“Theatre Bridges” sul fiume dell’umanità che scorre [NTF17]
I testi della scrittrice e giornalista Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la Letteratura, al centro del laboratorio condotto dal regista lituano Eimuntas Nekrosius, nell’ambito del Napoli Teatro Festival Italia.
La X edizione del Napoli Teatro Festival Italia si è distinta per la presenza, al suo interno, di un’intera sezione dedicata ai giovani attori e artisti che hanno potuto intraprendere, previa selezione e colloquio, un percorso laboratoriale, tra i dieci proposti. Perfettamente in linea con quanto dichiarato dal direttore artistico Ruggero Cappuccio, il quale ha voluto dare un indirizzo preciso al suo festival, rivolto alla “trasmissione dei saperi” del teatro, si colloca anche Theatre Bridges, a cura del regista lituano Eimuntas Nekrosius. Il lavoro del laboratorio, svoltosi tra il 14 e il 23 giugno, è stato mostrato al pubblico in una due giorni di prove aperte, presso il Teatro Trianon Viviani, lo scorso 24 e 25 giugno.
Sul palco i diciotto attori professionisti partecipanti si sono confrontati con la spietata verità raccontata nei testi della scrittrice Svetlana Aleksievic, premio Nobel per la letteratura nel 2015 con la motivazione che “la sua scrittura polifonica è un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”. Sofferenza e coraggio sono gli argini del fiume entro cui scorre lento il flusso emozionale dei personaggi di Preghiera per Cernobyl, Ragazzi di Zinco e Tempo di seconda mano. La vita in Russia dopo il crollo del comunismo, i libri dell’autrice, da cui sono stati scelti e messi in scena da Nekrosius alcuni brani. L’azione si sussegue in una serie di quadri che danno spazio ad ogni attore, chiamato non solo ad essere interprete, ma anche regista della propria sensibilità. Muovendosi nelle pieghe dolorose della guerra, qualunque essa sia, personale o collettiva, che attanaglia la nostra epoca, emerge l’umanità in tutta la sua fragilità e in tutta la sua forza.
Il tempo che scandisce le mosse di una partita a scacchi, il tempo serrato negli allenamenti militari, il tempo che scorre inesorabile, anno dopo anno, compleanno dopo compleanno senza lenire le ferite di una madre che piange suo figlio e di una donna, ancora piena d’amore, che piange il suo uomo, è il carceriere dell’anima di queste esistenze che sopravvivono nonostante la paura e nonostante la morte che incombente le circonda. Le voci e i corpi straziati dal disastro nucleare della centrale di Cernobyl e dalle barbarie della guerra in Afghanistan che ha martoriato quella terra per dieci anni, dal 1979 al 1989, ma anche la disillusione dei tanti che credevano nell’ideologia comunista e che ne hanno vissuto il fallimento, disegnano i volti di un popolo diseredato della propria libertà. La maternità e il ruolo della donna affiorano con maggiore intensità nell’analisi delle vicende. Analisi che si è concentrata, prima che sul testo, sul personaggio della Aleksievic di cui si mostra, all’inizio della performance, una possibile e probabile fenomenologia della persona e dell’artista.
Ad ogni diversa lettura dell’autrice si alternano le improvvisazioni delle diverse attrici che mostrano altrettanti aspetti del carattere della donna, intenta a rispondere alle domande e alle provocazioni dei giornalisti e dei curiosi, accorsi alla conferenza stampa inscenata. La barriera della quarta parete tra il palco e la platea, crolla, non perché si operi uno sconfinamento di partecipazione attiva del pubblico, ma perché le intenzioni sono indirizzate agli spettatori, che in questo modo incontrano Svetlana, dapprima nella sua dimensione umana e poi nella sua dimensione di narratrice, reporter e artista.
I ponti teatrali, appunto i “theatre bridges”, e anche quelli tra la letteratura e il teatro, costruiti da Nekrosius per raccordare i segmenti in cui è stato strutturato il racconto nel laboratorio, permettono di percorrere quel fiume, il flusso emozionale, come già detto, in cui confluisce il flusso artistico degli attori. Ognuno di loro è un sassolino di quel fiume, parafrasando col loro agire il titolo dell’ultimo frammento. Un sasso che si bagna, rotola, gioca e vive tra gli schizzi dell’acqua, elemento primigenio della maternità e della vita che continua a scorrere.
Antonella D’Arco
Napoli Teatro Festival
Info e contatti: www.napoliteatrofestival.it