie e che raccontano continuamente allo spettatore lo spirito dell’epoca.

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Spaccato sociale e storico dell’Italia di allora, dunque, il regista napoletano sa porre l’accento sull’emigrazione interna che molte persone vissero partendo dal Sud contadino verso il Nord ormai industrializzato; rappresentando con equilibrio l’apparente frivolezza di quell’immaginario erotico in cui l’italiano medio si rifugiava mentre fuori scorreva la storia coi suoi Anni di Piombo.
In questa sperimentazione saltarelliana, però, la tragedia di Desdemona sembra rimanere più in ombra rispetto al filone comico-erotico sebbene la scelta stilistica sembra essere un escamotage per risolvere, con un espediente finale, la tragedia stessa. Non è infatti la morte e l’assassinio di Desdemona a chiudere lo spettacolo: mentre infatti scompare lo schermo che, coi disegni di Lino Fiorito, aveva fatto da sfondo e creato le ambientazioni durante lo spettacolo, evocative grazie alle musiche scritte da Federico Odling, ritorna il teatro che conosciamo nella sua profondità con tutti gli attori che discutono e ripensano agli errori fatti in vita. Sono così smorzati i toni tragici e, in questo metateatrale esperimento, ecco lo stesso dimostrare come la morte possa essere vinta col teatro stesso attraverso una inaspettata quanto originale scena finale che ricorda Alvaro Vitali col suo strambo berretto, la cartella della scuola e la trovata della buccia di banana in Pierino contro tutti. Siamo nel 1981 e l’Italia è uscita dagli anni duri e forti culminati nella morte di Aldo Moro per mano delle Brigate Rosse – a cui si fa cenno anche durante la rappresentazione.  Siamo nel 1981 e l’Italia si prepara a cercare – con le pierinate – una leggerezza nuova.

Maria Anna Foglia

Napoli Teatro Festival
Info e contatti: www.napoliteatrofestival.it

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