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Dal testo originale un adattamento che pur cambiando luogo e tempo conserva intatta la struttura originaria del Bardo, enfatizzando il tema del doppio e della identità.

Il Teatro Bellini trasformato per il Glob(e)al Shakespeare

Il Teatro Bellini trasformato per il Glob(e)al Shakespeare

Continua al Teatro Bellini di Napoli, il progetto “Glob(e)al Shakespeare” da una idea di Gabriele Russo.
Terminata la prima settimana con protagonisti Racconto d’inverno per la regia di Francesco Saponaro e Otello diretto da Giuseppe Miale di Mauro, è la volta ora di un’altra coppia che alterna sempre una commedia e una tragedia: Giulio Cesare a firma di Andrea De Rosa e Una commedia di errori a cura di Emanuele Valenti (entrambi recensiti in occasione del debutto assoluto durante il NTFI dello scorso giugno).
Proprio in merito alla riscrittura del testo shakespiriano ad opera della pluripremiata compagnia Punta Corsara, per conoscere il dietro le quinte del lavoro che sarà in scena sul palco di via Conte di Ruvo fino a domenica 15 e poi ancora in data secca il prossimo 26 ottobre, abbiamo raggiunto telefonicamente il regista nonché coautore dell’adattamento insieme a Marina Dammacco e Gianni Vastarella:
Da Efeso a New York: come è avvenuta la costruzione di questa trasposizione e quale l’idea da cui siete partiti?
La commedia degli errori è una delle prime e più farsesche commedie di Shakespeare, che a sua volta fa riferimento a Plauto, per cui già per questo ci sembrava un testo adatto al nostro rapporto, in generale, con la farsa. In più, il gioco dei gemelli che nel Bardo viene raddoppiato ci portava sul piano della ricerca dell’identità ponendo al centro la questione.
La prima domanda che allora ci siamo posti – iniziando la storia con il racconto di un lungo viaggio – è stata: come poter rendere credibile questo viaggio? Cosa potrebbe essere, oggi, questo viaggio? E l’associazione immediata è stata con i viaggi degli immigrati, che sono simili a quelli raccontati da Shakespeare. Ciò, però, avrebbe trasportato tutto in una dimensione troppo attuale aprendo questioni al momento troppo scottanti e drammatiche per poterle raccontare con linguaggio farsesco. Da qui l’idea di parlare dei nostri emigranti che all’inizio del Novecento, affrontando lunghi viaggi intercontinentali, arrivavano in America, a Ellis Island per la precisone. E proprio questo luogo ha rappresentato il fattore scatenante che ha determinato la possibilità di ambientare tutto nella Little Italy newyorkese degni anni ’30, dandoci modo di giocare con la lingua inglese e con quella shakespiriana, reiventandola ma al contempo seguendo una traccia più poetica.
E così è iniziata la trasposizione della struttura e ci siamo resi conto che le cose iniziavano a quadrare, nel senso che il duca rappresentante del potere in automatico diventava il boss del quartiere italo-americano, coerenti ci ritornavano i dialoghi sulla gelosia delle donne e così via.
In qualche modo, quindi, siamo partiti dalla cornice drammatica creata da Shakespeare, dal viaggio, dalla dimensione del potere, e dal quel momento in poi è stato un procedere per gradi, quasi in discesa, dato che tutto sembrava potesse – anche nel tradimento – restare fedele alla struttura originale.

Una Commedia di errori_foto FSqueglia

Foto Francesco Squeglia

Nel trattarlo, cosa ha rappresentato per voi il tema del doppio?
Indubbiamente è un tema che è stato affrontato in molteplici modi e secondo diverse sfaccettature, e Plauto ne rappresenta sicuramente l’origine, ma a noi ha molto interessato perché fin dalla prima lettura il testo ci è sembrato una casa degli specchi che oltre al gioco comico del perdersi e ritrovarsi poneva al centro anche una questione umana interessante da raccontare attraverso un linguaggio farsesco.
In effetti, poi la scelta dell’emigrazione è in sé una ricerca di identità per cui ci sembrava che il significato si moltiplicasse: da un lato un livello comico dato dall’equivoco, dall’altro un livello umano, filosofico, dato dal ritrovarsi e su tutto il contenitore, ossia la dimensione storica.
Dopo Hamlet Travestie questa è la seconda vostra esperienza con un testo del drammaturgo di Stratford-upon-Avon: quali i punti in comune col vostro modo di fare teatro?
Si, questa è la seconda, felice, riscrittura di Shakespeare, in cui ritroviamo punti in comune proprio nelle pratiche sceniche del teatro elisabettiano: il fatto che non ci fossero scenografie, che i luoghi dove si trovano i personaggi sono sempre raccontati sottoforma di dialogo, per noi che abbiamo sempre fatto teatro con scene minimali, ricorrendo ad elementi posizionati e spostati durante lo spettacolo dagli stessi attori, è qualcosa che ci ispira e rende interessante il confrontarci con il teatro del Bardo che rappresenta il Teatro – con le sue parole così potenti, così come i suoi personaggi, col suo lavoro che racconta veramente l’uomo, senza pendere posizioni per alcuno così che chi legge e osserva possa credere di esse dalla parte di tutti – per cui il rapportarsi con la sua drammaturgia diventa una ricchezza, una possibilità per andare a fondo nel proprio percorso scenico, autoriale, interpretativo.

Una Commedia di errori_Foto Andrea Savoia

Foto Andrea Savoia

La composizione della colonna sonora dello spettacolo è stata affidata a Giovanni Block che ha ricreato atmosfere tipiche degli anni Venti-Trenta: come è nata è si è sviluppata questa collaborazione?
Siamo stati messi in contatto dallo stesso Bellini, e Giovanni sin da quando ha letto la prima stesura del testo ha subito proposto di lavorare sulle melodie dell’epoca, scrivendo pezzi ispirati alla storia.
Al contempo, inevitabile è stato pensare di omaggiare quelli che sono stati i racconti cinematografici del periodo e dunque Sergio Leone ed Ennio Morricone, autore delle musiche dei suoi film, e ciò immediatamente ci ha ispirato l’idea di lavorare sui suoni del pianoforte, da un lato, e dei fischi, dell’altro.
Pertanto Giovanni ha composto una serie di fischi per noi che vanno di pari passo con le sonorità del piano intrecciandoci tra loro.
Inoltre Giovanni ha una ironia che ben si sposa con il nostro stile per cui si è trattato di una collaborazione assolutamente felice.
Progetto Glob(e)al Shakespeare: un bilancio sull’averne fatto parte.
È stata una esperienza molto bella, che ha consentito di sentirsi davvero all’interno di una factory, di un progetto condiviso con altri autori, registi, drammaturghi, dividendo il medesimo spazio, condizione questa che se da un lato potrebbe limitare, dall’altro – come gruppo – consente di scoprire nuove potenzialità a cui altrimenti non si arriverebbe.
E la risposta positiva del pubblico sembra confermare la bellezza di tutto ciò.

Ileana Bonadies

Teatro Bellini
Via Conte di Ruvo 14 – Napoli
Contatti: www.teatrobellini.it – botteghino@teatrobellini.it – 081 549 12 66

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